Corriere della Sera, 16 febbraio 2023
Bettini elogia Ultimo
«E poi c’è questo ragazzo, Ultimo, che viene dalla borgata e fa delle canzoni bellissime, come quella che ha cantato al Festival. La sala stampa di Sanremo ha esultato nel momento in cui è finito fuori dal podio ma lui se ne frega, va avanti per la sua strada, ha già riempito lo stadio Olimpico e lo farà ancora in estate. Un tempo», il riferimento è all’epoca del Partito comunista italiano, «questi ragazzi li andavamo a cercare noi, li chiamavamo, li conoscevamo. Come abbiamo fatto con un giovanissimo Antonello Venditti, con Francesco De Gregori, qualche anno dopo con Luca Barbarossa…».
Lunedì 14 febbraio 2023, ore 18, sulla testa del centrosinistra romano soffia il vento gelido della pesante sconfitta alle elezioni regionali del Lazio. Mentre nei seggi elettorali si ultima a fatica il conteggio delle preferenze, alla Domus Sessoriana di Roma va in scena l’ennesima presentazione del saggio di Goffredo Bettini A Sinistra. Da capo.
Al tavolo dei relatori, insieme all’autore, ci sono Gianni Cuperlo e la storica dell’arte Ivana Della Portella. È l’ideologo del primo Pd, quello degli esordi del biennio 2007-2008, a tornare su Sanremo in chiave futura, iscrivendo di suo pugno il nome di Ultimo nel pantheon democratico. «Il mio compianto amico Gianni Borgna», spiega, «mi diceva: “Goffredo, per capire l’Italia è inutile che ti affatichi a leggere tutti questi libri. Basta guardare Sanremo”. E così anche quest’anno ho guardato il festival».
Segue analisi: «L’ultimo Sanremo è stata la combinazione di tre cose. C’è stato il politicamente corretto, come la lettera di Zelensky: sia chiaro, io sono per sostenere l’Ucraina anche con l’invio delle armi ma le parole del presidente ucraino erano un invito alla guerra, mentre questa guerra si vince solo se si arriva alla pace. (…) Poi c’è stato il politicamente scorretto, tutte le cose che avete visto, come quella scena di Rosa Chemical con Fedez (…)». E oltre questo corretto e scorretto, in mezzo, «c’è stato Ultimo, uno di quelli che un tempo noi avremmo cercato, conosciuto, coinvolto, come avevamo fatto con artisti come Venditti, De Gregori, Barbarossa». Non fosse per l’abusato giochino che da anni unisce dotte analisi politologiche a bassissime considerazioni da social network, non fosse quindi per l’immarcescibile nome a caso che chiude l’ormai ultradecennale tormentone su papi e cardinali stranieri buoni per ogni stagione della sinistra in crisi, saremmo a un passo da «il Pd riparta da Ultimo».
L’artista che viene dalla periferia, poco amato dalla critica ma idolatrato dalle masse, che riempiono i suoi concerti; il tutto mentre gli idoli della critica fanno incetta di premi ma si tengono alla larga dagli stadi. È la via mediana, secondo Bettini, tra l’elitarismo e il populismo, che in fondo era l’obiettivo principale del Pd prima che in questa faticosa ricerca trovasse sulla sua strada, uno dopo l’altro, il Movimento 5 Stelle, la Lega di Matteo Salvini e adesso i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
Sulle considerazioni sanremesi Bettini incassa il plauso del pubblico e quello di Cuperlo, che verosimilmente avrà il suo voto nei circoli («Gianni, io non dico niente, sennò poi ti dicono che ti sostiene Bettini»). E così la 73ª edizione del Festival, dopo aver coinvolto governo e Parlamento, si fa sentire anche – a scoppio ritardato ma neanche troppo – nel dibattito congressuale del Pd. Che forse troppo stretto nella morsa feroce tra Rosa Luxemburg e Rosa Chemical, finalmente ha trovato la sua via musicale alla socialdemocrazia. Il sostegno degli ultimi, chissà, prima o poi tornerà. Nel frattempo, citofonare Ultimo. Il vecchio Pci, sostiene Bettini, l’avrebbe già fatto.