La Stampa, 20 febbraio 2023
Giuseppe De Rita risponde a Benedetta Porcaroli. Dice che se i giovani sono bravi come dicono, dovrebbero dimostrarlo
Se i giovani sono così bravi come sostengono, lo dimostrino. Giuseppe De Rita – sociologo, uno dei fondatori e poi presidente del Censis – risponde all’attrice Benedetta Porcaroli che in un’intervista pubblicata ieri su La Stampa analizzava il difficile rapporto tra giovani e anziani nella società italiana.
Viviamo in una gerontocrazia, questo è un dato di fatto, sostiene l’attrice Benedetta Porcaroli.
«Il problema non è il rapporto fra vecchi e giovani ma chi c’è intorno. Mancano le seconde schiere. A 80 e 90 anni si può ancora girare, se si hanno intorno persone che girano. È lo stesso anche per la presidente del Consiglio: gira bene ed è giovane, ma sono quelli che stanno intorno a lei che possono creare problemi».
Quindi non è una questione di età ma di organizzazione del potere?
«Al potere manca effettivamente una generazione. È saltata quella di chi ha tra i 50 e i 60 anni. Non hanno avuto la forza o l’opportunità di creare un’oligarchia di potere. Però il problema è un altro».
Quale?
«L’Italia è un Paese policentrico, ha bisogno di un potere che faccia sintesi e crei posizioni intermedie. Se mancano le posizioni intermedie, il potere resta isolato, si svuota, e mette in difficoltà anche chi è bravo. Si può provare a compensare questo vuoto con una buona campagna di opinione o attraverso le caratteristiche umane delle persone, ma per gestire il potere non basta l’emotività».
Insomma i leader soli al comando non funzionano?
«Abbiamo avuto un presidente del Consiglio come Matteo Renzi che aveva fatto molto bene il suo mestiere di sindaco e di presidente della Provincia, poi si è fatto prendere da una smania di protagonismo: ha pensato che bastasse il carisma e ha sbagliato».
E i boomer dove hanno sbagliato?
«La maggior parte di coloro che non hanno sfondato hanno sopravvalutato la politica. Si sono lanciati tutti sul vertice, hanno creato i partiti personali. La personalizzazione è un errore. La mia generazione non ha mai fatto valutazioni personali e non si è mai innamorata tanto di sé stessa da dire “faccio tutto io”. Siamo stati in seconda linea, eravamo nascosti, e intanto ci siamo formati».
Che devono fare i giovani per farsi strada nella gerontocrazia italiana?
«Se la generazione dei giovani fosse intelligente come la mia, invece di andare alla ricerca del potere alto e di fare politica con l’obiettivo di vincere le elezioni, dovrebbe avere la modestia di occuparsi della dimensione intermedia del potere, coltivando la cultura sindacale, l’amministrazione locale. In Italia, invece, domina il meccanismo perverso che verticalizza tutto e impedisce che si crei una classe dirigente».
Le parole di Benedetta Porcaroli non sono riferite solo alla politica e al potere, ma anche ad altri settori come lo spettacolo.
«Il discorso è valido ovunque ci sia la tendenza a dare rilievo al potere di vertice».
Tra i giovani ci sono tanti talenti, sostiene ancora Benedetta Porcaroli. Devono sistemare molte cose – ad esempio salvare il pianeta – ma ce la faranno perché sono bravi.
«Lo dimostrino, allora. Non bisogna volere essere bravi, non è questo che conta. Conta la cultura del potere che purtroppo manca. L’esempio è Greta Thunberg. Dopo di lei che cosa è successo? Ci sarebbe stato bisogno di persone della sua generazione in grado di fare una politica dell’ambiente, ma non ci sono. È accaduto lo stesso con i virologi, professionisti seri, preparati, competenti, ma per gestire il potere è necessario avere il senso della complessità. Chi ha amministrato il potere ai tempi della Democrazia Cristiana o del Partito Comunista sotto i vertici aveva sindacati, associazioni, maestri cattolici, giuristi democratici, una dimensione intermedia che era classe dirigente e permetteva ai politici di fare una politica complessa». —