il Giornale, 21 febbraio 2023
I Cinque stelle ci sono costati 92 miliardi
Mentre il governo fa i conti con la voragine creata dal superbonus targato M5s, Beppe Grillo torna alla carica con un’altra idea sfascia-conti pubblici, il reddito universale. L’idea gli arriva dalla Catalogna, dove c’è un progetto pilota per sperimentare (ma solo per un periodo di tempo limitato e solo su un campione di 5mila persone sotto i 45mila euro) un reddito di 800 euro al mese per adulto e 300 euro al mese per i minori di 18 anni, «per dimostrare che questa strada, quella del reddito di base universale, è l’unica vera via per porre fine alla povertà e alla precarietà», scrive sul suo blog il comico, che invita l’Italia a «prendere esempio». Un suo vecchio cavallo di battaglia, quello di trasformare lo Stato in un distributore di reddito e gli italiani un popolo di mantenuti dallo Stato. Quel modello catalano (ripetiamo: solo un esperimento molto circoscritto) moltiplicato per gli italiani che dichiarano meno di 45mila euro, costerebbe qualcosa come 30 miliardi di euro l’anno. E chi finanzierebbe questa cifra mostruosa? Grillo non lo specifica, ma in passato aveva indicato in nuove tasse (Iva, altre imposte sulle imprese etc) il modo di finanziare il suo reddito universale. Una valida ricetta per il default. Una specialità, del resto, in casa M5s. Il partito fondato da Grillo si è rivelato, per l’Italia, una vera calamità economica. I grillini hanno governato per cinque anni (prima con la lega, poi con il Pd) e hanno lasciato il segno. Il segno meno. Per la precisione, meno 100 miliardi di euro. Un buco provocato dalle due misure bandiera del M5s, il superbonus e il Reddito di cittadinanza. Due bombe atomiche scagliate nel bilancio pubblico italiano, già messo male di suo anche senza il contributo dei grillini. Con gli effetti nefasti del superbonus se la sta vedendo il governo attuale. La Cgia di Mestre ha calcolato in 71,7 miliardi di euro il costo per lo Stato per il superbonus, che ha interessato solo il 3% degli immobili ad uso abitativo, quindi con un impatto nullo sui consumi energetici ma altissimo sulla spesa pubblica, motivo per il quale l’esecutivo è stato costretto a stoppare tutto il meccanismo che sarebbe diventato ulteriore deficit. A questi 72 miliardi circa si aggiunge l’altro esborso firmato dal Movimento Cinque Stelle, cioè il Reddito di cittadinanza. Anche qui si parla di cifre spaventose. Un report dell’Inps riporta i dati precisi: nei primi tre anni, il Reddito (e la Pensione di Cittadinanza, c’è anche lei) sono stati erogati a 2 milioni di nuclei familiari, per un totale di 4,65 milioni di persone, e per una spesa di quasi 20 miliardi di euro (per l’esattezza 19,83 miliardi). Il 70% di chi prendeva il Rdc all’inizio, lo prende ancora, a tre anni di distanza. Significa che non è servito affatto a reinserire le persone nel mercato del lavoro, ma è stato solo una misura assistenziale. E clientelare, basta vedere la geografia del voto per il M5s e quella del reddito di cittadinanza, sovrapponibili. Infatti la difesa del Rdc è stato il motivo principale della campagna elettorale di Conte, insieme ai «graduidamende» con cui il leader M5s invitava a ristrutturare le case gratis, tanto paga lo Stato. Ecco come si è generata la voragine di 92 miliardi di euro, tra superbonus e assegni di cittadinanza, tutti firmati dal Movimento Cinque Stelle, «graduidamente».