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 2023  febbraio 18 Sabato calendario

Fuga dai concorsi pubblici

L’ultima toppa il governo ha provato a cucirla con il decreto approvato due giorni fa con il quale ha semplificato le procedure per accelerare l’attuazione del Pnrr, il piano di ripresa e resilienza. Tra le pieghe del provvedimento sono spuntati un paio di commi per provare a convincere i neo assunti nei ministeri a non abbandonare il proprio posto. Anche perché per il governo si tratta di un problema non da poco. Si tratta di personale specializzato chiamato proprio a realizzare i progetti finanziati con i fondi europei. Per 800 esperti sparsi nei vari dicasteri assunti con contratti a termine legati al Pnrr, e per i 2.800 chiamati a ad aiutare le amministrazioni del Sud a spendere bene e velocemente i fondi della coesione territoriale, il governo ha spalancato le porte dell’assunzione a tempo indeterminato senza dover passare per il concorso pubblico. Basterà aver lavorato per 15 mesi consecutivi nel ministero o nel Comune, e il posto diventerà fisso.
Questa volta, però, è difficile che qualche sopracciglio possa alzarsi per protestare contro questa stabilizzazione automatica. I profili ricercati per il Pnrr sono molto specialistici: economico, giuridico, informatico, statistico-matematico, ingegneristico, ingegneristico-gestionale. Per tutti la sede di lavoro è Roma. Ma una volta passate le selezioni, ben 400 degli 800 esperti si sono tirati indietro. Non hanno accettato il posto. Una percentuale simile di rinunce c’è stata anche per l’altro concorso, quello della Coesione. Una buona parte dei “rinunciatari”, aveva partecipato anche ad altre selezioni. Così dovendo scegliere tra il contratto a tempo legato al Pnrr o un posto fisso un un’altra amministrazione, hanno scelto quest’ultimo. Ma la “guerra” tra amministrazioni dello Stato ad accaparrarsi i profili specialistici, sta iniziando a diventare un problema. Serio. Soprattutto in vista di una campagna massiccia che prevede quest’anno ben 156 mila assunzioni nel Pubblico impiego. 
Nel 2021, secondo i dati contenuti nella Relazione del Formez, la percentuale di posti messi a concorso rimasti scoperti è stata del 20 per cento circa. Ma si tratta di una media. Che diventa ancor più preoccupante se si vanno a vedere le percentuali di “scopertura” in base ai profili ricercati. Nessun problema se la Pubblica amministrazione cerca un assistente sociale o un ispettore del lavoro. In questo casi i posti sono tutti coperti. Ma se invece, per esempio, cerca un ingegnere o un architetto, l’80 per cento rimane sguarnito. Vuol dire, detto al contrario, che solo due posti su dieci vengono coperti. Persino nei profili “giuridici-amministrativi”, i classici funzionari pubblici, il tasso di mancata copertura ha iniziato a crescere e ha raggiunto il 15 per cento. 
Le amministrazioni, in ordine sparso, stanno provando a correre ai ripari. Nei prossimi mesi, per esempio, l’Agenzia delle entrate dovrà lanciare un concorso per 2.500 funzionari di vari profili. Prima di essere assunti nell’amministrazione fiscale, fino ad oggi, è stato sempre richiesto un tirocinio obbligatorio di un anno. Nelle settimane scorse il comitato di gestione dell’Agenzia è corso a cancellare quest’obbligo, proprio per evitare che fosse un disincentivo per i prossimi vincitori del concorso ad accettare il lavoro all’Agenzia orientandosi verso altre amministrazioni. 
LA TENDENZA
Ma c’è anche un’altra tendenza che sta “rompendo” un equilibrio storico all’interno della pubblica amministrazione. Il Mezzogiorno è stato da sempre un grande bacino che ha fornito dipendenti pubblici al Nord. Sette candidati su dieci, secondo i dati del Formez, arrivano dal Meridione. E sei su dieci degli idonei. Solo l’1,4 per cento dei candidati arriva dal Veneto, e poco più del 2 per cento dalla Lombardia, contro il 20 per cento dal Lazio o il 16 per cento dalla Campania. Lo sblocco del turn over e la ripresa massiccia dei concorsi pubblici, probabilmente, frenerà fortemente l’esodo di candidati meridionali verso le Regioni del Nord. Uno dei motivi alla base delle richieste dell’Autonomia differenziata. Le Regioni più ricche vogliono mani libere su contratti e stipendi per tornare ad attirare il capitale umano del Centro e del Sud. La concorrenza per le migliori forze non è solo tra amministrazioni, anche tra territori.