il Fatto Quotidiano, 24 febbraio 2023
I proiettili bulgari meglio di quelli Nato
Le fabbriche di armi nell’Est Europa stanno riprendendo a funzionare a ritmi che non si registravano dalla Guerra fredda. In Bulgaria, nella cittadina di Kostenets, hanno rimesso in moto la catena di produzione delle munizioni da 122mm. Gli impianti della Terem, azienda di proprietà del ministero della Difesa di Sofia, erano stati chiusi nel 1988. I colpi di questo calibro vengono utilizzati dagli obici D-30, uno dei pezzi di artiglieria di produzione sovietica più diffuso. Gli obici sono una via di mezzo tra cannoni e mortai, sparano a 15 chilometri, 21 se le munizioni sono a razzo, di distanza dall’obiettivo con una discreta precisione. Entrati in funzione a inizio anni 60, sono tuttora considerati un’efficiente arma per ‘martellare’ il nemico. Kiev dall’inizio dell’invasione russa ha iniziato a utilizzare tutto quello che aveva nei depositi militari. Nonostante le decine di miliardi di dollari in aiuti militari inviati dall’Alleanza Atlantica, la stragrande maggioranza delle truppe ucraine usa armi sovietiche. Dopo l’offensiva di Mosca della scorsa primavera e la controffensiva estiva delle forze armate ucraine, la linea del fronte si è quasi congelata.
Da novembre le truppe si battono su una linea di contatto lunga mille chilometri. Vengono usati droni, carri armati, ma ogni giorno si sparano decine di migliaia di colpi di artiglieria sulle trincee nemiche. La Difesa ucraina ha chiesto, e in molti casi ottenuto, la collaborazione degli eserciti dei Paesi vicini che li stanno rifornendo di munizioni sovietiche. Ma il consumo è semplicemente troppo alto. Per i colpi da 155mm, di concezione occidentale e usati per i cannoni, gli Stati Uniti sono stati costretti ad attingere ai depositi in Israele e Corea del Nord. In 12 mesi di guerra l’Ucraina ha sparato il doppio delle munizioni da 155mm rispetto a quelle prodotte, in tutto il mondo. Washington ha dato mandato ai propri fornitori di aumentare la produzione. Una richiesta di questo tipo implica contratti pluriennali. Per le armi occidentali, si usano fabbriche di munizioni occidentali. Ma per i mezzi sovietici l’unica soluzione è stata far partire commesse, finanziate con fondi dei Paesi Nato, per impianti dell’Est Europa chiusi da decenni. A Kostenets stanno cercando personale per riempire le cartucce da 122mm, l’ultima era uscita dalla fabbrica 35 anni fa. Il mese scorso una rappresentanza dell’ambasciata statunitense ha partecipato al taglio del nastro della Terem. “È una cosa molto importante per la città” ha detto la vicesindaca, Margarita Mincheva. A meno di cento chilometri un altro centro abitato, Sopot, sta vivendo i “benefici” della guerra. “Probabilmente non c’è una sola famiglia in città – ha spiegato il sindaco Deyan Doinov – i cui membri non abbiano lavorato o non lavorino nello stabilimento. Praticamente non abbiamo disoccupazione, solo quelli che non vogliono lavorare sono senza lavoro”. In questa cittadina la Vmz, una delle più grandi industrie di armi bulgare, produce le granate termobariche per gli Rpg. Nelle scorse settimane sui social hanno avuto molto risalto i video dei militari ucraini che centrano la fanteria russa con i colpi bulgari.