La Stampa, 15 febbraio 2023
Su "La memoria del nemico. Perché ci sono voluti duemila anni per scoprire il sistema immunitario" di Arnaldo D’Amico (il Saggiatore)
Il libro “La memoria del nemico”, dedicato alla storia della scoperta del sistema immunitario, sorprende fin dalle prime pagine con una rivelazione: non è vero che i terremoti non si possano prevedere, come viene raccontato (il più delle volte) a noi che non siamo esperti del ramo. I sismi danno chiari segnali di allarme con qualche ora di anticipo, e questo è particolarmente vero per i terremoti più forti, come quello che ha appena devastato la zona di confine fra la Turchia e la Siria. Questo libro ce lo fa sapere seguendo una linea di spiegazione complicatissima, che parte da una faccenda (in apparenza) slegata dal sistema immunitario (eh già, che c’entra coi terremoti?).
Apprendiamo che le epidemie di peste, dopo aver funestato l’Europa per secoli, sono improvvisamente scomparse all’inizio del Settecento, non grazie a qualche progresso della medicina, ma a un’invasione di ratti. Nel 1727 una spaventosa migrazione di miliardi e miliardi di ratti grigi si diresse dall’India verso Ovest, marciando attraverso le steppe dell’Asia e guadando grandi fiumi, non senza lasciare una repellente distesa grigia di ratti affogati in corrispondenza di ogni guado. Sia pure assottigliandosi lungo migliaia di chilometri, questa marea di ratti grigi raggiunse ancora numerosa l’Europa e qui dimostrò di essere più competitiva rispetto ai ratti neri che ci erano vissuti fino ad allora, sostituendoli completamente. Per gli abitanti del nostro continente fu una benedizione. Perché i ratti neri erano infestati da una pulce che viveva da parassita sia sui ratti sia sugli esseri umani e che trasmetteva, periodicamente, il bacillo della Yersinia pestis, capace di produrre tossine che indeboliscono il sistema immunitario umano. Gli uomini e le donne risultavano così vulnerabili al contagio. Il ratto grigio invece era (ed è tuttora) infestato da una pulce che non passa da animale a uomo se non in circostanze straordinarie. Quando questo succede, e tuttora succede in rarissimi casi, anche nel XXI secolo si possono sviluppare dei piccoli focolai di peste, che vengono rapidamente circoscritti. Ma le grandi epidemie di peste, come quella raccontata da Boccaccio nel Decamerone, sono scomparse dall’inizio del Settecento, assieme ai ratti neri sostituiti da quelli grigi.
Bene. Ma perché nel 1727 uscì dall’India quella marea di ratti? Perché, apprendiamo da “La memoria del nemico”, c’era stata un’esplosione demografica dei ratti grigi, dovuta a una serie di catastrofici terremoti che funestò l’India. Il subcontinente si ritrovò disseminato di cadaveri di esseri umani, così numerosi che i sopravvissuti non erano in gradi di seppellirli o di bruciarli su pire, secondo l’usanza locale, e i ratti si nutrirono di quei corpi e proliferarono. Però il sovrappiù di cibo finì, e dalle periferie dell’India partì la grande marcia dei ratti grigi verso l’Europa (non solo verso l’Europa, in realtà, ma in ogni direzione, tanto che oggi questo animale, definito bizzarramente come Rattus norvegicus (sic) è diffuso in tutto il pianeta.
Ma resta una domanda: se le case di milioni di abitanti dell’India crollarono e uccisero tanti esseri umani, perché invece i ratti si salvarono ed ebbero la possibilità di proliferare? Non finirono anche loro sotto le macerie? No, apprendiamo, perché “i ratti sono ipersensibili ai gas che, risalendo dalle profondità della terra molte ore prima del terremoto – come documentato dai recenti rilevamenti all’infrarosso dei satelliti – si infiltrano nelle tane scavate nel sottosuolo e li fanno fuggire all’aperto”.
Riassumendo: attraverso questa incursione nella storia e nella scienza apprendiamo moltissimi fatti sull’evoluzione sanitaria e demografica dell’Europa, e scopriamo pure che i terremoti si possono prevedere con diverse ore di anticipo, un tempo sufficiente a mettere al sicuro gli esseri umani (oltre che i ratti).
Tutto questo si legge nelle prime pagine de “La memoria del nemico. Perché ci sono voluti duemila anni per scoprire il sistema immunitario” del clinico e ricercatore Arnaldo D’Amico (il Saggiatore, 333 pagine, 24 euro). E di storie così questo libro è pieno.