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 2023  febbraio 18 Sabato calendario

Il Superbonus è costato 120 miliardi

Eravamo in pieno Covid quando, il 13 maggio 2020, il governo Conte 2 varò il Superbonus del 110% nel decreto Rilancio. Quel governo era sostenuto, oltre che dai 5 Stelle, da Pd, Leu e Italia viva. Il Superbonus nacque in casa grillina e a contendersene la paternità furono il sottosegretario alla presidenza, Riccardo Fraccaro, e il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli. Ministro dell’Economia e proponente il decreto il dem Roberto Gualtieri. Fu una assoluta novità. Non solo perché per la prima volta un bonus fiscale eccedeva (del 10%) la spesa sostenuta, ma anche perché il cittadino poteva non tirar fuori un euro. Il bonus infatti si poteva scontare direttamente in fattura o cedere a banche e intermediari finanziari. Prima di queste novità il committente doveva sempre pagare i lavori e poi poteva detrarre in più anni dall’imponibile parte della spesa (50-65%). Ora con questa riforma «shock», come la definì lo stesso Fraccaro, si ristrutturavano le case «a costo zero», cedendo il credito di imposta all’azienda che aveva fatto i lavori, che a sua volta poteva cederlo «illimitatamente a fornitori e istituti bancari». Un «bazooka» per la sostenibilità ambientale (per l’agevolazione è richiesto il miglioramento di due classi energetiche) e per la crescita, secondo il braccio destro di Conte. Peccato che esso abbia sparato anche sui conti pubblici.

I decreti
Il Superbonus, secondo il decreto, sarebbe stato applicato alle spese sostenute tra il primo luglio 2020 e il 31 dicembre 2021 per interventi «volti ad incrementare l’efficienza energetica degli edifici (ecobonus), la riduzione del rischio sismico (sismabonus) e per interventi ad essi connessi relativi all’installazione di impianti fotovoltaici e colonnine per la ricarica di veicoli elettrici», spiegava il comunicato di Palazzo Chigi. La novità ebbe un successo ben oltre le previsioni. E fu prorogata dal governo Draghi con la manovra per il 2022. Questa volta l’esecutivo era sostenuto da tutti i partiti tranne Fratelli d’Italia. Il Superbonus fu prorogato per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023 dai condomini e fino al 31 dicembre 2022 sugli edifici unifamiliari (con il 30% dei lavori svolti entro settembre 2022). Ma già al gennaio dell’anno scorso Draghi, di fronte all’esplodere della spesa e delle truffe, innescò la retromarcia col decreto Sostegni ter, che stabiliva il divieto di effettuare cessioni del credito oltre la prima, poi corretto con altri decreti che allargarono le maglie per rimettere in moto il mercato dei crediti, altrimenti congelato.

Stop allo sconto in fattura
Le tensioni con Draghi sul Superbonus furono tra le cause della crisi di governo innescata dal capo dei 5 Stelle Giuseppe Conte nel luglio del 2022. Il governo Meloni con il decreto Aiuti quater del novembre scorso ha da un lato prorogato al 31 marzo il Superbonus del 110% sulle unifamiliari (se fatto il 30% dei lavori) ma dall’altro ha ridotto al 90% l’agevolazione per il 2023 e stretto i requisiti. E con la manovra non ha prorogato il bonus facciate, che era stato introdotto sempre dal governo Conte 2 (con un credito d’imposta del 90%) e che visto il massimo delle frodi perché le norme, a differenza del Superbonus, non prevedevano controlli adeguati. Ieri, infine, il decreto Giorgetti che chiude la telenovela. Per tutti i nuovi bonus scatta il divieto di sconto in fattura e di cessione del credito. Resta, come prima, solo la possibilità di detrarre la spesa dall’imponibile.

Duemila euro a testa
Non c’era più tempo da perdere, è la tesi di Giorgetti. Il costo per lo Stato del solo Superbonus è arrivato, a gennaio 2023, a 71,7 miliardi, rispetto ai 43,7 del luglio 2022 e ai 6,2 di agosto 2021: una crescita esponenziale, favorita dall’assenza di stimoli alla contrattazione sui lavori (tanto paga Pantalone) e dalla conseguente esplosione dei prezzi. Considerando anche il bonus facciate (19 miliardi) e gli altri bonus edilizi (28,9 miliardi), il costo totale per lo Stato a fine 2022 aveva raggiunto 110 miliardi, dice Giorgetti: 37,7 oltre le previsioni. In realtà, i 110 miliardi di cui si lamenta il ministro (2 mila per ogni italiano) non sono aggiornati con i dati Enea al 31 gennaio scorso. Facendolo si superano 120 miliardi. Il tutto per lavori che hanno interessato, col Superbonus, solo l’1% degli immobili residenziali. Intanto, le indagini per truffa condotte da diverse procure della Repubblica riguardano complessivamente un ammontare di crediti inesistenti pari a 4,4 miliardi. Impossibile continuare così.