Corriere della Sera, 19 febbraio 2023
La biblioteca di Matteo Messina Denaro
Il capomafia è un appassionato di biografie. Da Putin a Hitler, come abbiamo saputo subito dopo il suo arresto, ma anche di Pablo Escobar, André Agassi, Fabrizio Corona e altri nomi più o meno famosi. I libri che narrano le loro storie erano ordinatamente riposti nella piccola biblioteca di Matteo Messina Denaro, sulle due mensole dell’ingresso-soggiorno vicino alla tv, dove guardava i film (soprattutto di guerra e d’azione, ma anche qualche commedia) di una cineteca composta da oltre 200 titoli.
Tutto conservato nella casa di Campobello di Mazara, abitata fino al giorno della sua cattura. Accanto alle biografie, romanzi, gialli storici, raccolte di poesie e altri generi letterari, qualche testo di filosofia; edizioni per lo più commerciali, di quelle che si trovano anche in edicola o sugli scaffali dei supermercati, ma sintomo di interessi particolari. E chissà se leggendo le gesta di personaggi storici o comunque iconici delle rispettive epoche, il boss di Cosa nostra abbia cercato o trovato qualche aggancio con le proprie peripezie, criminali e personali; un uomo che ha vissuto metà della vita da rampollo di famiglia mafiosa, diviso tra affari, svaghi e omicidi, e l’altra metà da latitante, scalando la classifica dei ricercati fino a diventare il numero uno. Catturato a un tiro di schioppo da casa. E ora chiuso al «carcere duro», con il dubbio di cosa dire ai magistrati a caccia dei segreti che ancora custodisce.
I personaggi
Un’esistenza da romanzo, la sua, in parte ricostruita in qualche volume già in commercio, che però Matteo Messina Denaro non aveva. Nella libreria personale c’era invece Pablo Escobar. Il padrone del male, reclamizzato in copertina come «la vera storia del più grande narcotrafficante del mondo raccontata da suo figlio». Ma quella del «re della droga» colombiano non è l’unica biografia criminale ad aver appassionato il boss di Castelvetrano. Risalendo indietro nel tempo ecco il romanzo dello scrittore francese Olivier Guez, La scomparsa di Josef Mengele, dove si descrive la fuga in Argentina e la vita nascosta del medico divenuto l’ingegnere della selezione nazista della razza, che usava come cavie i deportati nei campi di concentramento tedesco, sfuggito alla cattura e ai processi. Forse quello che immaginava Messina Denaro per sé.
Sulla scrivania in camera da letto, i carabinieri del Ros hanno trovato pure I figli venuti male, storia di Andrea Ghira, uno dei «massacratori del Circeo», cresciuto nella Roma bene degli anni Settanta, tra militanza neofascista e vizi borghesi, narrata dal fratello Filippo. E poi ancora la difficile strada del successo ripercorsa dal tennista Agassi in Open, nonché le memorie travagliate di un irregolare senza scrupoli che Fabrizio Corona si è attribuito in Non mi avete fatto niente. O L’altra verità, diario della drammatica esperienza in manicomio vissuta dalla poetessa Alda Merini.
Di tutt’altro genere, ma ugualmente interessante per l’ex «primula rossa» di Cosa nostra, l’autobiografia di Ljuba Rizzoli, già moglie di un petroliere e di un cineasta, frequentatrice di Onassis, Agnelli e molto altro jet set, una vita vissuta fra «diamanti, amori, casinò e un dolore che non finisce mai», quello per la morte della figlia, come recita il sottotitolo del libro Io brillo riposto sulla mensola sopra la tv. Accanto a La stanza numero 30 in cui Ilda Boccassini racconta la propria esperienza di magistrata amica di Giovanni Falcone, che dopo la strage di Capaci volò in Sicilia per snidare i mafiosi che fecero scoppiare la bomba. Tra loro c’era pure Matteo Messina Denaro, secondo la sentenza di condanna in primo grado ora al vaglio dei giudici d’appello, di fronte ai quali il boss non è voluto comparire all’indomani del suo arresto. Tuttavia la storia di «Ilda la rossa», che nelle sue indagini ha incontrato anche il capomafia di Castelvetrano, evidentemente lo attirava. Come quella di Putin ricostruita da Nicolai Lilin nel suo L’ultimo zar, appoggiato sulla scrivania insieme al libro su Ghira. Ma dello scrittore di origini moldavo-siberiane, «l’ultimo padrino» aveva anche un romanzo, Spy story love story, con protagonista un giovane killer su commissione al quale piace rifugiarsi nei romanzi.
I romanzi
La narrativa è la via a cui Messina Denaro s’è avvicinato a Hitler, attraverso le pagine de Le assaggiatrici, bellissima storia di una donna al servizio della sicurezza del fuhrer con cui Rosella Postorino ha vinto il premio Campiello; dalle pagine di L’ho sempre saputo, invece, ha potuto conoscere la visione del mondo dell’ex brigatista rossa Barbara Balzerani, tra i condannati per il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, svelata dai dialoghi fra due donne chiuse in carcere: una realtà che l’autrice – da ergastolana tornata in libertà – conosce bene, mentre il mafioso ha cominciato a respirarla soltanto ora, al capolinea di una fuga durata trent’anni.
Senza tempo
Nella biblioteca del boss compaiono diversi classici senza tempo della letteratura mondiale, ottocentesca e contemporanea: da Dostoevskij ( Le notti bianche ) a Baudelaire ( I fiori del male e altre poesie ), a Céline ( Viaggio al termine della notte ); da Charles Bukowski (ben quattro titoli) a Mario Vargas Llosa ( La zia Julia e lo scribacchino e La città e i cani ), fino a Haruki Murakami e Isabel Allende. Ma la vera passione di Messina Denaro sembrano i romanzi e thriller storici, apprezzati grazie ad autori di successo come Valerio Massimo Manfredi, Marcello Simoni, Danila Comastri Montanari e il tedesco Frank Schatzing, presente con tre volumi che sfociano nella fantascienza.
Fra i libri ordinati sulle mensole – in tutto oltre cinquanta – c’erano pure Se questo è un uomo di Primo Levi, Patria del basco Fernando Aramburu e Senza un soldo a Parigi e Londra di George Orwell; titoli sul dramma dell’Olocausto, sul terrorismo indipendentista che dilania i rapporti familiari e sul disagio sociale di un secolo fa compulsati chissà quando e in quali occasioni dall’ex ricercato, che con le amiche e i conoscenti inconsapevoli della sua vera identità sfoggiava una certa cultura e sensibilità letteraria.
Sul piano della cassettiera in camera da letto, quindi a portata di mano come fosse una lettura in corso, il mafioso teneva La ragazza blu, pubblicato lo scorso anno da Kim Michele Richardson, scrittrice americana dall’infanzia difficile; storia di una ragazza e di una famiglia costretta a vivere appartata sui monti Appalachi, sulla costa orientale degli Stati Uniti. Un po’ come – fatte le debite proporzioni – la famiglia Messina Denaro nella profonda provincia trapanese, incalzata dalle sempre più asfissianti indagini per la cattura dell’ultimo latitante stragista, rifugiato a pochi chilometri di distanza. Tra qualche complice fidato e i suoi libri.