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 2023  febbraio 20 Lunedì calendario

Come ripulirsi la reputazione online

In un’epoca storica in cui dal web passa ogni angolo della nostra vita, ripulire la reputazione digitale da notizie e articoli poco lusinghieri è diventato ormai un imperativo per privati e aziende. Un imperativo che nel tempo è sfociato in un business fiorente. Oggi anche il diritto all’oblio ha un prezzo e a dettarlo è Eliminalia, un’azienda spagnola che, dietro un corrispettivo che va da un minimo di 5mila a diverse centinaia di migliaia di euro, promette di cancellare per sempre da Internet tutte le notizie sgradite ai suoi clienti.
«Eliminiamo il tuo passato», si legge in calce sul sito della multinazionale che oggi ha sedi anche in Italia, Svizzera, Est Europa e America, e che tra il 2015 e il 2021 ha lavorato per oltre 1.500 clienti. In molti si sono rivolti nel corso degli anni all’azienda perché volevano che il loro passato smettesse di perseguitarli online, dove il loro nome grazie principalmente ai sistemi di indicizzazione su cui si appoggiano i motori di ricerca veniva inevitabilmente associato a crimini, fatti di cronaca o altri episodi imbarazzanti avvenuti in passato.
Un modo per fare tabula rasa sfruttando, spiega l’azienda sul suo sito web, proprio quel diritto all’oblio contenuto nel Regolamento per la protezione dati dell’Ue (Gdpr). Perché se è vero che il web difficilmente dimentica, è altrettanto vero che oggi il Gdpr consente a chi ha precedenti penali di richiedere la rimozione dei riferimenti alle loro condanne quando si può ragionevolmente affermare che si sono lasciati il loro passato criminale alle spalle.
RIVELAZIONI
Ma le recenti inchieste del Guardian, di RTS (l’azienda radiotelevisiva pubblica svizzera) e della no profit francese Forbidden Stories hanno portato alla luce oltre 50mila file della multinazionale spagnola contenenti contratti, screenshot e scambi di email che mettono in evidenza un modus operandi tutt’altro che trasparente. Per i casi meno complessi, Eliminalia userebbe la tecnica del cosiddetto “annegamento": appoggiandosi a più di 600 falsi media che pubblicano migliaia di articoli positivi sui clienti, l’azienda riuscirebbe a manipolare la visibilità dei contenuti su una pagina web, seppellendo gli articoli meno lusinghieri sotto un diluvio di storielle più leggere che parlano di chihuaha, Formula 1 e calcio. La notizia cioè non viene “cancellata”, ma nascosta dalla prima pagina dei risultati di ricerca Google, oggi fonte principale di informazione per l’85% degli utenti mobile e il 92% di quelli desktop. Una pagina che si posiziona al primo posto su Google ottiene generalmente il 31,7% del traffico totale: da un punto di vista pubblicitario – e quindi anche di reputazione – la prima pagina di Google perciò è fondamentale. E per rimescolare i risultati c’è chi è disposto allora a giocare sporco.
LE TECNICHE
Tra le tecniche impiegate da Eliminalia per manipolare la home di Google ci sarebbero, emerge sempre dall’inchiesta, anche il furto d’identità e la presentazione di falsi reclami per violazione di copyright. Abusando del sistema di dichiarazione del copyright istituito da Google, l’azienda avrebbe creato copie di articoli negativi sui clienti, retrodatandole e sporgendo poi denuncia al colosso di Mountain View. Solo in Italia, sono state depositate nell’ultimo anno presso i server di Google centinaia di richieste di rimozione di articoli da utenti che si spacciavano per impiegati di grossi gruppi editoriali.
IL BUSINESS
Parte così il nuovo business della damnatio memoriae, in un’epoca in cui la e-reputation è diventata il nuovo imperativo del fare affari fuori e dentro il web. In seguito all’intervento di Eliminalia, migliaia di inchieste giornalistiche in tutto il mondo sono state cancellate o rese invisibili su Internet, fa sapere l’azienda radiotelevisiva svizzera. Ma secondo l’avvocato Sébastien Fanti, sentito sempre da RTS, non si può parlare di diritto all’oblio perché Eliminalia «cancella il lavoro investigativo dei giornalisti, cancella la verità».
Molti giganti dell’hi-tech, tra cui Google, richiedono a chi denuncia una violazione di copyright di affermare che sta dicendo la verità. Ma non serve alcuna prova, basta semplicemente spuntare una casella. A riprova di quanto sia diventato facile oggi manipolare il web. Eliminalia da gennaio, secondo il Guardian, si è reinventata come “Idata Protection” e del suo fondatore, Diego “Didac” Sanchez, si fatica a tenere le tracce. Di lui il web conserva però buona memoria, lasciandoci alcuni brevi articoli sensazionalistici che parlano dei suoi «eccellenti e rivoluzionari» successi imprenditoriali.