La Stampa, 19 febbraio 2023
Stipendi, Milano doppia Torino
Oltre 30mila euro contro poco più di 15mila. Il doppio. Milano surclassa Torino per stipendi e per opportunità di lavoro. Il rapporto del Centro Studi Tagliacarne, a cura delle Camere di Commercio, evidenzia il divario fra il capoluogo piemontese e quello lombardo. Da un lato, l’aristocrazia sabauda, che guarda troppo spesso al proprio ombelico. Dall’altro, la dinamicità internazionale di Milano, che resta una delle mete classiche per l’avvio di un’attività imprenditoriale. Ma che con la Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Ue, diventa sempre più invivibile. I prezzi di affitti e ristoranti esplodono. L’inflazione morde. E sempre più lavoratori guardano a Torino per rendere più leggera la propria vita.
Il divario degli stipendi è significativo. 30,464 euro contro 15,424. Milano doppia Torino. E apre una diatriba che va avanti da decenni. La capitale meneghina surclassa quella sabauda? E se sì, in che modo? Prima, i dati. Li ha elaborati il Tagliacarne. «Sotto la Madonnina i dipendenti sono anche i meglio pagati d’Italia, con uno stipendio medio di 30.464 euro nel 2021, due volte e mezzo la media nazionale di 12.473 euro e nove volte più alto di quello di Rieti fanalino di coda nella classifica retributiva». Torino è al 14esimo posto. La metà di Milano. Ma, rimarca il Tagliacarne «nel capoluogo lombardo il reddito da lavoro dipendente rappresenta oltre il 90% del reddito disponibile contro il 23,9% di Rieti e il 63,1% della media nazionale». Oltre a ciò bisogna valutare il potere d’acquisto. Campo in cui il capoluogo piemontese primeggia.
La situazione della città simbolo del Liberty italiano è di rilevante oscuramento rispetto alla capitale economico-finanziaria, ma le frecce nella faretra non mancano. A spiegarlo è Elsa Fornero. «Torino ha alle spalle una crisi da trasformazione produttiva non facile, e tutto sommato la città ha saputo gestirla bene. La transizione è stata lenta e faticosa, ed è stata accompagnata da un generale impoverimento. È una città più povera di Milano», spiega Fornero. Un dato eclatante? Forse, dice. «Ma non sorprendente», argomenta. «Milano ha un’intensità di attività che Torino non ha. Basti pensare ai settori della finanza, della pubblicità, della moda», dice l’ex ministro del Lavoro. Milano in questo caso «ha avuto una dinamica di crescita che Torino non ha avuto». E puntare sul Politecnico, così come sull’università, potrebbe essere funzionale. Nel senso che, come spiega Fornero, la prima capitale d’Italia non ha niente da invidiare al resto d’Europa. E occorre spingere sull’innovazione.
La possibile centralità di Torino è notata anche da Alice Merletti, avvocato amministrativista dello studio Alfero Merletti e consulente della Compagnia di San Paolo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). «La città è indubbio che abbia una forte tradizione industriale e tecnologica e una posizione geografica strategica, che la rende un potenziale hub per le imprese». Per diventarlo, fa notare, “serve un impegno significativo di più parti: come per esempio sul fronte delle piccole e medie imprese. E in questo caso dovrebbero agire tanto le autorità locali quanto gli investitori privati». Questi, secondo Merletti devono vedere Torino «non come un ripiego della vicina Milano», Allo stesso tempo, spiega Merletti, serve aumentare «l’accessibilità dei trasporti, visto anche come strumento a favore dell’ambiente e la qualità della vita nella città possono poi influire sulla decisione delle imprese di stabilirsi a Torino, e ciò anche in considerazione delle nuove politiche di welfare aziendale».
Un cambiamento significativo è quello che si augura anche Pietro Garibaldi, economista del Real Collegio Carlo Alberto. «Milano è più dinamica di Torino e produce più Pil pro-capite. Ma bisogna anche capire dove conviene vivere. Il bilanciamento è cruciale in questo caso», afferma. Certo, dice, sul fronte abitativo c’è un enorme vantaggio. Ma bisogna supportarlo con più dinamismo imprenditoriale. O, come rimarcato da Fornero, «bisogna fare sistema». Concetto, purtroppo, spesso avulso alle aziende italiane. Ma che, come rimarcato da Goldman Sachs la scorsa settimana potrebbe essere la chiave di lettura per allontanare i fantasmi della recessione dall’eurozona. In tal senso, la partecipazione tra pubblico e privato, e tra città adiacenti, può essere cruciale.