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 2023  febbraio 25 Sabato calendario

Il libro di Conchita Sannino


Raccontare una città attraverso lo sguardo e le parole di un attore che continuamente la rappresenta, in scena, fuori dalla scena, nella vita. Non è cosa facile, tanto più se la città è Napoli. Diventa possibile se l’attore-guida è Peppe Barra e se l’autore di questo viaggio singolare, quasi una rapida indagine sui tempi a cavallo fra la seconda metà del novecento e i primi decenni del duemila, è Conchita Sannino, inviata diRepubblica, e quindi in postazione di privilegio per osservare, ascoltare, leggere la vita ed i comportamenti. La Sannino, costruendo questo suo Peppe Barra racconta Napoli si avvia con spirito d’avventura a seguire questa sua guida, tra domande e risposte non scontate, nemmeno tanto prevedibili forse per l’attore che di interrogativi sulla sua città-palcoscenico e sul suo lavoro all’interno di questa città ne avrà avute ed è abituato a mescolare senza ansia il suo privato con la vita della città stessa. E forse si identifica lui medesimo nella città. Salvo poi prenderne le distanze, dove e quando è in evidente disaccordo con quanto accade, o è accaduto nei quasi ottant’anni della sua vita, non sempre lieta, faticosamente laboriosa, come si può apprendere sfogliando queste 126 pagine serrate come l’interrogazione di un professore di storia al liceo. Lui, l’attore protagonista, molto amato perché molto simile all’immagine che in tanti hanno della sua città sempre pronta allo scarto dell’ironia e all’impennata geniale dell’invenzione, sta al gioco e risponde a proposito. A leggere domande e risposte si può ben pensare che il piccolo libro prezioso sia venuto fuori di getto, in scrittura rapida, quasi senza necessità di ripensamenti, cancellazioni, riscrittura. E forse è così, ma certo il percorso è stato ben preparato così da non cadere nelle trappole delle banalità quotidiane di chi osserva Napoli cercandone soltanto i colori, sgargianti o cupi che siano, ma funzionali a conferme di affrettate indagini. Conchita Sannino e Peppe Barra, prima di offrirsi reciprocamente al gioco delle domande e delle risposte, devono aver camminato insieme per strade, vicoli e piazze, osservando e appuntando nelle loro menti quando vedevano e ascoltavano. E da tutto quel suono di voci e di gesti, di confusioni e di improvvisi silenzi (sì, a Napoli esiste anche il silenzio) hanno fissato ben salda la loro immagine da mettere poi a fuoco nella conversazione che per giorni si è svolta nel salotto accogliente o nella bella, luminosa cucina “dell’eremo” che è casa di Peppe affacciata sulla città, sul mare, sul Vesuvio.
Qui Peppe Barra ha parlato dell’arrivo da Procida, lui bambino spaesato, tenendo per mano Concetta, nella Napoli sconosciuta del dopoguerra, terra di giochi e di sogni, nella piccola casa del Vico Vasto. Segni e significati del vivere scaturiscono rapidi dalle domande poste a raffica e dalle risposte, magari nemmeno troppo meditate. Ché non è necessario filtrare i ricordi distanti ed è meglio mostrare emozioni e stupore. E questo Sannino, che è giornalista abituata a guardare anche dietro le porte socchiuse, sa farlo. Per questo Peppe Barra racconta Napoli è speciale, per questo emoziona. Nel viaggio che è durato quanto la vita, l’attore più amato può dire i suoi umori e i pensieri, senza tema di dover compiacere qualcuno. Può dire di incontri e di scontri, di luoghi e di delusioni cocenti, di sogni che al risveglio sembrano essere profezie che si avverano e di politica da cui è meglio non risvegliarsi. Peppe Barra ha una vita alle spalle di cui tutti vogliamo sapere. È immagine, simbolo, carisma che è stato attraversato da altri geniali protagonisti del suo racconto-spettacolo. Li si ritrova tutti, come in una galleria di famiglia. Ognuno con l’abito buono, ognuno con intorno la cornice dorata dei ricordi. Zietta Liù e la sua scuola di recitazione sbagliata, i giorni lontani del teatro più povero e vivo, il maestro Gennaro Vitiello e l’allegria del teatro che cerca nuove parole, la valanga che fu la musica della NCCP, il successo della Gatta Cenerentola, e la voce severa del Maestro De Simone tanto amato e a volte distante, le scelte di vita e quelle della politica osservata con distaccato stupore d’artista sognatore ed illuso. La madre Concetta è presenza che ha forza ed infonde ancora coraggio, se da sola, grande attrice, illumina il palcoscenico dei ricordi di ognuno e strappa ancora l’applauso ammirato. C’è tutta la vita di Peppe in queste pagine, e c’è lo sguardo che ancora si ritrae infastidito davanti agli errori di bugiardi politici distratti, alla vita difficile di chi sceglie questa sua Napoli e non l’ama. Il libro si chiude come fosse un romanzo. O uno spettacolo che ha voci e gesti precisi. Mentre ancora una volta il sipario si chiude.