il Giornale, 22 febbraio 2023
La moda italiana ha un giro d’affari di 90 miliardi
La moda italiana, dopo due anni in cui ha corso a doppia cifra, arriverà nel 2023 ad avere un giro d’affari di 90 miliardi anche se il difficile contesto macroeconomico la costringerà a rallentare. Sono le previsioni degli analisti dell’area studi Mediobanca che, analizzando i dati finanziari di 152 società della moda con sede in Italia, mettono in luce un 2022 molto positivo con una crescita del giro d’affari nominale a livello aggregato del 20% (a 82 miliardi di euro, +21% sul 2019) e per il 2023 prevedono un ulteriore incremento dell’8 per cento.
Nel 2021 è iniziata una ripresa a «V» a 68,6 miliardi di euro (+32,7% sul 2020), superando dello 0,9% i livelli pre-pandemici, con l’impiego di quasi 260mila dipendenti (+1,3% sul 2020 e -4,4% sul 2019). Il fatturato estero registra un rimbalzo più sostenuto (+35,7%) rispetto a quello nazionale (+28,7%). I produttori di alta gamma reagiscono con maggior forza rispetto a quelli mass-market, superando i livelli del 2019 dell’1,1%, mentre i produttori della fascia più economica si trovano ancora al di sotto dei livelli pre-crisi (-3,6%). Le prime venti aziende rappresentano da sole oltre la metà del fatturato aggregato. Al primo posto per ricavi si conferma Prada (3,4 miliardi) che precede Luxottica Group (3,2 miliardi), consolidata dalla multinazionale EssilorLuxottica, e Calzedonia Holding (2,5 miliardi). Seguono Moncler e Giorgio Armani con un giro d’affari di 2 miliardi ciascuno. La redditività segnala una dinamica calante: l’ebit margin scende dal 12,1% del 2019 al 10,6% del 2021, dopo l’impatto dirompente della crisi quando si era fermato al 4,5%. I prodotti di alta qualità continuano a premiare la redditività, con l’alta gamma a chiudere il 2021 con un ebit margin del 10,8%, il 46% al di sopra dei valori dei produttori mass market (7,4%). Il podio per redditività vede al primo posto Fendi (32,8%), davanti a Renato Corti (29,5%) e Gingi (29,2%, principale marchio Elisabetta Franchi). In rimbalzo del 46,4% sul 2020 gli investimenti che superano dell’8,9% i livelli pre-crisi (330 milioni in più sul 2019). Fra le aziende produttive, nel comparto della gioielleria la crescita è stata anche più consistente (+189,1%). Sul fronte patrimoniale, le aziende della moda rafforzano la propria struttura finanziaria (debiti finanziari sul capitale netto al 40,8% nel 2021 dal 56,8% del 2019), con i produttori di occhiali, abbigliamento e tessuti a distinguersi come i più capitalizzati. La maggior parte preferisce restare alla larga dalla Borsa, solo 11 sono le società quotate (pari al 17,5% del fatturato aggregato); al 15 febbraio il podio è occupato da Prada (15,9 miliardi di capitalizzazione), Moncler (15,7 miliardi) e Brunello Cucinelli (5,5 miliardi); medaglia di legno per Salvatore Ferragamo (3 miliardi), seguita da Tod’s (1,2 miliardi). Tutte le altre società del panel registrano una capitalizzazione inferiore al miliardo.