La Stampa, 15 febbraio 2023
Franco Ferrarotti parla del razzismo in Italia
Gli italiani sono razzisti e lo saranno fino alla fine del secolo, sostiene Franco Ferrarotti, professore emerito di sociologia della Sapienza di Roma. A quasi 97 anni non smette di leggere, studiare, osservare il mondo e soprattutto l’Italia. E invita a non sottovalutare le parole di Paola Egonu né quelle di Karima Moual sul razzismo. Non sono uno sfogo individuale, avverte, ma il segnale di un disagio di una parte della società italiana, quella delle seconde generazioni.
Quanto è ancora diffuso il razzismo in Italia?
«Si crede ancora nel mito degli italiani "brava gente". In realtà gli italiani hanno un fondo razzista molto radicato».
Non sono i soli in Europa.
«È vero, ma il razzista italiano ha una sua specificità, ha a che vedere con la nostra storia, lunga e profondamente contraddittoria. Siamo presenti nel Mediterraneo, e nel mondo, da trenta secoli. Siamo una delle società più antiche d’Europa. Roma era una città importante quando Parigi era solo un pugno di catapecchie sulla Senna e Londra neppure esisteva. Anche se è una società antica, radicata e sicura della sua fisionomia, ha una struttura politica recentissima, e molto fragile, come dimostrano anche i risultati delle elezioni regionali. Lo Stato non è ancora percepito come un bene comune».
Italiani gente superiore, quindi, se nati da genitori italiani. Inferiori se hanno genitori stranieri.
«In Italia si nasce ma non si diventa italiani. È la battaglia condotta dal Pd sullo Ius Soli, una battaglia sacrosanta. Il diritto di essere cittadini quando si nasce su un certo suolo ha una ragione profonda, basterebbe che gli italiani ricordassero le origini di Roma nata come rifugio di nobili decaduti, schiavi fuggiti, prostitute, persone che non avevano più patria».
Invece nessuno ricorda nulla e stiamo creando una società che esclude, che alimenta un’ostilità tra italiani.
«Come in Francia, c’è un profondo disagio tra chi ha origini straniere. Le vere vittime di questa situazione non sono i genitori arrivati dall’estero. Loro sono persone forti, sicure di sé tanto da poter affrontare l’immigrazione. Sono, però, persone che hanno lasciato la loro cultura per andare a vivere in una nuova che non li accetta. La risposta dei figli a questa non integrazione è la vendetta, la violenza».
Pensa che possa esserci una reazione violenta da parte degli italiani di seconde generazioni?
«È possibile. Gli esseri umani non possono vivere senza la struttura di valori comuni che è la cultura. Le parole di Egonu non rappresentano una reazione psicologica individuale ma un segnale da prendere in grande considerazione. C’è un bisogno di visibilità e riconoscimento che può esplodere in violenza».
Che cosa è mancato?
«C’è un ritardo spaventoso della classe politica. Le democrazie muoiono per suicidio o per autoconsunzione . L’assenteismo di queste ultime tornate elettorali è un segnale importante, deve farci capire che la classe politica è rappresentante ma non è più rappresentativa. Vuol dire che con il suo modo di gestire il potere assistiamo al teatrino della politica in cui si fanno le primarie tra di loro, si usa un linguaggio che nessuno adopera. Stiamo rischiando di riconsegnare questo Paese agli istinti peggiori».
La politica sembra non avere alcun interesse per i diritti di chi è straniero o di chi è italiano di seconda generazione.
«Eppure l’Italia ha un estremo bisogno di manodopera straniera. Siamo un popolo senescente, lo dico io che sto per compiere 97 anni. Il numero dei pensionati sta superando il numero della popolazione attiva. È uno scenario non favorevole richiede un capovolgimento dell’approccio. Anche la chiesa cattolica che è accogliente nei confronti degli stranieri, lo fa per una questione di buon cuore. È un errore, si tratta di esigenze vitali del Paese, è una questione di sviluppo organico della società».
Quanto tempo ci vorrà perché gli italiani smettano di essere razzisti?
«Difficile fare previsioni ma si tratta di processi lenti. Credo che bisognerà aspettare la fine di questo secolo, circa 70 anni»