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 2023  febbraio 16 Giovedì calendario

Intervista a Vinicio Marchioni

Vinicio Marchioni, chi è il Capitano Parisi di Django – La serie, da domani su Sky?
Un soldato confederato che Django incontra nei flashback: le notti in accampamento, la battaglia, i due stabiliscono una confidenza, su famiglia e lontananza giocano a specchio. Django porterà a termine una cosa che io non riuscirò a fare – vedrete – per evidenti motivi (ride).
Combatte per i Confederati, i sudisti, i razzisti.
È stato interessante documentarmi sulla Guerra Civile: vi parteciparono più di 80 etnie da tutto il mondo, e che pochissimi su ambo i fronti combattevano per ideali.
Perché vedere Django?
Mescola generi, orientamenti, etnie: una umanità sorprendente. Le scenografie di Paki Meduri hanno fatto di New Babylon un luogo mitico, affrancandolo dagli spaghetti western: l’immaginario è un altro, si tratta di innovare il genere con elementi non solo contemporanei ma universali.
Coppie miste, baci omoerotici, autodeterminazione femminile: difficoltà nell’aggiornamento?
La miscellanea è credibile. Penso soprattutto alle figure femminili, a partire da Elizabeth (Noomi Rapace): non sovverte i canoni dell’eroe negativo, ma lo fa da donna, con una forza pazzesca. Lo stesso la moglie e la figlia, Sarah, di Django: hanno una modernità straordinaria, incarnano l’irruenza e la meraviglia dell’universo femminile.
Il Django di Corbucci era Franco Nero, 57 anni dopo è Matthias Schoenaerts: il nostro audiovisivo è più internazionale, ma i suoi interpreti?
C’entrano le facce e la bravura degli attori, in ossequio al punto di vista del regista. Ricordo Clint Eastwood per Sergio Leone, è positivo che gli attori vengano da ogni parte: dunque, ce li facessero fare pure a noi italiani ruoli internazionali così grandi… Senza nulla togliere a Matthias Schoenaerts, che è uno strepitoso Django: un eroe solitario con un buco nell’anima, un privilegio recitarci accanto. La differenza, in fondo, la fanno le sceneggiature.

Romanzo criminale 2008 – Django 2023: ne ha fatte di cose in 15 anni…
Continuo a farne: l’anno scorso e in questo scorcio, Ghiaccio, Siccità, L’ombra di Caravaggio, Vicini di casa e Grazie ragazzi. Sento che ora inizia una nuova era: so fare il mio mestiere, ho una certa maturità attoriale, debbo crescere con nuove sfide e storie.
Quando la chiamano ancora “il Freddo di Romanzo criminale“, che risponde?
Ma sa che non mi fa né caldo né freddo (ride).
Ha esordito alla regia con il documentario Il terremoto di Vanja – Looking for Checov: il bis?
Quando me lo concederanno… Ci sto lavorando, un paio di storie le ho: l’opera prima di un attore mediamente conosciuto porta con sé aspettative maggiori, ma confido arriverà.
Lei e sua moglie, Milena Mancini, fate lo stesso lavoro, di più, lavorate insieme: è sempre facile?
Il nostro è un mestiere paradossale, semplice e complicatissimo. Siamo due artisti diversi, con personalità forti, e la famiglia, le dinamiche caratteriali non sempre stanno in compartimenti stagni: ci unisce la curiosità rispetto all’umano. E la stima reciproca.
L’ultimo weekend in sala ha registrato un -63,25% di incassi sul 2019 pre pandemico, la anticipo: non c’entra Sanremo, quello precedente aveva fatto -57…
Va riconquistato il pubblico, servono film pensati, scritti e girati per il grande schermo, e gli spettatori l’hanno capito da soli. Non è un caso che Le otto montagne o La stranezza abbiano avuto successo, come dice il direttore della Mostra di Venezia, Alberto Barbera, serve qualità.
Non bastasse, in testa al box office c’è un film di 25 anni fa, Titanic.
Un po’ è l’effetto nostalgia, e poi che quelli davvero giocano in un’altra categoria: un’epica fondata sull’immagine, una storia d’amore entrata nell’immaginario collettivo.
Lei che con Sonia Bergamasco porta in tournée Chi ha paura di Virginia Woolf? ce lo può dire: perché i teatri sono pieni?
Non c’è lo streaming, il teatro lo puoi vedere solo lì. La differenza la fa il luogo fisico, che ha ancora qualcosa di sacro: seicento, settecento persone ogni sera ce lo confermano, il pubblico ha bisogno di verità. O, meglio, di onestà: anche al cinema.