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 2023  febbraio 19 Domenica calendario

Biografia di Serena Bortone raccontata da lei stessa

Il suo psicanalista l’aveva soprannominata «infermiera brillante» e mai soprannome fu più azzeccato. Se conosci Serena Bortone, giornalista, conduttrice, romana, 52 anni, capisci subito che, al di là delle sue capacità professionali, ha due attitudini che la disegnano perfettamente: «infermiera» perché è totalmente dedita agli altri, attenta a chi soffre, vicina a chiunque abbia un problema da risolvere; «brillante» perché ha un’esuberanza contagiosa, un’allegria e una positività fuori dal comune. Che traspare chiaramente anche nella conduzione di «Oggi è un altro giorno», dal lunedì al venerdì, su Rai1 alle 14. Una conduzione che ha portato il programma ad ottimi ascolti, ma soprattutto ad essere un perfetto equilibrio tra giornalismo (merito dei lunghi anni ad «Agorà») e intrattenimento.
Bravo il suo psicanalista...
«Sì bravo e simpatico, ogni tanto vado a trovarlo. Mi diceva di smettere di fare “l’infermiera brillante”».
E lei ha smesso?
«Nooo. È proprio nella mia natura. Dove c’è un problema mi ci butto».
Infanzia felice?
«Sì, molto. Una bambina precoce: a 5 anni già a scuola. E conducevo spettacolini con raccolta fondi per una missione in Zaire. Una volta tra il pubblico c’era anche Andreotti e rimase sorpreso dalla mia spigliatezza».
Una fotografia da piccola che ricorda?
«Io vestita da suora a Carnevale, a 4 anni. Arrivando alla festa, dissi: “pace e bene”. Vinsi il primo premio. E una dove suono il pianoforte».
Ma lei è molto cattolica?
«Sì, sono cattolica democratica di formazione. La mia famiglia è profondamente cattolica e si riconosce nei valori dell’inclusione, nella solidarietà, nel rispetto degli altri. Questo mi hanno insegnato. Mamma era catechista, papà aveva studiato in seminario, è stato sindaco democristiano del suo paese».
Famiglia di sani principi e di valori.
«Ho imparato che si può sempre decidere da che parte stare nella vita».
Figlia unica?
«No, ho un fratello più piccolo che si chiama Pierpaolo e fa il Gip. E anche mia cognata fa il giudice».
Orgogliosa del suo essere single, vero?
«Sono una persona molto libera e la libertà comporta l’impossibilità di fare compromessi. Nella sfera sentimentale in particolare non sono mai stata capace di farlo. Non so se sia un bene o un male, ma io sono fatta così».
Storie importanti?
«Sì, sono stata felice in coppia. Ho avuto due importanti convivenze. Io sono una donna accogliente. Il mio amico Stefano Coletta (direttore delle prime serate di Rai1, Rai2, Rai3, ndr) dice che io sono “modalità tutti nel lettone”. Io cerco sempre di mettere insieme i mondi, di fare da connettore; la mia porta è sempre aperta».
Insomma, non ha mai sognato nè il principe azzurro, nè l’abito bianco, par di capire... Sembra più interessata alla libertà, all’amicizia, al sociale.
«Non ho mai sognato l’abito bianco e certamente non ho mai pensato che la mia vita si potesse realizzare attraverso il matrimonio. Mia madre mi ha sempre insegnato a essere indipendente. La molla della mia vita è sempre stata il lavoro. Quando andavo ai matrimoni, da ragazza, sentivo un senso di soffocamento... me lo ricordo bene. Detto ciò, non mi sono mai pentita di aver amato. E se arriva qualcuno sul cavallo bianco, ci salgo».
E la maternità?
«La mia identità non dipende dall’essere madre. Non mi è mai capitato, non l’ho cercato un figlio, non l’ho inseguito. È andata cosi».
Rimpianti?
«Nessuno, mai».
Mesi fa fu paparazzata con Lorenzo Viotti, 31enne direttore d’orchestra, che aveva ospitato nel suo programma. Si parlò di love story.
«Ma va là!».
Aveva 18 anni quando ha cominciato a lavorare al fianco del giornalista Mino Damato, nel programma «Alla ricerca dell’Arca».
«Avevo quasi il fiocco in testa. Ero entusiasta e curiosa, ho iniziato come assistente al programma. Era la Rai3 di Angelo Guglielmi, c’era tanto fermento. Ho respirato l’aria dell’etica del servizio pubblico, la voglia di sperimentare, l’idea di tv contaminante. Alto e basso. Grazie a quel programma ho conosciuto Burt Lancaster, la regina di Giordania, Nureyev. Ricordo una sera dopo il programma siamo andati tutti a cena a Trastevere insieme a Carolina di Monaco con Casiraghi; Ben Kingsley, Sting... Una bella tavolata».
C’è una sua foto giovanissima, con Lady Diana. Come mai?
«Da ragazzina andavo spesso con la mia famiglia a fare volontariato alla “Città dei ragazzi” che ospitava giovani che venivano da famiglie difficili. Il fondatore era britannico e vennero in visita gli allora Principi di Galles, Carlo e Diana. Io consegnai alla principessa un mazzo di fiori e mi colpì per la sua carnagione bianchissima e per quel modo speciale di guardare gli altri da sotto in giù. Uno sguardo accogliente che ti faceva sentire importante.. io avevo solo 14 anni».
Certo che ha fatto proprio una bella gavetta, un passato intenso.
«Sì, una palestra formidabile. Una volta Mino Damato mi disse: “Trova un pitone per La Toya Jackson”. Pausa. “Non mi guardare così. Trovalo!”. E io l’ho fatto. Una scuola che mi ha aiutato molto. Oggi dico sempre ai miei collaboratori “Proviamoci, al limite ci dicono di no”».
Lei sembra così forte, sicura di sé. Quelle che qualunque cosa facciano, riescono bene. Capaci di dare sempre il massimo.
«Sono stata una figlia “performante” sì. Spinta a dare sempre il meglio di me, con l’idea di dimostrare a me stessa e agli altri che ero brava e capace. Poi piano piano ho cominciato ad accettare i miei limiti e a non inseguire la perfezione, perché i nostri limiti sono parte del nostro essere e ci aiutano. Grazie alle amiche e alla psicanalisi capisci che ti devi perdonare: ciò che conta è coltivare solo la tua autenticità».
Un momento buio l’hai mai affrontato?
«Certo, attraversare dolore e tristezza, vivere dei fallimenti, ti fa capire che non ti devi affezionare al dolore. Alle volte il dolore diventa la tua identità, invece ho capito che non dovevo lasciarmi andare ai momenti bui, ma trovare energie per cambiare quello che non mi piaceva. La vita è breve, complicata e faticosa, bisogna succhiare il sapore della quotidianità, imparare ad accontentarsi quando non puoi cambiare le cose. Poi io detesto i piagnistei».
E i drammi d’amore... mai avuti?
«Sì certo. Ma c’è una frase di Dostoevskij che dice “L’inferno è la sofferenza di non essere capaci di amare” e dunque sono contenta di aver sofferto per amore perché se no, non avrei mai amato».
Ora conduce «Oggi è un altro giorno», ma in molti la ricordano per «Agorà»: giornalista seriosa e rigorosa...
«La politica mi ha sempre appassionato: è un grandissimo romanzo dove entra la storia. E penso che in un programma politico occorra essere sentinella del potere: la confidenza con la politica non funziona. Da giornalista politica sono severa, anche se non lo sono nella vita. Ad “Agorà” sentivo che quello era il mio ruolo».
Chi ha capito che dietro quel volto severo c’era anche una donna e una professionista con una dimensione di leggerezza?
«Stefano Coletta. Ci conosciamo da più di 20 anni, facevamo gli inviati insieme a “Mi manda Lubrano”. Dopo che se n’è andata Caterina Balivo, lui mi ha proposto di andare in onda in quella fascia oraria, dopo il Tg1 del pranzo».
E lei ha accettato. Magari non erano in tanti a pensare che avrebbe funzionato...
«Beh dovevo dimostrare di essere all’altezza di questa sfida. Lui conosceva la mia natura curiosa, “psicanalitica”, la mia voglia di unire vari mondi. Io ci ho provato anche inserendo in un contenitore popolare elementi di cultura. Ha funzionato e ne sono molto felice».
Il programma funziona sia con temi «seri», sia con temi leggeri come durante la settimana di Sanremo. Significa che?
«Che il pubblico, se tu consegni dei contenuti, ti segue».
Da sabato 18 marzo sarà giurata -investigatrice nel programma del sabato sera di Rai1, «Il cantante mascherato» condotto da Milly Carlucci. Ci sta prendendo gusto con l’intrattenimento?
«Chissà mai nella vita... No la verità è che se Milly chiama non si può dirle di no».
Esiste qualcosa che ha cambiato la sua esistenza? Le sue sliding doors?
«Le mie sliding doors sono state le letture di don Milani, il libro di Simone de Beauvoir “Il Secondo Sesso”, e “Guerra e pace”. Musicalmente il “Don Giovanni” di Mozart. E le mie estati a Londra dove ho capito cos’era la libertà».
Ha amici tra le star della tv?
«Alcuni amici, ma più che altro molte conoscenze nel mondo dello spettacolo e del giornalismo. Ho incontrato tanto affetto: Mara Venier, Milly Carlucci, Antonella Clerici. Le regine della Rai, e anche Sabrina Ferilli, sono state molto affettuose con me, quando sono arrivata all’intrattenimento di Rai1. E non lo dimentico: non era dovuto. È stata una cosa carina e inaspettata».
Le sue battaglie più forti?
«In questo periodo mi sto dedicando tanto alla situazione iraniana, è doveroso informare su quel che è successo. E tutti noi abbiamo il dovere di stare al fianco alle donne in Iran. In generale mi indignano discriminazioni, intolleranza e ingiustizie».
Lei insiste anche molto sulla memoria.
«Se non sappiamo da dove veniamo, non possiamo guardare l’orizzonte. Io poi sono una inguaribile ottimista. Da piccola imparai a memoria il passo di Anna Frank che dice “Continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo”».