Corriere della Sera, 21 febbraio 2023
Helen Mirren nei panni di Golda Meir
«Quando ho visto uscire Helen Mirren dal trucco sono caduto dalla sedia», dice Guy Nattiv, il regista di Golda, alla Berlinale. Figuriamoci quando gli spettatori vedranno la grande attrice «diventare» Golda Meir, il primo ministro israeliano alle prese con il momento cruciale del suo paese: la guerra del Kippur (la festa santa dove il paese si ferma), scoppiata nel 1973 e durata 18 giorni, prima che le Nazioni Unite imponessero il cessate il fuoco a tutti e tre gli Stati coinvolti, dopo l’attacco di Egitto e Siria.
«Il trucco ha sorpreso anche me – rivela Helen – a fine giornata mi guardavo allo specchio e mi dicevo, oh, sono ancora io». Ha chiesto che almeno i suoi occhi restassero «suoi». Per il resto la prostetica ha fatto miracoli. Eccola con un fisico corpulento, le caviglie troppo grosse, come le borse che portava, i baffetti, e la postura in avanti, come un albero piegato dal vento.
Nella realtà, il primo leader politico donna d’Israele, era fatta d’acciaio: «Una donna molto forte e determinata, completamente devota al suo paese e in questo mi ricorda il mio ruolo come regina Elisabetta I, più che Elisabetta II, che era meno emotivamente esposta. In comune con Golda ho la passione per la cucina. Lei era una donna estremamente coraggiosa, parlava con calma, e fumava una sigaretta dopo l’altra».
«Golda era la persona sbagliata nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, lei non voleva diventare primo ministro. È stata la nostra Margaret Thatcher», dice il regista.
Nei giorni scorsi due giornali inglesi hanno provocato il botta e risposta sul fatto che Golda Meir non sia interpretata da una attrice ebrea. Ha detto Maureen Lippman, che ha interpretato la madre del pianista nel film di Polanski: «Helen sarà fantastica, ma se la razza e il credo definiscono questa rappresentazione, allora l’etnia dovrebbe essere una priorità. Non sarebbe permesso a Ben Kingsley di interpretare Nelson Mandela». Le due attrici non si sono prese a borsettate, la polemica però c’è stata. Ha risposto Helen Mirren: «Ogni discussione è legittima, vorrei parlare con Laureen davanti a una tazza di tè. Ma se qualcuno che non è ebreo non può interpretare l’ebreo, un attore ebreo non può più interpretare un non ebreo?». A Berlino interviene Lior Ashkenazy che dà il volto a David Elazar, il Capo di Stato maggiore: «Ma l’attore di Jesus Christ Superstar era forse ebreo?».
Helen Mirren ha letto tutto quello che poteva, ha visto il film su Golda Meir con Ingrid Bergman e a suo tempo Anne Bancroft che la interpretò a Broadway. «Ma non mi sono ispirata a nessuno, il nostro film si concentra su una piccola parte della sua vita, i giorni terribili del Kippur».
L’elemento di novità è che il regista ha avuto accesso al materiale che fino a qualche anno fa era secretato. Per esempio nessuno, al di fuori di una ristretta cerchia (in primis l’assistente di Golda Meir, interpretata da Camille Cottin, che era considerata di famiglia) era a conoscenza che avesse un tumore. Poi c’è il rapporto di amicizia con Kissinger. «Erano accomunati dal pragmatismo». In una scena, malgrado l’apporto militare fornito in quei giorni dagli Usa a Tel Aviv, lui le dice, mentre Golda in casa gli prepara una minestra: «Ricordati che io sono prima cittadino americano, poi segretario di Stato e infine ebreo». «Ma noi siamo abituati a leggere da destra a sinistra», risponde lei pronta. Il film mostra molte riunioni nella cabina di comando, dove Moshe Dayan, il valoroso generale, si fa prendere dal panico, dopo i rovesci militari dei primi giorni, e dice che «questa sarà per noi una nuova Masala», alludendo al massacro degli antichi romani. Si spese per l’uso dell’arma nucleare, che avrebbe isolato Israele. Golda Meir lo ridimensionò ma si dimostrò generosa con lui.
Per il regista, nato nell’anno del Kippur, anche Golda Meir «commise degli errori». Ci fu un fraintendimento con i servizi segreti sull’attacco sferrato dagli arabi, ma venne totalmente scagionata dall’inchiesta. «Lei si è presa la responsabilità, cosa che non fanno i politici. È stata amata e odiata». Israele ebbe quasi tremila vittime che Golda annotava su un taccuino, ritenendo un lutto personale la perdita di ogni vita umana. «Per un piccolo paese giovane ma con pochi giovani fu un trauma», dice la splendida Golda-Helen.