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 2023  febbraio 23 Giovedì calendario

La corruzione in Asia non si ferma

Avete presente quando non avete voglia di fare una cosa e continuate a rimandare? Bene: è l’atteggiamento passivo e indolente che l’Asia ha avuto con la corruzione. Il risultato è che buona parte dei paesi asiatici, ora, è schiava del fenomeno. Che in alcuni stati, come Afghanistan, Cambogia, Myanmar e Corea del Nord, è addirittura dilagante.






A stilare una sorta di classifica dei paesi asiatici nei quali il malcostume ha preso il sopravvento è stata Transparency international, un’organizzazione non governativa con sede a Berlino che si occupa di corruzione, non solo a livello politico. Sebbene il rapporto di Transparency International riferito al 2022 abbia evidenziato come alcuni stati asiatici stiano facendo progressi nella lotta alla corruzione, la regione ha ottenuto una media di 45 punti su 100 per il quarto anno consecutivo.


Il punteggio va da 0 (altamente corrotto) a 100 (molto pulito). Tra le nazioni asiatiche, Singapore, Hong Kong e Giappone, rispettivamente con 83, 76 e 73 punti, si sono classificate nelle prime tre posizioni, mentre Afghanistan (24), Cambogia (24), Myanmar (23) e Corea del Nord (17) chiudono la graduatoria.


Nonostante il continente asiatico abbia assistito a molteplici vertici diplomatici per allentare la tensione internazionale e ridurre la corruzione, i risultati, secondo l’organizzazione tedesca, sono variabili. «I leader asiatici hanno continuato a lasciare che gli impegni contro la corruzione cadessero nel dimenticatoio, mentre i governi del Pacifico hanno orientato e organizzato i loro sforzi per combatterla», si legge nel report. La corruzione, spesso, è associata a regimi autoritari che limitano la libertà dei cittadini. Secondo Transparency International, la democrazia è in declino in India (40 punti), Filippine (33) e Bangladesh (25), che sono tra le nazioni più popolose della regione asiatica.


«I regimi stanno consolidando il potere riducendo lo spazio per il dissenso con leggi più draconiane che limitano la libertà di parola o le critiche al governo, e non devono affrontare alcuna responsabilità per l’incarcerazione di coloro che presumibilmente li sfidano», prosegue il dossier. «Per esempio, il governo indiano continua a consolidare il potere e a limitare la capacità di risposta dei cittadini». Il Bharatiya Janata Party (Bjp), il partito nazionalista indù che governa l’India col primo ministro Narendra Modi, si è impegnato nell’uso diffuso della legge repressiva sulle attività illecite per detenere attivisti e manifestanti. Nell’ottobre 2020 l’ottuagenario padre Stan Swamy, che ha combattuto per i diritti dei popoli tribali nel Jharkhand, è stato arrestato e incarcerato senza processo ed è morto dopo 9 mesi di carcere.


Il rapporto ha osservato che nel 2022 il Bangladesh e la Cambogia «hanno permesso che centinaia di persone venissero incarcerate per aver esercitato la libertà di parola e aver espresso dissenso». Anche il calo di 5 punti del Myanmar è stato definito come un «segnale preoccupante», dato che l’esercito continua a detenere il potere dal colpo di stato del 2021.Il lato positivo è che Corea del Sud, Cina, Vietnam, Maldive, Nepal e Laos hanno mostrato miglioramenti significativi nella lotta alla corruzione. Questi, a differenza di altri paesi, hanno deciso di affrontare subito il problema.