La Stampa, 25 febbraio 2023
La mossa cinese
Un tweet agli ucraini, che ha fatto il giro del mondo. Un discorso ai soldati, e un video: «Abbiamo scelto la bandiera blu e gialla e non quella bianca della resa. L’Ucraina ha ispirato e unito il mondo». Il presidente Volodymyr Zelensky è saldo al comando del Paese aggredito e celebra col suo popolo, tra dolore e orgoglio della resistenza, l’anniversario dell’invasione da parte dell’esercito russo. «Vinceremo entro il 2023», profetizza. E ricorda, se possibile, i giorni più atroci degli ultimi 365 di guerra: «Penso a Bucha, al momento in cui l’abbiamo liberata, è stato orribile», dice ai giornalisti. Citando uno dei nodi più problematici, casomai si arrivasse almeno ad un cessate il fuoco: le indagini sui crimini di guerra, e la difficoltà a costituire un tribunale internazionale che individui i colpevoli, dia giustizia alle vittime e all’intero Stato aggredito.
Ieri, dunque, nel ricordo del 24 febbraio 2022 che ha cambiato gli equilibri globali, e mentre in Donbass e a Sud si continua a combattere, metro per metro, non era il momento dei colloqui coi leader. Quelli, Zelensky li ha concentrati nei giorni scorsi. Con i viaggi in Europa, da Bruxelles, a Londra, a Parigi, e con la visita a Kiev del presidente americano Biden.
Ma mentre arrivano in Ucraina i primi quattro carri armati Leopard 2 dalla Polonia, e dopo che il presidente Usa ha chiesto unità agli alleati occidentali, ecco che si torna a parlare di negoziati. Sono i leader di Londra, Parigi e Berlino a proporli a Zelensky, garantendogli una copertura per affrontare in qualche modo a testa alta il nemico. A rivelarlo è il Wall Street Journal, che dà anche le coordinate: il premier britannico Sunak, il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz hanno invitato il presidente ucraino a valutare di prendere in considerazione colloqui di pace con Mosca. L’occasione per la proposta è stata la suntuosa cena al Palazzo dell’Eliseo a inizio mese, quella da cui era stata esclusa la premier Meloni, e che è stata vissuta da Palazzo Chigi come uno sgarbo istituzionale.
Ad avviare il discorso spinoso, secondo le fonti del quotidiano statunitense, sarebbe stato Macron, che avrebbe ricordato come persino nemici mortali come Francia e Germania hanno fatto la pace dopo la Seconda guerra mondiale. Germania, Francia e Gran Bretagna spingono, dunque, per legami più forti tra la Nato e l’Ucraina, che da mesi chiede l’ingresso nell’Alleanza. Questo dovrebbe garantire Kiev nell’avviare colloqui con la Russia entro la fine dell’anno, come raccontano i funzionari dei tre governi.
Il dubbio che coglie alcuni dei partner occidentali è se Kiev possa davvero riconquistare tutto il suo territorio, espellendo i russi dall’Ucraina orientale e dalla Crimea, che Mosca controlla dal 2014. Da qui, l’esigenza di iniziare a pensare alla carta diplomatica. La scorsa settimana, è stata Londra a fornire rassicurazioni, presentando gli estremi di un accordo per dare all’Ucraina un accesso molto più ampio ad attrezzature militari avanzate, armi e munizioni, per difendersi una volta che la guerra sarà finita. Il premier Sunak ha affermato anche che questo piano dovrebbe entrare nell’agenda del meeting di luglio della Nato. Un modo per aumentare le capacità ucraine di difesa in futuro e per spronare Kiev ad avviare colloqui diplomatici.
Per Zelensky, la parola trattative non è tabù. Con molti distinguo e molte condizioni dettate dall’Ucraina. Lo ha dimostrato ieri, facendo seguito all’iniziativa della Cina, che ha presentato un piano di pace in 12 punti. «Ho intenzione di incontrare Xi Jinping, credo che andrà a vantaggio dei nostri Paesi e della sicurezza nel mondo», ha spiegato Zelensky. Perché, a suo dire, le dichiarazioni di Pechino rispettano l’integrità territoriale ucraina: «La Cina ha iniziato a parlare di Ucraina e penso che questa sia una buona cosa», ha aggiunto, includendo anche l’India in un ipotetico piano di pace. Un futuro summit di cui non si conoscono in alcun modo ancora i contorni. Ma che sembra sempre più alternativo all’escalation degli armamenti: Regno Unito, Italia e Usa hanno escluso, per ora, l’invio di caccia F16 e Typhoon, che farebbero fare al conflitto un ulteriore passo avanti nella direzione dello scontro totale. —