Corriere della Sera, 21 febbraio 2023
La strage di Bologna
Fu l’episodio più grave degli anni di piombo: una bomba collocata nella sala d’attesa di una stazione, che esplodendo uccise 85 persone il 2 agosto 1980. E pare che ora finalmente siano stati individuati non solo gli esecutori, ma anche i mandanti dell’eccidio. Il saggio di Paolo Morando La strage di Bologna (Feltrinelli, pagine 321, e 20) ripercorre con scrittura agile e limpida l’intera vicenda, sposando le conclusioni a cui sono giunti i magistrati bolognesi nella sentenza di primo grado emessa il 6 aprile 2022.
Ecco le parole con cui lo stesso Morando definisce la strage del 2 agosto: «Un attentato finanziato dalla P2 di Gelli con fiumi di soldi, premeditato e pianificato con grande anticipo (il primo flusso di denaro risale al 16 febbraio 1979) e che ha visto in concorso, come esecutori, soggetti di un po’ tutte le sigle dell’eversione di destra di fine anni Settanta». Ai terroristi neofascisti dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari) Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati con sentenza definitiva già nel 1995, si è aggiunto quale esecutore dell’eccidio Paolo Bellini, figura equivoca legata all’estrema destra e al crimine organizzato. Mentre come manovratori occulti sono stati individuati Licio Gelli, il suo sodale Umberto Ortolani, il superpoliziotto Federico Umberto D’Amato e il giornalista Mario Tedeschi, tutti defunti. La tesi è che all’epoca si sia verificata una saldatura tra piduisti ed esponenti delle diverse frange della destra eversiva, alleatesi per proseguire nella «strategia della tensione» inaugurata nel 1969 con la bomba di piazza Fontana. Il magistrato Mario Amato, alla memoria del quale Morando dedica il libro, sarebbe stato assassinato, il 23 giugno 1980, proprio perché stava indagando su questa trama.
Si aggiunge poi alla ricostruzione dei fatti legati alla strage, nel saggio di Morando, la vicenda del tentativo compiuto da Enzo Raisi, ex parlamentare di Alleanza nazionale, per indicare in Mauro Di Vittorio, studente di sinistra e vittima del 2 agosto, colui che avrebbe trasportato l’ordigno. Una tesi inconsistente, ma avallata da Mambro e Fioravanti, che pure con la sorella di Di Vittorio, Anna, e con suo marito Gian Carlo Calidori avevano intrecciato un dialogo amichevole. A tal proposito l’autore parla di «perdono tradito» e non si può certo dargli torto.
Resta invece possibile avanzare qualche dubbio sulla versione dei fatti sostenuta dalle sentenze giudiziarie, già contestate per esempio da Andrea Colombo nel libro Storia nera (Cairo, 2007). Se con la strategia della tensione si voleva addossare all’estrema sinistra o agli anarchici la responsabilità delle bombe, nessun tentativo di questo genere venne messo in atto per la strage di Bologna, addebitata subito ai neofascisti dall’opinione pubblica e dal governo. Più plausibile sembra l’ipotesi di un legame tra l’eccidio di Bologna e il mistero del Dc9 precipitato a Ustica alcune settimane prima.
Inoltre, se gli stragisti vennero generosamente ricompensati da Gelli, come risulta da un documento rivelatore, non si capisce perché i Nar, dopo il 2 agosto, continuarono a compiere rapine per autofinanziarsi. La stessa complicità fra Bellini da una parte, Mambro e Fioravanti dall’altra, che avrebbero partecipato insieme all’attentato, non sembra accertata in modo del tutto convincente. C’è ancora insomma da discutere e investigare: a Morando va riconosciuto il merito di aver fornito ai lettori un valido strumento per orientarsi.