la Repubblica, 20 febbraio 2023
Intervista a Zerocalcare
«Rega’ non è questione di soldi: io so’ tirchio ma m’è capitato milioni di volte di dare i soldi agli amici mia, e quando m’è servito li hanno prestati a me. Tra amici ci si aiuta è normale. Ma come se fa quando c’hai la sensazione che uno te sta raccontando un sacco di cazzate e te sta a fa’ la figura del cojone?», dice Zerocalcare interpretando sé stesso che si è fatto convincere a prestare dei soldi a Cesare, il protagonista della nuova, attesissima serie che vedremo prossimamente su Netflix (la data definitiva non è ancora stata stabilita).Nel frattempo, nel mondo reale, Zero sta cercando di ammazzarsi ondeggiando suuna specie di pedana da rischia più volte di cadere.
Siamo nella stanzetta buia in un luogo in periferia di Roma dove sta finendo i doppiaggi insieme a Valerio Mastrandrea che è appena arrivato: «Vedi», dice rivolto a me, «io vengo qua che non so un cazzo, leggo, se divertimo, dico cazzate, poi dimentico e mi godo la serie. La mia parte è questa. Ma ci tengo a dire che il mio non è rifiuto: è un metodo. Che comincio ad applicare anche ai film, e forse questo potrebbe creare un po’ di problemi (ride)». Poi, dopo aver ascoltato lo spezzone video su cui lavorare, rivolto a Calcare: «A quel punto là quando dici “’Na piotta”, poi forse potresti pure metterci “’sto cazzo!” che magari diventa una di quelle cose tue no? Che ci vanno a rota tipo cinquanta nerd e pe’ tre anni fannoun gruppo suFacebook “Trova il messaggio subliminale di Zerocalcare”». E ancora: «Quando c’è questa cosa dello zucchero posso aggiungere “de canna”: t’attacchi al bio capito? Che se no vedo già il titolo, colonnino di destra diRepubblica :“Zerocalcare contro il bio” (ride)». La coppia funziona alla grande: anche solo vederli interagire è già un film.
L’animazione della nuova serie è stupenda e la storia sembra ancora meglio di quella che abbiamo visto nelle prima: «A differenza diStrappare lungo i bordigli episodi non durano 15 minuti ma sono puntate da30 minuti l’una con una trama orizzontale, coesa», spiega Zerocalcare sempre dondolandosi sotto gli occhi perplessi di Mastandrea: «Ma che vai sullo skate?». Zero: «Magari me rompo qualcosa e così vado a riposa’ a Bordeaux». I tempi di realizzazione sono stati piuttosti veloci visto che la prima puntata della serie precedente era stata trasmessa il 17 novembre del 2021. «Sempre “se” lo finiremo», puntualizza Zerocalcare calcando molto la voce sul “se”.
Ci hanno lavorato in tanti ?
«Almeno duecento persone».
Dirette da te?
«No, ma che? Io non ho diretto niente, non so’ capace: faccio la mia parte da solo e poi guardo le cose fatte da chi le sa fare. Ogni tanto correggo qualche errore con una mail con quaranta righe di scuse prima di dire quello che vorrei cambiare».
Non è facile la vita per chi non ama il potere e le gerarchie...
«Ecco: io non so’ proprio la persona».
Il titolo è “Questo mondo non mi renderà cattivo”. C’è un riferimento al film di Claudio Caligari “Non essere cattivo” di cui Mastandrea è stato produttore?
«In realtà no. È il titolo di una canzone di un cantautore romano, anzi di Anguillara, che si chiama Path e fa parte del giro punk e dintorni».
E io che pensavo che tu già con “Annamo a pija’ il gelato” facessi una citazione di “Amore Tossico” di Caligari che iniziava con la scena del gelato a sua volta poi ripresa all’inizio di “Non essere cattivo”…
«Non ci ho mai pensato ma adesso che l’hai detto mi sa che me la posso rivendere anche così nelle prossime interviste (ride)».
Gran bel film tra l’altro.
«Per me il più bello degli ultimi anni».
Ma come vi siete conosciuti con Mastandrea?
«Per via degli stessi ambientifrequentati, abbiamo un sacco di amici in comune. Una volta s’è preso una denuncia al posto di alcuni di noi andando lui a parlare con la polizia per una scritta».
Qui fa sempre l’Armadillo?
«Sì, è un po’ il contraltare delle pippe mentali mie».
Mi sembra che siateaffiatatissimi.
«In effetti lui nel corso degli anni ha avuto un po’ il ruolo dell’armadillo: è passato una decina di anni prima di me attraverso una serie di cose a cui io poi sono arrivato dopo in termini di dubbi, di patemi, cose così…».
Torniamo al titolo: cosa significa?
«Parla della difficoltà di trovare un posto nel mondo e di rimanere sé stessi in mezzo a quelle che sono le traversie della vita»
Cosa si può dire della trama?
«Parla di Cesare,un vecchio amico che non vedevo da tanti anni che ritorna nel quartiere e deve affrontare un mondo che non lo riconosce più e che in cui non ha più punti di riferimento. Poi non vorrei andare proprio sullo spoiler...».
Ma la gente non è troppo in fissa con ’sta cosa degli spoiler?
«Io sono un rosicone, è vero. Però devo anche dire che ho delle lesioni permanenti della memoria perché ho preso un sacco di calci in testa da ragazzino e questo fa sì che mi scordi tantissime cose e quindi gli spoiler capace che due giorni dopo me li sono dimenticati».
Ma è per la storia dei fascisti che ti picchiarono da giovanissimo a Bologna solo perché avevi la tua famosa cresta rossa?
«Beh sì. Ho avuto un anno di amnesia, i denti rotti, non è stato bello».
Ma quando nella storia dici “Io so’ tirchio” è perché è vero?
«Io sono tirchio con me stesso, non con gli altri, nel senso che se un amico mio mi chiede qualcosa sono molto generoso. Per me invece risparmio ogni centesimo, tipo comprarmi delle scarpe di merda che dopo tre giorni mi fanno dei danni permanenti alla schiena per non spendere 10 euro in più».
C’è anche un momento in cui litighi con Secco.
«Ci sono stati momenti in cui si litiga, non ci si sente, è ovvio. È in questa serie la sua presenza è importante».
C’è qualche nuovo tormentone tipo “Annamo a pija il gelato”?
«Mah forse sì, un paio di cose potrebbero esserci, anche se quellodel gelato è stato totalmente involontario e pure io non l’ho mica capito perché è piaciuto così».
Riesci a veicolare anche la tua parte più politica con la tv?
«Credo che sì, ci saranno un po’ di temi, diciamo “divisivi” (ride)».
Hai anche tenuto molto in considerazione i suggerimenti di non usare il romanesco…
«Certo: adesso è doppiato in italiano perfetto infatti (ride)».
E a fare il doppiaggio come hai imparato?
«Non è che sono un doppiatore, non sarei mai in grado di leggere il testo di un altro: faccio le vocette sceme che si fanno a scuola quando si imitano le persone. In questa serie comunque ci sono dei momenti narrativi in cui ci sono anche altri altri doppiatori oltre a me e a Valerio».
Perché sei passato dal fumetto al cartone animato? Ti eri stancato?
«Sì ero stufo perché faccio un vita iper-ripetitiva: ho fatto fumetti per dieci anni praticamente senza giorni off, disegnando sempre le stesse cose. Cioè, ci sono dei momenti in cui devi per forza cambiare altrimenti ti ammazzi (ride)».
Quindi poi magari quando ti stanchi dei cartoni farai un film.
«Vediamo intanto come va ’sta cosa».