la Repubblica, 23 febbraio 2023
Il ritorno dei castori nel Tevere
Rosicchiano gli alberi per abbatterli e mangiare foglie e legno, costruiscono dighe e di giorno stanno nascosti, a pisolare. Insomma, fanno i castori. Conducono la loro vita inconsapevoli di essere fuori legge e al centro di una questione che riguarda il futuro e coinvolge Regioni, università, Ispra e Cnr. Qualcuno vorrebbe spostarli, magari metterli in un centro di recupero di animali selvatici, altri sostengono che ormai ci sono e vanno lasciati sguazzare in pace nel fiume.
Siamo in una golena nel tratto toscano del Tevere, tra la diga di Montedoglio e l’abitato di Sansepolcro. Era da cinque secoli che in questa zona non si vedevano i castori. Per questo, ormai oltre un anno fa, c’è voluto un po’ a capire che i roditori erano ricomparsi. Prima i segni dei morsi su qualche pianta, poi avvistamenti di animali ben più grossi delle nutrie e infine, la certezza nel luglio dell’anno scorso: sono tornati.
Sì ma come sono arrivati? La risposta la dà una lettera che Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca ambientale, ha inviato alla Toscana e ad altre Regioni nel novembre 2022. «Appare evidente che la collocazione dei suddetti nuclei sia da ritenere al di fuori dell’attuale area naturale della specie e che non possa essere riconducibile a un processo di ricolonizzazione naturale, né a progetti di re-introduzione condotti ai sensi delle vigenti norme», è scritto nel testo. I castori selvaggi si trovano in Austria e Svizzera (e in altri Paesi più distanti dall’Italia) e un paio di anni fa ne sono arrivati alcuni in Friuli e Alto Adige. Ma la Toscana è troppo lontana, non possono aver fatto da soli. Qualcuno li ha reintrodotti ben sapendo che in quella zona avevano vissuto, praticamente fino ai tempi di Piero della Francesca, mezzo millennio fa.
Quindi si è trattato di «immissioni di natura illegale – dice sempre Ispra – in quanto non autorizzate dalle autorità competenti e non adeguatamente pianificate». Per questo bisogna togliere gli animali di lì, dice sempre l’Istituto. Non solo, le reintroduzioni “abusive” sono state fatte anche in altri corsi d’acqua toscani, la Merse e l’Ombrone, nel Grossetano, e pure in Umbria, sempre nel Tevere. Vanno sloggiati pure da lì.
Nella zona di Sansepolcro ci sono 10-15 esemplari. I primi ad avvistarli sono stati alcuni pescatori. Poi sono arrivati i ricercatori del Cnr. «Li abbiamo trovati e abbiamo riscontrato solo benefici per l’ambiente – dice Emiliano Mori, biologo del Cnr di Sesto Fiorentino – Le loro costruzioni sono state utilizzate da molte altre specie, anche protette. E comunque non fanno danni». Secondo Mori, ormai non ha senso spostarli. «Abbiamo battuto tutto il percorso del fiume, e usato video trappole, per censirli. Abbiamo anche fatto 1.100 interviste alla popolazione della zona. Sono quasi tutti favorevoli al castoro. Solo una piccola percentuale non li vuole, pescatori che temono mangino i pesci, anche se sono vegetariani, e qualcuno che contesta l’introduzione illegale». La Regione Toscana studia cosa fare. L’assessora all’Ambiente Monia Monni chiederà un parere alla “consulta della biodiversità”. Cioè, dice, a «un gruppo di esperti con grandi competenze ai quali porre quesiti anche sui temi legati all’introduzione di animali». Per adesso, quindi, i castori non si muovono. Anche il Consorzio di bonifica dell’Alto Valdarno, che si occupa di difesa idraulica, valuta se i castori possano rappresentare un problema per il regolare deflusso del fiume. È stato chiesto un parere a Federico Preti, ingegnere e professore di Sistemazioni idraulico forestali dell’Università di Firenze. Il problema potrebbe essere quello degli alberi abbattuti. «Andiamo regolarmente a controllare, hanno fatto cadere tra l’8 e il 10% delle piante sulle sponde dove stanno, soprattutto pioppi e salici». Si tratta di alcune decine di alberi. Ma non è un problema. «Dove vivono – spiega Preti – hanno addirittura ridotto il rischio idraulico. Hanno diminuito la densità delle piante, togliendo quelle di dimensioni medie, quindi la resistenza al passaggio dell’acqua è inferiore e c’è meno rischio. È un po’ come se avessero fatto una manutenzione gentile della vegetazione». Il castoro è un grande costruttore di dighe. «Sì – dice Preto – ma le usano d’estate, quando l’acqua è più bassa e le piene meno probabili».