Il Messaggero, 19 febbraio 2023
Giorgia Meloni guarda all’India
Allentare il cordone finanziario e diplomatico con la Cina. Accorciare nel frattempo le distanze con l’India. Può sembrare una suggestione, niente più. E invece così non è. Nella maggioranza, tra chi si occupa di diplomazia, c’è chi l’ha ribattezzata «la Via del cotone». Giorgia Meloni vede nel Paese di Narendra Modi un’occasione politica.
IL NODO CINESE
A dieci mesi dal rinnovo automatico degli accordi per la Via della Seta sottoscritti dal governo Conte-uno nel 2019, tra fulmini e saette della diplomazia americana per nulla entusiasta degli investimenti cinesi nei porti, nelle telecomunicazioni e nella finanza italiana, per il governo Meloni tessere i rapporti con il gigante indiano può offrire una via d’uscita. Con il presidente conservatore Modi la premier italiana ha avuto uno dei suoi primi bilaterali. A Bali, all’esordio G20, il faccia a faccia è andato bene oltre il previsto. E presto potrebbe arrivare un bis. Quando? C’è una finestra a inizio marzo, a margine dei “Raisina Dialogue 2023”, la kermesse geopolitica di Modi. Qui gli sherpa di Palazzo Chigi avevano previsto un nuovo bilaterale con il presidente indiano, tappa di un tour che potrebbe precedere una visita di una notte e due giorni ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Si vedrà. Potrebbe accompagnarla il ministro della Difesa Guido Crosetto, in rappresentanza del comparto che fa da traino ai rapporti bilaterali. Non a caso da una settimana è in missione a nuova Dehli il sottosegretario alla Difesa delegato al quadrante indiano, Matteo Perego di Cremnago. Una girandola di incontri di livello – l’occasione è lo Speed MOD Conclave di Bangalore in coincidenza con il Salone Aero India 2023, quasi 800 le aziende presenti – dal ministro della Difesa indiano Rajnath Singh al Capo di Stato maggiore Anil Cluhan. Sul tavolo la predisposizione del Piano di Cooperazione 2023, il vademecum per le intese nel settore Difesa tra Roma e Nuova Dehli.
LA RETE INDIANA
Passata la tempesta diplomatica per il caso Marò e chiuse le altre controversie giudiziarie – è di fine 2021 la decisione del governo indiano di rimuovere il bando dal mercato di Leonardo dopo la vicenda Agusta Westland – la strada dei rapporti bilaterali ha iniziato a farsi in discesa. I numeri lo dimostrano: 14 miliardi di interscambio, crescita di più del 20% dell’export italiano nel 2022. Ma da soli non bastano. L’India non è solo il secondo mercato asiatico, è anche un partner strategico. Non allineata – Modi e Putin si parlano e si cercano, anche se il governo indiano ha più volte manifestato insofferenza per la guerra in Ucraina – agli occhi della diplomazia americana l’India, membro a pieno titolo dell’alleanza militare Quad (con Usa, Australia e Giappone), attuale presidente del G20, è vista come un’alternativa valida al dominio asiatico cinese. Vale anche per l’Italia, il primo Paese G7 a rompere i ranghi sottoscrivendo la Belt and Road Initiative, il mastodontico piano di investimenti e prestiti (a caro prezzo) da dieci anni bussola della diplomazia di Pechino. A questo piano l’Ue ha contrapposto l’iniziativa Global Gateway – un piano da 300 miliardi di euro in investimenti infrastrutturali nei Paesi in via di sviluppo – e al tavolo ha invitato, non a caso, la stessa India di Modi. Insomma, la scommessa politica dell’attuale governo italiano – che come preannunciato dalla stessa Meloni vorrà essere più presente nel quadrante Indo-Pacifico – sui rapporti con l’India ha ragioni che vanno ben oltre il business as usual.