Avvenire, 24 febbraio 2023
I racconti di Shirley Jackson
L’ultrasettantenne Miss Strangeworth è una “signorina” (come si diceva un tempo delle donne nubili, anche attempate) che si vanta di non aver mai trascorso, in tutta la sua lunga vita, più di un giorno fuori città. Abita sola nella casa avita, circondata da un roseto piantato dalla nonna, che non ha mai smesso di sbocciare puntuale ogni anno. La donna intrattiene rapporti cordiali con tutti, tanto da essere da tutti, se non amata, rispettata. Peccato che abbia un vizio segreto: quello di spedire lettere anonime ai suoi concittadini per metterli in guardia. Da che cosa? Dal male che li circonda. «La cittadina in cui viveva doveva essere tenuta pulita e amabile, ma dappertutto le persone erano lussuriose, cattive e depravate, e dovevano essere guardate a vista». Il racconto si intitola La possibilità del male, ma avrebbe potuto intitolarsi anche qualcosa come Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Perché alla fine lo sporco gioco dell’amabile vecchietta viene scoperto, con conseguenze per lei molto dolorose.
Il testo è l’ultimo della raccolta Un giorno come un altro di Shirley Jackson, con cui Adelphi riporta all’attenzione del pubblico italiano questa originalissima scrittrice statunitense. Nata a San Francisco nel 1916, ottiene successo nel 1948 con la pubblicazione sul “New Yorker” del racconto La lotteria, che le guadagna precocemente un posto tra i maestri della narrativa americana contemporanea. Tuttavia, nonostante l’uscita di romanzi e racconti (anche per bambini), la sua fama si è in seguito oscurata. Scomparsa prematuramente nel 1965, negli ultimi tempi è stata oggetto di una riscoperta che ne ha valorizzato una produzione narrativa capace di muoversi tra diverse tonalità: realismo, surrealismo, thriller, horror. Dopo aver mandato in libreria nel 2020 La luna di miele di Mrs. Smith, con Un giorno come un altro Adelphi completa la pubblicazione, nella bella traduzione di Simona Vinci, dei racconti dispersi e inediti ritrovati dagli eredi.
Al di là della specificità delle singole opere, tipico di molta produzione di Shirley Jackson è partire, come nel racconto da cui abbiamo preso le mosse, da situazioni apparentemente ordinate per portare alla luce, attraverso un impietoso scavo nei comportamenti e nella mente dei personaggi, il male che alligna sotto una parvenza di onorabilità e di decoro. Questo approfondimento della vera essenza delle persone porta spesso la scrittrice a mettere in scena i lati in ombra dell’esistenza umana, il manifestarsi di forze irrazionali o di paure incontrollate, le cui radici rimangono per lo più nascoste. L’autrice si diverte a disorientare il lettore ribaltando, spesso all’improvviso, situazioni quotidiane poco prima tratteggiate all’insegna della più rassicurante normalità, aprendo davanti agli occhi di chi legge inaspettati abissi. Sotto un piano ordinato alligna un caos che minaccia di emergere e deflagrare da un momento all’altro. La fiducia nella bontà umana e negli ordinamenti della civiltà viene meno e non lascia spazio ad alcuna speranza. La critica sociale di Shirley Jackson si stempera in una prosa elegante, di impostazione classica, eppure percorsa da una corrente sotterranea di ironia e sarcasmo che ogni tanto spunta in superficie.
L’ironia è però anche autoironia: la nuova raccolta si chiude, a mo’ di appendice, con uno scritto autobiografico della stessa Jackson. La quale, contattata da una solerte collaboratrice di un periodico locale, fornisce informazioni sulla sua vita personale e familiare, notiziole spicce e aneddoti insignificanti di cui infarcire l’articolo. Con sommo disappunto dell’intervistata, però, non c’è modo di far scrivere mezza riga sul suo nuovo libro, del quale alla giornalista sembra non importare assolutamente nulla. Ma fortunatamente Shirley Jackson avrebbe avuto lettori molto più attenti.