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 2023  febbraio 15 Mercoledì calendario

Un ricordo di Arturo Di Modica

«Per le sue opere, una in particolare, la fama è mondiale. Ma l’artista non è altrettanto conosciuto. Avete presente il Charging Bull o Toro di Wall Street? Una scultura di tre tonnellate di bronzo, diventata simbolo della Grande Mela. A quella mi riferisco. Una leggenda. Purtroppo Arturo vi è rimasto ingabbiato. Vorrei, invece, che si conoscesse di più l’intera produzione artistica e che si conoscesse la sua persona. La vita straordinaria di un uomo pieno di energia e di passione – dice Stefania Drago, vedova di Arturo Di Modica —. Lui e i suoi progetti in Sicilia, realizzati in parte».
L’artista, nato a Vittoria (Ragusa), formatosi all’Accademia delle Belle arti di Firenze e poi volato negli Stati Uniti dove rimase a lungo, è scomparso il 19 febbraio 2021 nella sua città natale, all’età di 81 anni. Sono trascorsi due anni, spesi dalla famiglia a riannodare i fili della sua esistenza, a preservarne l’eredità culturale, oltre al disbrigo delle complicate pratiche della successione americana. «Arturo era cittadino americano anche se – spiega la moglie —, quando morì di una implacabile malattia diagnosticata nel 2006, già non abitava più stabilmente a New York pur andandoci di frequente». «Con le compresse chemioterapiche in tasca». «Mio marito – continua – era un uomo vulcanico, quasi a riprendere la natura della sua terra, che mai ha messo da parte. Con fierezza, ha fatto tutto ciò che era necessario per realizzare ciò che aveva dentro: la sua creatività, il suo cuore, e la sua arte. Ora, con la collaborazione di quanti lo hanno conosciuto o che, senza conoscerlo, l’hanno amato e apprezzato, porteremo avanti i suoi progetti».
Si narra che il Charging Bull di Bowling Green (nel quartiere della borsa di New York) sia, dopo la Statua della Libertà, il monumento più visitato di Manhattan, più dell’Empire State Building. E, dunque, non si può fare a meno di accennare a quest’opera diventata famosa, scaricata con un blitz («L’operazione non poteva durare più di cinque minuti, altrimenti avremmo rischiato grosso», raccontò Di Modica) davanti a Wall Street il 16 dicembre 1989. Successivamente fatta rimuovere e poi piazzata a Bowling Green.
L’artista dovette pagare una multa di 500 dollari. Il prezzo della sortita abusiva, oltre a quello, molto salato, dell’opera stessa. Del resto, Arturo Di Modica si era già fatto notare come «provocatore dell’arte». Attirando così l’attenzione dei collezionisti.
Nel 1977 decise di lasciare per strada tutte le sue sculture, 60 tonnellate di marmo, davanti al Rockefeller Center. Il giorno dopo la notizia era in prima pagina sui giornali di mezzo mondo. E che dire del cavallo in bronzo alto 3 metri con la testa che tocca una lunga coda imbizzarrita? Avvolto in una coperta rossa, con un augurio per San Valentino, viene issato sulla nuova Ferrari dell’artista per poi essere scaricato (senza permessi, s’intende) davanti al Lincoln Center. Era il 1985. «Sono contrario ai musei – ebbe a dichiarare lo scultore —: l’arte deve essere fruibile, restare all’aperto».
La vita privata di Arturo Di Modica conta due matrimoni e una figlia avuta in seconde nozze da Stefania Drago (anche lei divorziata e già madre di due figli), amica di famiglia. «Entrambi di Vittoria, ci conoscemmo e ci frequentammo durante i soggiorni di Arturo in Sicilia – confida la moglie —. Durante l’estate per i vittoriesi la spiaggia e il mare di riferimento si trovano nel vicino borgo di Scoglitti. Fu lì che il nostro rapporto prese il volo. Ci sposammo nel 2000. Io molto più giovane di lui. Poi nacque Marianna». «Sulle prime si era pensato di trasferirci tutti a New York. Ma Arturo era già concentrato sui progetti siciliani. Tornava sull’isola sempre più di frequente. L’idea di spostarci negli Stati Uniti naufragò definitivamente nel 2006 quando mio marito si ammalò». «Va sottolineato – aggiunge Drago – che la sua forza di reazione fu esemplare. Conosceva bene l’anatomia e capiva che il male l’avrebbe portato alla fine. Non l’accettava, la sua componente psicologica combattiva lo aiutava a resistere. Riusciva persino a trovare il buono e il bello anche nelle cose negative. Guardava l’immagine della Tac, e diceva “sembra una rosa”… Rimase attivo fino agli ultimi giorni. D’altronde, Arturo era un tipo che non si lasciava mai scoraggiare. Ricordo un periodo nero, nel 2011, a proposito di un contenzioso legale con l’Agenzia delle Entrate. Fu accusato di evasione fiscale. Vero è che lui, cittadino americano, le tasse le pagava in America. Ad ogni modo, si arrabbiava ma non si abbatteva. Piuttosto di impuntava; talvolta era incomprensibilmente contraddittorio. Carattere d’artista. Sapeva anche essere ironico. Teneramente, mi chiamava Donna Stefania».
«I suoi progetti in Sicilia? Furono avviati agli inizi del 2000 – afferma la moglie —. Per cominciare, l’acquisto di un parco di 10 ettari a Vittoria, punteggiato di alberi mediterranei: ulivi, carrubi, palme. All’interno dell’area, le Gallerie del Nuovo Rinascimento, create come luoghi espositivi: più di 500 metri quadrati, oltre 9 metri di altezza, rifiniti con la pietra di Comiso. Inoltre, c’è un Teatro all’aperto, con al centro una fontana; uno spazio predisposto per un laghetto artificiale e la scuola di scultura e pittura». Non è tutto: fuori dal Parco, in una casa degli anni Quaranta, in via di restauro, verrà allestito il Museo. «Al momento – spiega Stefania Drago – nel Parco ci sono due sculture in marmo di Carrara della serie musicale. Se i due monoliti vengono colpiti da uno stecchetto, o naturalmente dal vento, si riproduce il suono delle note: esperienza visiva, tattile e sonora. Poi, sulla piazza delle Primizie, ci sono le Mani, sempre in marmo di Carrara». Il progetto più ambizioso riguarda i Cavalli ipparini. Si è fermato alla fusione dei due esemplari. Completati, ma non assemblati. Di Modica è morto e non ce l’ha fatta. Racconta la moglie: «Le sculture in bronzo, alte 30 metri, da collocare sulla Valle del fiume Ippari, erano state ideate e realizzate per contenere dentro la pancia di ogni cavallo nientemeno che un museo».