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 2023  febbraio 21 Martedì calendario

Intervista ai figli di Anna Politkovskaja

Vera Politkovskaja e Il’ja Politkovsky portano sulle spalle un’eredità pesante, quella di Anna Politkovskaja, uccisa nel 2006 per le sue inchieste che l’hanno condotta in Cecenia a documentare i massacri di Putin, le violazioni dei diritti civili e dello stato di diritto.
Vera e Il’ja, che hanno scelto di abbandonare la Russia, sono in Italia per presentare Una madre (Rizzoli). Il libro, che esce oggi in anteprima mondiale, è scritto dalla figlia Vera con la giornalista Sara Giudice ed è tradotto dal russo da Marco Clementi. Il mondo è riconoscente ad Anna Politkovskaja per aver fatto conoscere quello che il regime di Putin cercava di nascondere. Attraverso le parole dei figli, emerge l’orgoglio per il coraggio della madre ma anche una profonda amarezza. Avrebbero preferito una madre meno eroica ma viva. In questa intervista rispondono entrambi.
Vera, che cosa ha pensato quando è scoppiata la guerra in Ucraina?
«Ero scioccata, non ho pensato molto».
Che cosa pensa che avrebbe fatto sua mamma se fosse stata viva?
«Penso che avrebbe fatto i bagagli e sarebbe andata in Ucraina. Avrebbe raccontato più o meno le cose che ha raccontato della guerra in Cecenia».
Quando ha capito che non era più possibile vivere in Russia?
«Dopo l’inizio della guerra».
Cosa glielo ha fatto capire?
«Ci sono state diverse cose. Innanzitutto non potevo lavorare come giornalista in Russia e mi sono licenziata. Poi sono accaduti fatti molto pesanti nei confronti di mia figlia. È stata l’ultima goccia che mi ha fatto prendere questa decisione».
Cosa è accaduto a sua figlia?
«Le sue compagne di scuola hanno reagito in modo violento rispetto alle sue posizioni sull’Ucraina. Lei è una ragazza che non nasconde quello che pensa e a quel punto sono iniziate le minacce. Ho deciso che era ora di partire».
Vera e Il’ja, che cosa vi manca di vostra madre?
V. «Che mia figlia non l’abbia conosciuta. Avrei molto voluto che avesse la nonna».
I. «Anche io sento che manca la nonna per mio figlio. Non mi mancano, invece, le sue inchieste e la sua professione».
Perché?
I. «Perché penso che la vita di una madre non valga il prezzo che ha pagato per la sua attività professionale».
Vi aspettavate la morte di vostra madre?
V. «Parlavamo molto con mamma delle conseguenze della sua attività. Soprattutto durante l’ultima parte della sua vita ci sono state molte minacce. Ci confidava di avere paura che l’avrebbero uccisa. Ma proprio nel momento in cui è stata uccisa non pensavo a una cosa del genere. Era morto da poco mio nonno, il padre di mia mamma. Suo padre era in ospedale, lei si occupava delle cose di famiglia. Nessuno se lo aspettava più, è stata uccisa proprio allora».
I. «Vera ha detto tutto quello che pensò anche io».
Qual è stato il momento più difficile dopo la morte di vostra madre?
I. Le indagini che abbiano sostenuto sulle nostre spalle e poi il processo. Sono convinto che è stato tutto inutile, l’indagine è stata una finzione. Abbiamo capito che fin dall’inizio chi ha condotto le indagini non aveva alcuna intenzione di cercare i mandanti».
V. «Ci siamo resi conto di aver legittimato l’indagine ufficiale e di essere stati usati in un’inchiesta che non ha portato a scoprire i mandanti».
Che dovere sentite di avere verso vostra madre?
V. «In una famiglia normale a un certo punto i genitori diventano anziani, hanno bisogno di aiuto. Per noi è diverso, il nostro occuparci di lei significa avere il dovere di ricordare».
I. «Il dovere più importante sarebbe riuscire a trovare i mandanti ma con il regime attuale in Russia è impossibile. Sono sicuro che mostra madre avrebbe sostenuto questa nostra scelta».
Quanto vi pesa?
V. «Ovviamente è un peso molto grande ma è inevitabile. Alcuni dicono che le persone scelgono il proprio destino. Io penso, invece, che a volte sia il destino a scegliere le persone».
I. «Il peso è nelle emozioni che vengono fuori ogni volta che parliamo di quello che è successo. Spero però fra non molto tempo ci sia una vera indagine che porti a scoprire i nomi dei mandanti dell’assassinio di nostra madre».
Avete paura?
V. «No».
I. «No».
Vi sentite liberi?
V. «Sì».
I. «Adesso sì».
In un’intervista a La Stampa la fumettista e regista iraniana Marjane Satrapi racconta cosa sogna di fare quando tornerà in Iran. Voi sognate di tornare in Russia? E cosa farete?
I. «Amo moltissimo la Russia, mi manca, voglio tornare perché è la mia patria ma in questo momento non ce la faccio. Non ho sogni però il mio futuro lo vedo nella nuova Russia senza Putin».
V. «Mio fratello ha risposto per entrambi».
È valsa la pena perdere vostra madre per quello che ha fatto nella sua vita?
I. «No». —