il Fatto Quotidiano, 17 febbraio 2023
Intervista aPier Francesco Majorino
Percorso inverso. Dall’Europa alla Lombardia. Appena sconfitto dal leghista Attilio Fontana alle Regionali, il candidato di centrosinistra e M5S, Pierfrancesco Majorino, ha annunciato che lascerà il Parlamento europeo per fare il consigliere d’opposizione al Pirellone, “accontentandosi” di un passo indietro in una carriera politica che lo aveva visto assessore a Milano prima del salto a Bruxelles. Majorino ritiene che il lavoro da fare nel Pd sia molto: “Abbiamo perso completamente alcuni legami sociali e non possono certo bastare due mesi per ricostruirli”. Sperando di dare anche una sterzata al partito che uscirà dalle primarie: “Sull’aumento delle spese militari, per esempio, è ora di aprire una riflessione. Meglio spendere altrove quei miliardi”.
Pierfrancesco Majorino, perché lascia il Parlamento europeo?
Per me è una scelta naturale e coerente con la decisione di gettarmi in una sfida che evidentemente si preannunciava molto difficile e che ho affrontato a mani nude. Ma da subito ho inteso questa sfida come un contributo, oltreché a risolvere lo stallo in cui eravamo, alla ricostruzione di alcuni rapporti sociali, relazioni con mondi che da tempo non ritengono più credibile il Pd. Ovvio che questo percorso non lo fai in poche settimane, ma deve essere un lavoro intenso per il quale spero di poter dare ancora una mano.
Si riferisce anche al rapporto con alcuni territori lontani dalle grandi città?
Ci sono zone dove non tocchiamo palla, dove si fa fatica a percepire la nostra presenza. Ci sono singoli amministratori e attivisti che eroicamente hanno portato avanti le proposte del Pd, ma dobbiamo stare al loro fianco.
Questo ragionamento ha anche a che fare con il dato clamoroso dell’astensione?
Il 60 per cento di astenuti è un dato impressionante frutto di tante cose diverse. Da una parte c’è una forte protesta nei confronti della classe politica, dall’altra anche una sfiducia gigantesca verso l’istituzione regionale. Questo peraltro va nella direzione opposta rispetto al disegno dell’autonomia leghista. Lo avevamo sottolineato in campagna elettorale: Fontana ha potuto contare anche su un enorme disincanto, anche se non lo intendo come un alibi per il Pd. Tutt’altro: sta a noi, che ci proponiamo per il cambiamento, sconfiggere questa disillusione.
C’è qualcosa di buono in questa sconfitta?
Certamente i risultati nelle città. A Milano, per esempio, abbiamo vinto di 10 punti e non vale neanche la solita battuta del Pd come partito della Ztl, visto che a Milano, ma anche a Brescia, abbiamo vinto pure nei quartieri più periferici. E poi c’è il dato sugli under 35: siamo i più votati tra i giovani e questo è un seme su cui insistere.
Ha fatto campagna mentre il Pd litigava sul congresso e aveva un leader dimissionario. Non il massimo.
Ci tengo a ringraziare i quattro candidati alla segreteria, perché mi hanno tutti aiutato in campagna elettorale. Credo però non esista caso al mondo di un partito che fa un congresso durante la campagna per due Regioni così importanti come Lazio e Lombardia. È incredibile: dovevamo scegliere il segretario già a dicembre.
Anche la sua campagna è partita tardi.
C’è una responsabilità enorme di Calenda, che ha mandato all’aria il possibile accordo per andare su Moratti, producendo poi effetti paradossali per i voti della sua lista, che a Milano è arrivata quinta. Ma anche qui avremmo dovuto partire molto prima, scegliendo il candidato prima dell’estate. Abbiamo sottovalutato questo aspetto.
Nel Pd si litiga sul giudizio riguardo a Meloni. Lei pensa che stia facendo meglio del previsto?
Non perderei un minuto dietro a queste questioni: meglio occuparsi di lavoro, ambiente, sanità.
Ieri sul Fatto Graziano Delrio ha invitato a “parlare meno di armi e più di diplomazia”.
Sono molto d’accordo con Delrio e vorrei che nel Pd si aprisse una riflessione sulle armi e sull’aumento delle spese militari, idea che da sempre contesto in maniera convinta. L’obiettivo di una difesa comune europea è perseguibile senza aumentare le spese nazionali.