Corriere della Sera, 18 febbraio 2023
Il tour teatrale di Beppe Grillo va male
«Beh, una volta riempivo i palasport con quasi 10 mila persone. Oggi, invece, sono qui con voi». E il «voi» sono i 450 paganti della (decisamente più piccola) platea del teatro Mancinelli, con diversi spazi vuoti. La fotografia perfetta del suo momento, personale e politico, Beppe Grillo se la scatta da solo sul palco di Orvieto. Il grande ritorno dopo tre anni senza spettacoli, tra popolarità calante e pandemia, parte quindi da un’autoanalisi, forse involontaria. Perché se i fasti non sono più quelli di un tempo, in cui le repliche si moltiplicavano e aggiudicarsi un biglietto era un’impresa, a cliccare le 18 tappe rimanenti di questa tournée non emergono riscontri esaltanti. Per molte date, tutte in teatri medio-piccoli, le prevendite vanno al ralenti. Tante, forse troppe per le aspettative di pubblico, dal teatro Diana a Napoli alla tappa conclusiva nella sua Genova, il 17 aprile. A Palermo, dove il M5S ha fatto il pieno di voti puntando tutto sul reddito di cittadinanza, i biglietti ancora invenduti sono un bel po’. Va meglio a Napoli, dove l’eco del Reddito si fa sentire. Le prevendite vanno meglio per il Brancaccio di Roma o il Nazionale di Milano, dove c’è da tenere in conto la mobilitazione della macchina del movimento diventato partito. Male a Lugano e Genova.
È la solitudine del fu capopopolo delle piazze stracolme per i «vaffa day», che l’altra sera all’esordio di Orvieto non ha nemmeno avuto l’occasione di abbracciare il fu figliol prodigo Alessandro Di Battista, volato (si dice) verso Oriente per una missione da volontario. Eppure al termine della «prima» orvietana di «Io sono il peggiore», questo il titolo sarcastico del nuovo show, ad attenderlo a tavola c’erano il leader Giuseppe Conte, il vice Michele Gubitosa, l’ex presidente della Camera Roberto Fico, quello dell’Inps Pasquale Tridico, il direttore de I l Fatto quotidiano Marco Travaglio, il notaio Valerio Tacchini (per anni guardiano delle votazioni su Rousseau) e qualche parlamentare. Una dimostrazione di vicinanza e affetto in un momento difficile del padre nobile, specie a livello privato? Certo. Ma anche queste due tavolate sono la fotografia di un rapporto obbligato e osmotico. Conte guida sì un partito che veleggia sopra il 15%, ma le chiavi sono di «Beppe». Il garante, a sua volta, ha bisogno che la sua creatura sia in salute, perché dal Movimento riscuote un contratto di circa 300 mila euro annui come consulenza per la comunicazione, che oltretutto scade ad aprile.
Difficile il momento anche a livello privato: il figlio Ciro è finito alla sbarra con l’accusa di violenza sessuale di gruppo ai danni di due ragazze conosciute in Costa Smeralda: «È un processo politico», si è sfogato a Orvieto. Le spese legali sono molto alte e, in caso di condanna, c’è il rischio di risarcimenti colossali. E anche per questo far quadrare il bilancio famigliare per Grillo è ben più complicato di prima. Così, forse per il medesimo motivo, a quasi 75 anni «Beppe» è stato costretto a tornare a lavorare come showman. E la politica, almeno per ora, resta lontana: «Il leader è Conte, il mago di Oz che ha fatto rinascere il Movimento», gli riconosce oggi dopo gli scontri brutali di un paio d’estati fa. In questa fase racconta di volersi dedicare ad altro, come a fondare la Chiesa dell’Altrove; per ottenere l’8 per mille e finanziare, ha spiegato dal palco, progetti di beneficenza.