Avvenire, 17 febbraio 2023
Biografia di Richelieu
L’"ardua sentenza” che, riguardo alla persona e alle gesta di Napoleone, il Manzoni riteneva opportuno riservare ai posteri, ben si addice a molti personaggi storici, forse alla maggior parte. Il problema è che spesso anche i posteri non riescono a formulare giudizi univoci e inoppugnabili. Prendiamo il caso del celebre cardinale Richelieu, al quale ha dedicato una vasta e bella monografia Stefano Tabacchi: quale valutazione si può dare di questo attore di primissimo piano nelle vicende dell’Europa del XVII secolo? Non è facile rispondere a tale interrogativo, come afferma l’autore: «I numerosissimi studi e le tante, talora ripetitive, biografie del cardinale continuano a essere fortemente condizionate da visioni della storia della Francia e dell’Europa poco conciliabili e talora ancora ideologiche. La polarità tra una visione di Richelieu come protagonista di uno sfrenato disegno di potere e un’altra che gli attribuisce una lungimirante e quasi profetica comprensione delle grandi linee di sviluppo della storia europea è iniziata già vivente il cardinale, e si è approfondita nei primi anni dopo la sua morte». Tante sono le domande su di lui a cui non è facile rispondere: «Richelieu scrive Tabacchi era devoto allo Stato o alla propria personale grandezza? Il suo cristianesimo era autenticamente sentito o era la pura maschera di una politica machiavellica? La sua politica estera mirava a una più stabile pace dell’Europa o a una guerra senza fine?». Armand-Jean du Plessis, duca di Richelieu, nacque a Parigi nel 1585 e morì nella capitale francese nel 1642. In pochi anni accumulò varie cariche vescovo nel 1607, deputato nel 1616, cardinale nel 1622 , dimostrando ben presto una grande abilità politica che lo condusse a ottenere, nel 1624, la nomina a ministro dirigente: da quel momento fino alla morte egli fu il dominus incontrastato del regno di Francia sul cui trono sedeva Luigi XIII. In politica interna due furono le linee da lui perseguite: annullare il potere che gli Ugonotti si erano assicurati in virtù dell’editto di Nantes e piegare le resistenze della nobiltà al fine di sottometterla alla corona. Sul versante della politica estera, Richelieu mirò a ridimensionare la potenza degli Asburgo e tal fine non esitò a stringere le più diverse alleanze. Non v’è dubbio che alla sua morte egli abbia lasciato una Francia ben coesa all’interno e molto potente sullo scacchiere internazionale. Invece, come si è già accennato, rimane assai difficile esprimere un giudizio sulla persona e sull’azione del cardinale. A questo riguardo, risultano illuminanti le seguenti parole di Tabacchi: «È verosimile che Richelieu abbia pronunciato sul letto di morte una frase che fu abbondantemente veicolata dalle relazioni contemporanee: “Supplico [Dio] di buon cuore che mi condanni se ho avuto altra intenzione se non il bene della religione e dello Stato”. Dove l’accento era posto sull’esplicita correlazione tra “religione” e “Stato”, che è forse la cifra che più di ogni altra spiega l’agire politico di Richelieu»