Corriere della Sera, 21 febbraio 2023
Il viaggio di Biden a Kiev
Un anno fa sarebbe stato impensabile. Anche solo suggerire l’ipotesi che Joe Biden avrebbe potuto incontrare Volodymyr Zelensky nel centro della capitale ucraina in occasione del primo anniversario dell’invasione russa sarebbe apparso irrealistico, folle, persino provocatorio.
Ma è proprio per questo motivo che occorre risalire alle memorie delle dinamiche belliche e alle considerazioni originate dall’attacco del 24 febbraio 2022 – quando lo stesso Biden voleva mandare un commando elitrasportato per condurre in salvo all’estero Zelensky con la sua famiglia – per cogliere l’immensa importanza simbolica, politica e militare delle cinque ore trascorse ieri dal presidente Usa a Kiev, in quegli stessi luoghi che allora Vladimir Putin pianificava di fare propri già entro le prime settimane di marzo.
«Un anno dopo, Kiev resiste. La Democrazia resiste. Gli americani stanno con voi e il mondo sta con voi», ha dichiarato Biden dopo l’incontro con Zelensky nel suo ufficio a palazzo Mariinskij, non lontano da Maidan. Il senso è quello netto della vittoria: la Nato e l’Occidente sono rimasti uniti, la Russia ha fallito e l’America di Biden ha funzionato da catalizzatore per impedire il successo dei piani del Cremlino. «Putin non credeva che saremmo rimasti assieme, sperava di poterci mettere gli uni contro gli altri, oggi certamente non lo pensa più… Dio sa cosa pensa davvero. Certamente i fatti provano che si è sbagliato», ha aggiunto. Biden aveva già parlato nei primi mesi di un «Putin guerrafondaio» che andava «rimosso», ma anche di «un leader razionale che si è sbagliato».
Adesso si concentra nel tenere assieme il fronte alleato e rassicurare Zelensky. «Questa è la prima visita dopo quindici anni di un presidente americano, ed è la più importante nella storia dei rapporti tra i nostri due Paesi», ha commentato il leader ucraino. Ottantenne il primo, 44 anni il secondo: due generazioni assolutamente diverse, due leader provenienti da esperienze che ben poco hanno in comune, eppure adesso uniti saldamente dalla volontà appassionata di fare barriera contro le aspirazioni imperiali di Putin e la sua scelta di ricorrere alla brutale forza militare pur di soddisfarle.
Ovvio che i due si sono continuamente parlati e incontrati negli ultimi mesi. Zelensky è stato a Washington, ha parlato al Congresso direttamente e via remoto, dialoga quotidianamente con gli uomini del Pentagono e del Dipartimento di Stato, che garantiscono il flusso vitale degli aiuti economici e militari. A Kiev questi sono giorni di grande attenzione per garantire il veloce arrivo delle armi occidentali contro la temuta offensiva russa di primavera. Gli equipaggi ucraini stanno addestrandosi sui tank Leopard tedeschi, lavorano con i blindati inglesi, apprezzano i pezzi d’artiglieria; è cresciuto un rapporto fraterno con i soldati polacchi e dei Paesi baltici. Oggi Zelensky vedrà Giorgia Meloni a Kiev, parleranno anche dei nostri sistemi antiaerei italo-francesi e di come accelerarne l’arrivo.
E non va dimenticato che l’ex premier britannico Boris Johnson fu tra i primi a venire poco dopo lo scoppio della guerra. Putin ordinò ai suoi soldati di sparare missili sulla capitale in segno di sfida e minaccia il 28 aprile, quando il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, venne a portare la solidarietà internazionale alle vittime delle bombe russe. In giugno vennero assieme Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz per testimoniare l’unità europea solidale.
Ma non sarà mai sufficiente sottolineare quanto l’apporto americano sia stato fondamentale per garantire la resistenza ucraina. Sembra abbia anche facilitato l’affondamento in aprile della Moskva, l’ammiraglia della flotta russa del Mar Nero.
A fine giugno l’artiglieria Usa permise di rilanciare l’offensiva tra Kherson e il Donbass, l’intelligence americana è onnipresente sui campi di battaglia. Ieri Biden ha promesso che saranno inviate altre armi del valore di mezzo miliardo di dollari – per lo più proiettili da artiglieria modello Nato calibro 155 millimetri, nuovi missili per i lanciarazzi Himars e droni – che vanno ad aggiungersi ai quasi 55 miliardi già forniti. Resta il «no», almeno per ora, alla richiesta ucraina di ottenere gli F-16, il meglio dell’aviazione Usa.
E tuttavia da Washington insistono che già adesso i russi non riescono a violare lo spazio aereo ucraino: la loro aviazione spara i missili quasi sempre dal Mar Nero o dai cieli russi e bielorussi.
Inevitabile che le misure di sicurezza del viaggio siano state eccezionali. Sino a ieri mattina presto Washington ribadiva che Biden si sarebbe recato esclusivamente in Polonia, smentendo qualsiasi ipotesi di tappa ucraina. Eppure, già l’altra sera tra i reporter americani crescevano le voci in questo senso.
La cosa aveva preso corpo dopo che l’hotel Intercontinental, situato presso la cattedrale di San Michele, dove i due presidenti si sono poi intrattenuti per visitare il Muro della Memoria sul quale sono appese le foto di tanti caduti sin dal tempo della guerra del 2014, aveva avvisato i giornalisti che non avrebbero potuto fare riprese e la strada sarebbe stata paralizzata per un paio d’ore a metà mattina. Il dato più interessante a questo proposito l’ha fornito la Casa Bianca, specificando che Mosca era stata avvisata poco prima della partenza di Biden. L’intenzione di evitare qualsiasi tipo di incidente rivela anche il persistere della cooperazione tra le due intelligence.
Biden è volato segretamente a Rzeszow in Polonia, dove ha preso il treno che in dieci ore lo ha condotto a Kiev. Il cuore della città è quindi stato completamente circondato da posti di blocco della polizia e militari. Le zone del passaggio del convoglio presidenziale potevano essere raggiunte solo a piedi. E comunque attorno alle 11 è suonato l’allarme aereo, sembra che un Mig armato di missili si fosse alzato nei cieli della Bielorussia. Biden è poi ripartito in treno attorno alle 14 senza nessun altro intoppo.
Dura reazione di Mosca. «Quando guardate i filmati di Biden assieme al suo burattino Zelensky non dimenticate il destino fallimentare di tutte le avventure militari americane», ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova. Oggi Putin dovrebbe fare un discorso al Paese e gli analisti prevedono che coglierà l’occasione del viaggio di Biden per radicalizzare la sua narrativa antioccidentale.
Se un anno fa l’«operazione speciale» era propagandata dal leader russo per «liberare i fratelli ucraini dal governo nazifascista a Kiev», oggi viene ormai presentata come una «nuova guerra patriottica» contro la Nato, che è paragonata alle armate di Hitler.
Secondo gli osservatori ucraini, Biden e Zelensky hanno però concentrato la loro attenzione sull’eventualità di una più stretta alleanza tra Mosca e Pechino, col rischio annesso dell’invio di armi cinesi all’esercito russo. L’arrivo ieri a Mosca di Wang Yi, Consigliere di Stato e massimo artefice della diplomazia cinese, desta non poche preoccupazioni.