Il Messaggero, 19 febbraio 2023
Le lettere di Alberto Sordi
Alberto e il suo popolo. Fan di ogni età, provenienza, condizione sociale, professione. Sconosciuti, personaggi famosi, politici, perfino capi di Stato. Tutti ugualmente adoranti, tutti inguaribilmente grafomani, per oltre mezzo secolo hanno inondato Sordi di lettere, messaggi, biglietti, cartoline, telegrammi. E ora, in occasione del ventennale della morte del grande attore (cade il 24 febbraio), in attesa della statua di Albertone che sarà posta nel V Municipio, la Fondazione Museo Alberto Sordi ha pubblicato una parte degli scritti scrupolosamente custoditi nella casa dell’attore a Caracalla, destinata a diventare un museo. «Il suo archivio personale ne contiene a migliaia, noi ne abbiamo pubblicata una selezione», spiegano Italo Ormanni e Giambattista Faralli, rispettivamente presidente e vicepresidente della Fondazione. Il libro, diverso da tutti quelli finora scritti sul re della commedia italiana e a suo modo estremamente illuminante, s’intitola Caro Alberto - le lettere ritrovate nell’Archivio Sordi, a cura di Alberto Crespi, prefazioni di Walter Veltroni e Carlo Verdone (Laterza, 223 pagine, 25 euro, in libreria).
COLLEZIONE
Si tratta di una sorprendente collezione di testimonianze che grondano affetto, ammirazione, riconoscenza, amore per Roma. Ma in molti casi anche confidenze, richieste di consigli, sfoghi personali da parte di quello sterminato pubblico - sconosciuti e vip accomunati dall’identica devozione - a cui Sordi aveva dedicato la carriera e la vita stessa, rinunciando a sposarsi e a creare una famiglia che lo avrebbe fatalmente distolto dal lavoro. E loro, i fan, lo ripagano considerandolo molto più di un grande attore che ha avuto il merito di rallegrare la loro vita quotidiana: «Difficile dare del lei a una persona che consideri non un amico ma il parente più prossimo», scrive Fabrizio da Savona, mentre Mariagioia da Volano sintetizza mirabilmente l’universalità dell’arte dell’attore: «Più di ogni altro tu rappresenti un pezzettino di noi». Massimo, dipendente di un grande ospedale di Roma, confessa invece: «Spesso vengo con mia figlia davanti al cancello della tua abitazione con la speranza che un giorno si avveri il Miracolo di incontrarti». E il Miracolo (sempre con la maiuscola) avviene: Alberto lo chiama a sorpresa, una sera, per chiacchierare una buona mezz’ora con lui che rimane tramortito dall’emozione.
Ci sono poi i personaggi famosi: fanno gli auguri a Sordi tre Presidenti della Repubblica (Leone, Scalfaro, Ciampi), Andreotti che con l’attore mantenne sempre un’amicizia inossidabile al punto di interpretare sé stesso nel suo film Il Tassinaro, Berlusconi che nel 2000 comparve a sorpresa alla festa per gli 80 anni di Alberto organizzata dall’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli, la storica partner Monica Vitti che si profonde in scuse per non aver potuto partecipare al compleanno del collega («sono dispiaciutissima e ci ho anche pianto»). Tra gli autori delle lettere ci sono infine gli orfani che, sopraffatti dall’incredulità e dal dolore, prendono carta e penna quando si sparge la notizia della morte di Sordi: «Sor Marchese, ma che scherzo è?», scrive sbigottita Roberta mentre Mario, Fabrizio, Gianluca, Vincenzo, Stefano si rassegnano: «E ora c’è rimasto solo er Colosseo». Erano sicuramente anche loro tra i 300mila che in piazza San Giovanni resero omaggio al più grande attore romano della storia, personificazione stessa della romanità.
UMORISMO
«Sordi non ha solo incarnato ma anche plasmato il carattere profondo e l’umorismo fulminante di un popolo», scrive nella prefazione del libro Walter Veltroni, all’epoca sindaco della Capitale travolta dalle manifestazioni di affetto per l’attore scomparso. «Ettore Petrolini cantò l’anima di Roma: tu, Alberto, l’hai rappresentata», conferma un biglietto anonimo recapitato a casa Sordi. «Roma non dimentica», scrivono Alessio e Fabrizio. Nel suo intervento, Carlo Verdone parla di «identificazione calda e positiva» e dal popolo di Alberto arriva la riprova: «Roma è triste senza il tuo sorriso», «Roma ha perso un simbolo e il cielo ha acquistato una stella». Un certo Fabio di Monterotondo definisce poi Sordi «il padre di tutti noi» e, mentre insieme all’Italia intera piange il suo idolo, promette l’abiura estrema per amore dell’attore, notoriamente di incrollabile fede giallorossa: «Io so’ della Lazio, ognuno ci ha i difetti suoi, e ora quasi quasi so’ tentato de diventa’ della Roma».