la Repubblica, 16 febbraio 2023
A teatro il ritorno in sordina di Grillo
«Ora basta gridare», potrebbe essere il titolo di tutto lo spettacolo. Dieci anni dopo lo “Tsunami tour” che fu davvero una tsunami per la politica italiana, cinque anni dopo “Insomnia” che fu il sussulto del fondatore del M5S ormai sulla via dell’abbandono: gli anni passano veloci e l’età avanza, «mi scordo le cose, capitemi, ormai vado per i 75 anni», esordisce Beppe Grillo. Già la location suggerisce una nuova fase, più di nicchia, per il comico che si era fatto politico: al teatro Mancinelli di una tranquilla Orvieto i posti sono quasi tutti occupati, ma non saranno neanche 400 per l’ultima fatica, “Io sono il peggiore”. La linea dello spettacolo è semplice: il pubblico fa le domande anonime, a piacere, le scrive su un foglietto e poi le infila in un sacchetto della spazzatura nobilitato per l’occasione. Cosa pensi di Luigi Di Maio? «Ma cosa volete, anche Giuda era un socio di Gesù prima di tradirlo…». Sei deluso dal M5S? «Ma no ma no, è un’altra cosa, io sono diverso come siete diversi voi, non ragiono come un politico…». Il Movimento «è nato perché non digerivo e non dormivo, le persone che dormono bene non rompono i coglioni a nessuno». E poi, cambiando velocemente discorso, «ci governa l’estrema destra, così li chiamano in tutta Europa».
In platea tutti si aspettavano Giuseppe Conte, arriva ma dopo l’inizio, al riparo dai selfie. C’è Roberto Fico, l’ex presidente della Camera che brinda con un prosecco prima dello spettacolo, «è sempre un piacere vedere il nostro garante. Cosa dirà? Chi lo sa, vediamo», sembrava sincero lì davanti all’ingresso. C’è qualche deputato, non altri big di ieri e di oggi, sul palchetto è sistemato il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Va detto che tutto sommato è uno spettacolo non imperdibile, lontano dalla carica comica e assieme capace di far riflettere del passato: il comico genovese indugia ancora sulla vecchiaia, sui suoi effetti, sulla memoria – un’anziana signora che lo ferma e le mostra un anello, «non ti ricordi di me?, me lo hai regalato nel 1974…», ma era un falso ricordo – e sulla depressione nelvedere un mondo difficile da capire. Allora Grillo torna indietro nel tempo, mostra foto e video, quando 20-30 anni fa parlava già di auto a idrogeno, di energia rinnovabile, di comunità energetiche, dello scandalo Parmalat, rammenta il suo incontro con il presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, omaggia Dario Fo che – dice – gli morì praticamente tra le braccia ridendo a una sua battuta, e ora chiede: «Ma cosa volete da me adesso?».
Qual è il filo del discorso, il messaggio che il Grillo fuori dalla politica e dal Movimento, vuole trasmettere? Forse solo la malinconia o magari una suggestione confusa, per lui che è sempre stato appassionato di nuove tecnologie, anche in maniera visionaria. L’intelligenza artificiale quindi; avverte, «sappiate che non è neutra, c’è qualcuno che muove i fili, c’è il nano sotto, c’è sempre un nano sotto». Le speculazioni degli algoritmi finanziari, i server delle multinazionali posizionati vicini a Wall Street, le miniere dove si estraggono i m ateriali per le batterie dei telefoni di cui non vogliamo sapere nulla. Un patchwork con vecchi aneddoti, denunce lise e così alla fine il fragoroso “vaffanculo” si è trasformato in un rassegnato e insieme confortante “ve l’avevo detto”. L’ultima stoccata è sulla “giustizia spettacolo” attorno al processo a carico del figlio. Lo definisce un «processo politico: le sentenze le fanno in televisione». Ce n’é abbastanza per il Grillo più triste e mesto che si ricordi.