la Repubblica, 15 febbraio 2023
Biografia di Nikki Haley
È Nikki Haley la prima repubblicana che sfida Trump, candidandosi alle primarie presidenziali del 2024, perché il partito ha bisogno di un «ricambio generazionale ». Le sue possibilità di farcela sono complicate dal fatto che lei stessa aveva abbracciato il trumpismo, perdendo quindi l’originalità che la caratterizzava quando era governatrice della South Carolina. La sua mossa però dimostra l’insofferenza strisciante nel Gop verso l’ex presidente, e promette di aprire la porta ad altri sfidanti tipo il governatore della Florida DeSantis, anche se nella base Donald continua ad avere una solida maggioranza.
Haley si è candidata con un video in cui ha denunciato che «i repubblicani hanno perso il voto popolare in sette delle ultime otto elezioni presidenziali. Questo deve cambiare». Un calcio negli stinchi a Bush figlio (che nel 2000 prese meno voti di Al Gore), ma soprattutto a Trump, che non aveva ottenuto la maggioranza su base nazionale né nel 2016, né nel 2020, perdendo le elezioni di midterm del 2018 e del 2022. I repubblicani erano riusciti a conquistare la Casa Bianca con George W. e Donald sfruttando i cavilli del collegio elettorale, che consente di vincere prevalendo nei singoli stati con più voti elettorali, ma il Gop ha dimostrato di essere ormai minoranza in America in termini di consenso generale, soprattutto per l’arretratezza del suo messaggio sociale.
Nikki Haley ritiene sia venuto il momento di cambiare strada. Non solo dal punto di vista generazionale, colpo sferrato anche all’ottantenneBiden,ma ancheda quello della pro- posta politica. Lei, 51 anni, pensa di essere la persona giusta per farlo grazie alla sua storia. Donna; figlia di immigrati indiani, ma convertita al cristianesimo; ex governatrice di uno stato del sud come la South Carolina, passata alla storia perché aveva fatto ammainare la bandiera confederata; ambasciatrice all’Onu, quindi con l’esperienza internazionale necessaria per un presidente. Il problema, come ha notato sul New York Times il consulente repubblicano Stuart Stevens, è che lei stessa ha buttato via questi vantaggi quando nel 2016 si è convertita al trumpismo. Forse l’ha fatto per necessità, perché chi non si piegava veniva spezzato; oppure per ambizione, incassando il prestigioso, piacevole e utile incarico di ambasciatrice all’Onu. Così però ha perso la sua specificità, e si sa che tra l’originale e la copia è sempre meglio l’originale.
La sua sfida però porta in superficie l’insofferenza verso Trump del Gop, che con lui teme di riperdere nel 2024, magari contro Biden. Perciò potrebbe spingere altri a rompere gli indugi, come il favorito DeSantis, l’ex vice Pence, l’ex segretario di Stato Pompeo, i senatori Scott, Cotton, e magari ancora Cruz e Rubio, i governatori della Virginia Youngkin, del South Dakota Noem, del New Hampshire Sununu e del Maryland Hogan. Trump ha ancora la maggioranza nei sondaggi, perché il Gop è scivolato a destra a sua immagine e somiglianza, ma la corsa è appena iniziata, i finanziatori non sono entusiasti, e diverse cause legali restano aperte.