il Fatto Quotidiano, 22 febbraio 2023
A Brunetta la poltrona del Cnel?
Lui tiene la bocca cucita, ma è cosa fatta o quasi. Renato Brunetta è pronto a tornare in prima linea ai posti di comando e che importa se dovrà ringraziare gli arcinemici dell’esecutivo Draghi e quindi in teoria anche suoi, orgogliosamente ministro della Pa nel governo dei Migliori che fu. Ma sembra passato un secolo: il governo a guida meloniana starebbe pensando proprio a lui per la successione sulla poltronissima cadrega di presidente del Cnel occupata dal 2017 da Tiziano Treu che dal 2021 è stato nominato anche coordinatore del Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito dell’attuazione del Pnrr. Treu però non ha ancora preparato le valigie, anzi: a quanto si apprende spera nell’intercessione del Colle per scongiurare di dover lasciare la poltrona e in particolare conta sui buoni uffici di Luisa Corazza, consigliera per le questioni di carattere sociale di Sergio Mattarella. Ma da Palazzo Chigi fanno sapere che per l’avvicendamento al vertice di Brunetta manca solo l’ufficialità: del resto la norma appena varata per volontà del governo che consente di attribuire incarichi negli alti ranghi dell’amministrazione statale (con annesso lauto stipendio) a dispetto dell’età degli interessati potrebbe fare proprio al caso dell’ex ministro. Che dopo il trauma iniziale per la fine dell’avventura draghiana, si è prodigato per non uscire dal giro: eventi pubblici come quello in compagnia del suo successore a Palazzo Vidoni Paolo Zangrillo lasciano immaginare che i rapporti con Silvio Berlusconi siano tornati sereni. Anche perché Brunetta a differenza di Mara Carfagna e Mariastella Gelmini non ha lasciato la nave forzista per passare armi e bagagli con il tandem Calenda-Renzi. E poi tanti post sui social in cui, tra una lode a Mattarella e una al Tricolore, non ha mancato di incoraggiare il nuovo governo e in particolare l’“amica” Giorgia difesa a spada tratta, ad esempio, in occasione delle polemiche feroci sul caro carburanti. Insomma il suo grande rientro in campo non pare solo una suggestione.
Brunetta conosce bene il Cnel essendone stato membro per dieci anni per volontà socialista quando ancora doveva iniziare la sua parabola politica, che lo avrebbe poi portato a celebrare le sue gesta di ministro dei tornelli, bestia nera dei “fannulloni” della pubblica amministrazione. Ossia negli anni in cui il premio Nobel, a sentir lui, gli era sfuggito di un niente. Pace: poi era diventato la Lorella Cuccarini del governo, il ministro più amato dagli italiani. Sicuramente è stato amatissimo in quel di Villa Lubin soprattutto all’epoca della riforma renziana. “Fanno credere che si eliminerà il Cnel, un carrozzone costosissimo; che sarà spazzato via il vecchio Senato caro, carissimo con i 315 stipendi d’oro dei senatori. Eccetera. Sono pubblicità ingannevoli”, aveva detto l’allora deputato forzista tuonando contro l’ex Rottamatore che non si aspettavano certo che gli italiani alla fine gli avrebbero girato le spalle. Men che mai che il Cnel trovasse un avvocato difensore durante la campagna referendaria. “A qualcuno piace il Cnel? I suoi estimatori sono più rari dei Pokemon” aveva ripetuto Renzi con la spavalderia di sempre. Vaglielo a dire che ora Pikachu Brunetta è in predicato di salire di nuovo in carrozza proprio a Villa Lubin.