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 2023  febbraio 21 Martedì calendario

Il coniuge è avaro: per la Cassazione è reato

L’ossessione per il risparmio, quando viene imposta al consorte o ad altri componenti della famiglia, diventa un reato: maltrattamenti. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, confermando la condanna di un marito violento, che ha costretto la moglie a subire per anni una condizione di «risparmio domestico» diventata impossibile da sopportare. Per i giudici, l’uomo, residente a Bologna, ha instaurato in casa un clima di sopraffazione, dettato dall’avarizia. I giudici sottolineano un dato: la famiglia non era in difficoltà economiche, visto che entrambi i coniugi avevano uno stipendio. Nonostante questo, l’uomo imponeva alla donna uno stile di vita pieno di sacrifici e limitazioni, anche nelle questioni di ordinaria amministrazione.
Era lui a decidere dove e quando la moglie poteva fare la spesa, obbligandola a scegliere solo negozi «notoriamente a costo contenuto», si legge nelle motivazioni. La donna non poteva comprare prodotti di marca, ma solo quelli «in offerta, sia per la casa che per l’abbigliamento». Ma non è tutto. Le costrizioni riguardavano «anche la vita domestica e le più intime e personali cure per la sua persona». Lei ha infatti raccontato che era costretta a usare «solo due strappi di carta igienica», a recuperare in una bacinella, per il successivo reimpiego, l’acqua utilizzata per lavarsi il viso o per fare la doccia, «che poteva fare solo una volta a settimana». A casa c’era anche l’obbligo di usare una sola posata e un solo piatto per pasto. L’imputato la accusava di trasgredire in continuazione le regole e aveva iniziato a chiamarla «sprecona».
IL CONTROLLO
I giudici sottolineano che si tratta di «comportamenti accompagnati da modalità di controllo particolarmente afflittive, tanto che la donna era costretta a buttare via gli scontrini, a nascondere gli acquisti, a lasciare la spesa a casa dei genitori, a chiedere alle amiche di dire che le avevano regalato qualcosa che aveva acquistato». Per i magistrati la vittima era costretta a subire «un clima di sopraffazione e comportamenti vessatori».
All’inizio il regime di «risparmio domestico» era condiviso dalla donna, o quantomeno tollerato. Poi, però, era «divenuto del tutto insopportabile». Nella sentenza i giudici sottolineano che è vero che «il rapporto matrimoniale impegna ciascuno del coniugi a un progetto di vita che riguarda anche le spese e il risparmio» e che «i coniugi, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, si impegnano a contribuire al bisogno della famiglia». Ed è anche lecito che la coppia stabilisca «uno stile di vita improntato al risparmio, anche rigoroso e non necessitato». Ma non può trattarsi di un’imposizione: «È indiscutibile - si legge ancora nella sentenza - che tale stile di vita debba essere condiviso e non possa essere imposto, men che meno in quelle che sono le minimali e quotidiane esigenze di vita in casa e accudimento personale». Un altro episodio viene considerato emblematico delle violenze: una volta la donna ha gettato un tovagliolino di carta e il marito l’ha presa, portata davanti al secchio dell’immondizia e prelevato il tovagliolino, dicendole: «Questo, vedi, si può utilizzare ancora, si può tagliare addirittura in dieci pezzi».
I TESTIMONI
A descrivere gli insulti, le vessazioni e il controllo ossessivo esercitato dal marito, sono state le amiche e il padre della donna. Hanno ricordato come la vittima «da donna solare, in salute e aperta al futuro, in esito alla convivenza con il marito sia divenuta persona isolata, abbia perso le autonomie personali riducendosi progressivamente a persona affetta da disturbo post traumatico da stress».