il Giornale, 22 febbraio 2023
Viva Jeffereis che ride anche di Greta
«Fino a tre anni fa non si poteva parlare male di Greta Thunberg, neppure negli spettacoli comici. Eri un maschio bianco adulto che se la prendeva con una povera sedicenne. Altri miei colleghi lo hanno fatto, ma io ho aspettato, ho aspettato tre anni prima di parlare di questo mostriciattolo arrogante. Ora ha diciannove anni. Posso dire quello che voglio. Potrei anche scoparla, è maggiorenne, e senza preservativo perché più ecologico». Se non lo avete già fatto andate su Netflix e guardatevi l’ultimo spettacolo di Jim Jefferies, High & Dry, anche perché ormai gli stand-up comedian anglosassoni sono gli unici comici guardabili, da Ricky Gervais a Louis CK a Jimmy Carr, politicamente scorretti e tradizionalmente scorretti (il tradizionalmente corretto l’ho inventato io, come rovescio della medaglia del politicamente corretto), colpiscono ogni categoria, a differenza dei nostri nazionalpopolari (chi? Benigni che legge la Costituzione?), avrei voluto vederne uno a Sanremo, sarebbero cascate le dentiere a tutta la platea. Invece loro, internazionalpopolari, sono anche l’ultima barriera contro la cancel culture, i radical chic, i conservatori, sono un baluardo contro qualsiasi ideologia.
Jim Jefferies qui vi racconterà molte storie, una più esilarante dell’altra. Gli LGBTQ? «Io sostengo gli L, i B, gli G, gli T, i Q, li sostengo tutti ma singolarmente, non la comunità LGBTQ, perché detesto le comunità». Seguono molti esempi e gag strepitose: «Cosa avranno mai in comune uno che vuole tagliarsi il pene e una che lo vuole?», oppure «Se sei donna e diventi uomo devi farlo fino in fondo; la maggior parte di noi subisce il trauma della calvizie ma tu donna con geni maschile no, non proverai mai cosa significa essere calvi, se vuoi andare fino in fondo rasati la testa a macchie». C’è chi non si sente a suo agio nel proprio corpo «ma riguarda il 98% dell’umanità: anche io ogni volta che esco dalla doccia e mi guardo allo specchio inorridisco, ma non ci penso proprio a tagliarmi il pene, tra l’altro anche quello è molto piccolo». Gli stand-up comedian fanno ridere anche perché c’è una logica irriverente e spietata e liberatoria, non sono mai di parte, e dicono quello che molti pensano ma non possono dire neppure per farci una battuta. La loro unica etica è: se fa ridere, lo dico, se non fa ridere ho sbagliato, ma non ci sono limiti a ciò che si possa dire in uno spettacolo. «Ogni volta che Ricky Gervais o Dave Chappelle o Louis CK fanno uno spettacolo, il giorno dopo escono articoli indignati, come se quello che dicono lo pensassero davvero» (è irrilevante). «Io non dovrei farlo. Ma adoro gli articoli del giorno dopo». Pur accontentando e scontentando tutti, che è quello che deve fare un artista, non come i nostri comici che fanno satira politica con la data di scadenza (a parte Lillo e Greg in 610 su Radio 2, in modo più elegante ma ugualmente trasgressivo, bypassando spesso le censure della Rai, e potete ascoltare anche puntate di quindici anni fa, sono sempre attuali, perché il vero umorismo non muore mai). Sono anche amati dai nostri autori, che però sfornano libri e dichiarazioni sempre politicamente corretti, mai una gioia, mai un Lagioia che dica una cosa controversa, il loro problema è difendere la schwa, i generi sessuali, le credenze religiose, tutto ciò che deve essere buono e bello per partito preso (e ormai parlano tutti per partito preso, di sinistra o di destra cambia poco, è sempre una comicità da oratorio). Ma torniamo a Greta Thunberg e Jim Jefferies. C’è una storia sulla Svezia che vi anticipo, non preoccupatevi perché ci sono così tante gag che è uno spoiler trascurabile. In Svezia, ci racconta Jim, sono tutti bellissimi. Probabilmente perché fino al 1971 praticavano l’eugenetica, sterilizzando down, portatori di handicap, chiunque non fosse assolutamente perfetto. Jim ritiene, nello show, che lo facciano ancora. Se l’ostetrico tira fuori un bambino brutto c’è un agente del governo che dice sì o no. Se è no, una botta in testa al neonato e viene gettato morto nel mucchio dei bambini brutti, scartati. Perfino la mamma che ha appena partorito non si fa problemi: «Era brutto, eh?». Ma un giorno successe qualcosa. Sotto il mucchio dei bambini brutti uno riuscì a sopravvivere, un mostriciattolo di cui nessuno si accorse, e si nutriva delle carcasse dei bambini morti brutti sotto i quali si nascondeva. Alla fine ce la fece a uscire carponi, e si salvò, e tornò dai genitori. Questo mostriciattolo svedese divenne una grande influencer, non andando neppure a scuola. «Si chiamava Greta Thunberg».