Corriere della Sera, 20 febbraio 2023
Intervista a Valerio Staffelli
Ventisette edizioni da Tapiroforo. La vita-delivery di Valerio Staffelli, milanese, classe 1963, incomincia nel 1997. Lui è il Glovo di Antonio Ricci, l’addetto alla consegna del mammifero sudamericano costruito in resina pitturato di giallo: il Tapiro d’oro. Che, come ha spiegato l’inventore di Striscia la notizia, «è la trasposizione dell’idolatrato Vitello d’oro». Nasce dunque come idolo che, causa crisi delle vocazioni, oggi è venerato in uno dei tanti santuari laici che abbiamo eletto a nostra guida: la televisione.Il primo tapiro non si scorda mai. A chi l’ha consegnato?
«Vuol ridere? Non me lo ricordo più, forse a Baudo, forse a qualcun altro. Dopo oltre 2000 servizi è facile dimenticarlo...».
Per la cronaca fu a Giancarlo Magalli dopo che i vertici Rai gli negarono la conduzione di «Domenica in». Come arrivò a «Striscia»?
«A remi! La Portaerei della flotta Mediaset era in rada ed io mi sono avvicinato come un guastatore della Marina, sono salito a bordo e mi sono proposto all’Ammiraglio in persona, Antonio Ricci».
Bell’immagine. Più prosaicamente?
«In quel periodo c’era un inviato che faceva il pazzerello e se ne era andato, allora dopo due chiacchiere Antonio mi disse: “Ok, proviamo”. Mentre lo salutavo sperando in una chiamata a breve lui aggiunse: “Cosa hai capito? Parti subito per Roma, poi ti dirò cosa faremo”. La mattina del giorno seguente ero sotto casa dell’allora presidente della Rai Enzo Siciliano che quando mi vide non disse una parola, non considerò le mie domande e partì come un fulmine verso viale Mazzini. Unico dettaglio, alquanto doloroso, aveva chiuso la mia mano nella portiera della macchina blindata. Io ululai come un coyote, sino a quando non si fermò e mi restituì l’arto. Questo fu il mio battesimo durante l’edizione di Striscia 1996/97».
Il Tapiro più difficile?
«A Balotelli in Gran Bretagna. Già la guida a sinistra aveva capovolto le cose, poi lui andava alla velocità della luce con una macchina tutta mimetica, ogni volta che usciva dall’allenamento facevo delle corse pazze per raggiungerlo. Poi però riuscimmo a “premiarlo” in un ristorante cinese di Manchester. Ovviamente con rissa finale, ma non tanto con Mario e i suoi amici, quanto con i cinesi del locale che non avevano capito cosa stesse succedendo».
Il Tapiro più amaro?
«Il più “doloroso” forse, quello a Fabrizio Del Noce, allora direttore di Rai1, la frattura del setto nasale fa davvero male. Un altro è il Tapiro a Scalfaro, scoprimmo che voleva approfittare della sua posizione di politico di rilievo per far avere l’auto blu anche alla figlia. Fece scatenare una rissa spaventosa per evitare il Tapiro, facendo malmenare anche una ragazza della troupe».
Anche Mike Bongiorno non la prese bene...
«Nemmeno Ricci quando seppe che Mike si era arrabbiato e non aveva capito l’ironia della consegna, ma poi quando vide il filmato Antonio mi chiamò ridendo: “Molto divertente”».
Sgarbi si insgarbì...
«Vittorio era una furia, me lo ruppe in testa provocandomi un trauma cranico. Poi un mese dopo lo rividi a Radio24, mi abbracciò e mi disse che era per far spettacolo».
Bel modo di fare spettacolo... Forse era lo stesso slancio che animava Del Noce quando le ruppe il naso con il microfono. Vi siete rivisti?
«Dopo 13 anni di processo era ancora convinto di vincere, me lo aveva anche detto una volta quando lo incontrai casualmente in giro per Roma. Invece ha fatto una figura barbina, perché ha perso la causa».
Anche l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio fu poco diplomatico...
«Disse alla scorta: “Dategli un po’ di botte così si leva di torno”. Rimanemmo tutti senza parole, sia io sia i suoi uomini, lui non pago replicò l’ordine. Fortunatamente ci fu solo qualche strattonamento».
Tra i calciatori chi il più sportivo e chi il più rosicone nel riceverlo?
«Il più sportivo è stato Ibra, molto ironico. Il più simpatico senza dubbio Antonio Cassano. Il più rosicone Maldini sia da calciatore sia da ex».
E tra i cantanti?
«Gianni Morandi, sempre ironico e gentile; il più rosicone Grignani».
Il più gongolante?
«Di solito il politico, spera di usare il pulpito di Striscia per fare campagna elettorale, ma poi le cose non vanno proprio così».
Belén è più attapirata perché la sua bellezza ed esposizione mediatica aiutano gli ascolti?
«No, è pluridecorata perché ne combina di tutti i colori tra matrimoni, separazioni e gaffes».
Cosa risponde a chi l’aveva accusata di sessismo per il tapiro ad Ambra?
«Vuol dire che non ha visto il servizio. Io ho chiesto ad Ambra cosa fosse successo, non l’ho presa in giro, anzi... Quello che è accaduto dopo la consegna non mi è piaciuto, lei – che aveva scherzato durante il servizio – avrebbe dovuto spiegare e calmare le acque, invece ha lasciato montare la situazione».
Confessi: mai esagerato, mai ecceduto in «molestie» per strada?
«Molestie? Facciamo satira, insinuiamo il dubbio, non arriviamo con la verità in tasca, scherziamo su quello che la gente combina nella vita, tutto qui».
Qualcuno si propone per ricevere il Tapiro?
«La verità è che lo vorrebbero tutti. Una volta Prodi dopo la consegna mi chiese se poteva averne un altro: “Uno per la casa di Bologna e uno per quella di Roma”».
Lei quando si attapira?
«Quando non riesco a fare la consegna».
Chi la mette in difficoltà?
«Mia moglie quando non faccio ciò che vuole. È sempre una bella battaglia, ma stiamo insieme da più di 30 anni».
Mai pensato di cambiare mestiere?
«Difficile trovare qualcosa di così adrenalinico come Striscia, adesso poi che possiamo anche documentare furti e borseggi uniamo l’utile al dilettevole. Quando poi Antonio mi pensionerà, allora mi porrò il problema».
La pagano per ogni Tapiro che consegna o ha un fisso?
«Mi pagano in tapiri oramai da un decennio...».
E invece lei quando avrebbe meritato di ricevere un Tapiro?
«Bella domanda, chieda ai miei figli».
Che adolescente è stato?
«Sono nato a Milano e cresciuto a Sesto San Giovanni, città variegata e pericolosa negli anni 70. Fortunatamente il mio amore per lo sport mi ha sempre tenuto lontano dai guai».
La scuola? Pigro o secchione?
«La frase classica era: Valerio è un ragazzo sveglio ma si applica poco e vuol far ridere i compagni, ma qui non siamo al cabaret».
I suoi genitori cose le hanno insegnato?
«Mio padre era un commerciante di tessuti e mia madre di abbigliamento, avevano due negozi nella “Stalingrado d’Italia”. Hanno sempre incentivato la mia passione per il mondo dello spettacolo ed è stata proprio mia madre a dare il via alla mia carriera, quando a 14 anni mi presentò al proprietario di una radio privata. È iniziato tutto da lì».
Arrivò a «Striscia» nel 1997, a 34 anni: prima cosa faceva?
«Durante la gavetta ero disponibile a tutto: radio private, cinema, televisione. In tv ho lavorato con personaggi come Abatantuono e Smaila con cui poi è nata una bella amicizia».
Com’è Abatantuono?
«Diego è mio fratello maggiore, ho passato i primi anni di questo lavoro con lui, prodigo di consigli, è una bella persona dalla testa ai piedi. Ama mangiare e bere bene come me e filosofeggia ironicamente sulle stranezze di chi ci circonda, una serata con lui è sempre top».
E Antonio Ricci?
«È un mattacchione, uno che ancora si diverte a fare questo mestiere, oltre che un formidabile autore. In 27 stagioni con lui non mi sono mai annoiato».
Con Fiorello fate le vacanze insieme, siete amici, com’è nel privato?
«Rosario è un fuoriclasse, dovremmo vederlo su Rai1 il più possibile, è patrimonio dell’Unesco, va protetto! Nel privato è uno che si sveglia presto come me, in vacanza quando le nostre famiglie dormivano, noi facevamo sport e poi andavamo a fare la spesa al supermercato, come due casalinghe».
Da dove le viene la faccia tosta?
«Dalle mie origini partenopee, sono mezzosangue napoletano, da parte di padre; quella è la ricetta».
Il lusso che si concede?
«Ogni tanto vado a mangiare nei ristoranti stellati con mia moglie».
La cosa più trasgressiva che ha fatto?
«Accettare di vestirmi da donna barbuta per la pubblicità dei 30 anni di Striscia. Antonio pensava che mi imbarazzasse ed invece l’ho sorpreso».
C’è un giorno della sua vita che vorrebbe rivivere?
«Quando ho giocato a San Siro al centenario del Milan, alla destra del mio mito calcistico Franco Baresi, 65.000 persone intorno e in campo solo giocatori che avevano vestito i colori rossoneri. Un altro giorno indimenticabile è stato quando ho girato in moto su pista da solo con Valentino Rossi».
L’incubo?
«Arrivare vicino a un attapirato e non avere il Tapiro nella borsa. Accadde veramente, me la cavai con un consiglio di Ricci che mi disse: “Disegnalo su un foglio, vedrai che andrà bene lo stesso”. E così fu».