il Giornale, 15 febbraio 2023
Intervista a Raoul Bova
Ad allevare bambini lui ci è abituato visto che ne ha quattro. E, dunque, si è ben immedesimato nel ruolo di Guido Borghi che ne ha dovuti tirare su altrettanti e senza l’aiuto della moglie caduta in coma per un ictus. Insomma Raoul Bova torna da questa sera su Canale 5 nella fiction Buongiorno, mamma!, il family e mistery drama diretto da Alexis Sweet e Laura Chiossone (prodotto da RTI e Lux Vide), che tanto successo ha riscontrato nella prima stagione. E, ora, finalmente, potrà tornare a parlare con la moglie Anna, interpretata da Maria Chiara Giannetta, che, dopo otto anni, apre gli occhi, si risveglia (anche se lei dal suo letto sentiva vagamente quel che le accadeva intorno) e vede i suoi figli cresciuti e completamente cambiati. Non solo, dovrà anche capire chi e perché l’ha fatta finire allo stato vegetale. Dunque un ruolo facile da interpretare per l’attore allenato ad allevare figli. Ne ha due grandi, Alessandro e Francesco, avuti con la prima moglie Chiara Giordano e due piccole, Luna e Alma, avute con l’attuale compagna Rocío Muñoz Morales.
Raoul, ci sono somiglianze tra i figli per fiction e quelli veri?
«Molte cose sono simili. Soprattutto nella forte differenza di età tra i fratelli. Poi, per esempio, il mio Francesco vuole fare il musicista come Jacopo, il secondogenito dei Borghi».
E che differenza c’è tra Raoul padre e Guido padre?
«Per entrambi la famiglia è la cosa più importante della vita, viene al primo posto, sopra tutto, il lavoro, le amicizie, il tempo libero. Direi che comunque Guido è più saggio, più paziente. Anche se in alcune situazioni si mostra troppo debole».
Nei nuovi episodi di Buongiorno, mamma! tua moglie Anna si sveglia: un miracolo che nella realtà accade raramente. Però, poi, inizia la fase dura, quella della ripresa e dell’assistenza a una malata.
«La parola chiave della prima stagione era l’attesa, quella della seconda è la forza dell’unione. Il ritorno di Anna per la famiglia all’inizio è un momento di grande gioia, dopo iniziano i problemi perché lei non riconoscerà quei figli che pensava crescessero in un altro modo».
Quando si è addormentata i bambini erano piccoli e se li ritrova ragazzi.
«Nel frattempo Guido ha dovuto affrontare le difficoltà legate alla loro crescita, con l’aggravio di tutte le vicende legate al mistero di chi ha provocato il coma della moglie. A un tratto se la ritrova lì, cosciente, non sa se toccarla, abbracciarla, baciarla, dormire con lei, però sa che le deve stare sempre accanto nell’affrontare la terapia».
Ovviamente è una fiction e dunque racconta in maniera romanzata un risveglio. Però affronta un problema che nella realtà tocca parecchie persone.
«E molte di loro sono state contente di vedersi rappresentate, di condividere gioie e dolori, di far capire al grande pubblico cosa significhi affrontare queste situazioni. Ci sono casi di persone che sono uscite dal coma anche dopo molti anni e hanno ripreso quasi completamente le funzioni vitali. E noi in questa seconda stagione raccontiamo i passaggi difficili che si devono affrontare per riprende una esistenza normale».
Come ti sei preparato per interpretare Guido? Hai parlato con persone che si sono trovate in queste condizioni?
«Sono molto amico di una signora malata di Sla: da dieci anni è immobile, può muovere solo gli occhi, ma ha una enorme voglia di vivere, è circondata dai nipoti che si lanciano su di lei nel lettone. Il marito, che l’assiste con grande amore, mi ha ispirato per il mio personaggio, mi sono confrontato soprattutto con lui sugli aspetti pratici e mentali».
La fiction è centrata sul ruolo della madre, fondamentale in ogni famiglia. Tu che rapporto avevi con la tua adorata mamma Rosa?
«Un rapporto stupendo. Lei era una donna fantastica, spensierata, sorridente, cercava di minimizzare le tragedie, di trovare la parte positiva anche nei momenti complicati. Nei miei ricordi di bambino c’è lei che mi portava a fare la spese con l’autobus, andavamo al mercato e stavamo sempre insieme. Anche se, ovviamente, a volte entravamo in conflitto perché io ero un po’ discolo da piccolo».
Tu, così calmo, non ti si immagina un piccolo ribelle.
«Come tutti i bambini ero vivace, soprattutto a scuola con le maestre e in forte competizione con i compagni. Mia madre mi ha lasciato un grande insegnamento: il pragmatismo, se non riesci ad ottenere una cosa, non devi fartene un cruccio, ormai è andata, e bisogna pensare a come andare avanti senza quella cosa».
Ma tu cosa faresti se una delle tue figlie rimanesse incinta a 17 anni come succede a Sole nella fiction?
«I figli sono figli e le vite si gestiscono. Dove ci sono tanti figli ce ne sta benissimo anche un altro».