Corriere della Sera, 25 febbraio 2023
Bertinotti, D’Urso e i quadri di Warhol
ROMA «Se mi dispiacerebbe dovermi separare dai due quadri di Andy Warhol?». Be’, immagino di sì. «Guardi, ho sempre tenuto separata l’amicizia con le persone care dalle cose materiali». Sta dicendo che non le dispiacerebbe, quindi. «Semplicemente farò quello che mi diranno di fare. Tutto qui. Non ho intenzione di opporre resistenza a prescindere. Del resto in questa vicenda mi sono sempre tenuto in disparte. E ho intenzione di continuare a farlo». Fausto Bertinotti dice che non vuole commentare, non vuole entrare nel merito. E che, in ogni caso, bisogna aspettare. Ma la cortesia dell’ex presidente della Camera è quella di sempre, intatta. E allora qualche piccolo ragionamento si riesce fare sulla storia dell’eredità contesa di Mario D’Urso.
Bertinotti e D’Urso, la stranissima coppia (o forse no). Il primo segretario di Rifondazione comunista dopo una vita nella Cgil. Il secondo amico di Gianni Agnelli e di Henry Kissinger, cittadino del mondo, per 25 anni nel cda di Lehman Brothers, quella dei dipendenti che escono con gli scatoloni in mano, l’immagine simbolo della crisi globale del 2008. Due vite parallele, insomma. Unite però dalla Roma mondana e dei salotti, che li fa diventare amici.
Il testamento di D’Urso, morto nel 2015, lascia a Bertinotti 500 mila euro e un quadro di Mao Tse Tung firmato da Andy Warhol. Un altro quadro, stesso soggetto e stessa firma, D’Urso glielo aveva regalato qualche anno prima. Il loro valore non è stato stimato ufficialmente. Ma non deve essere una piccola fetta. Visto che al momento della morte il patrimonio di D’Urso era stato valutato in 24 milioni di euro. E che al nipote Francesco aveva lasciato «solo» i suoi abiti, camice e cravatte, da andare a recuperare negli hotel di Parigi, Napoli e Amalfi che frequentava negli ultimi tempi. Poi, il colpo di scena. Poche settimane fa è diventata ufficiale una notizia nell’aria da un po’. D’Urso aveva una figlia biologica negli Stati Uniti. Il test del dna ha certificato che Nikky Kay Carlson è davvero figlia dell’avvocato/banchiere. E lei adesso chiede tutta l’eredità del padre, cancellando quel testamento del 2015, firmato quando per la legge lei con D’Urso non aveva alcun rapporto di parentela. Un guaio non da poco, come raccontava ieri il Fatto quotidiano.
Le volontà
Il testamento ha assegnato all’ex leader
di Rifondazione
anche 500 mila euro
Bertinotti ripete che «farà quello che mi diranno di fare. Per ora non ho ricevuto alcuna comunicazione formale». Ma osserva pure che «la cosa mi pare complessa e strana almeno per il quadro che mi venne regalato da Mario quando era in vita». In effetti la situazione è complicata davvero. Per la legge italiana il testamento viene revocato in caso di «esistenza o sopravvenienza di un figlio o discendente del testatore, anche se postumo o adottivo». Ma l’annullamento non dovrebbe riguardare il quadro regalato in vita, a patto di poter dimostrare la circostanza. Mentre sui soldi ereditati, trascorsi 8 anni dalla morte, si potrebbe finire nel classico labirinto giuridico, con la dottrina (e gli avvocati) divisi in materia. «Quando io e Fausto diventammo amici, all’inizio l’aristocrazia romana mi boicottò», raccontò D’Urso qualche anno fa. Sarà mica una vendetta postuma?