ItaliaOggi, 14 febbraio 2023
Il pallone aerostatico impazzito che nel 1998 rischiò di scatenare una guerra tra Cina e Stati Uniti
Ride, Dale Sommerfeldt. Ride perché sono passati 25 anni e alla fine non accadde nulla di grave. In quei giorni del 1998, però, il suo stato d’animo era ben diverso. Comprensibile, se eri a capo di una missione meteorologica canadese che per colpa di un pallone aerostatico impazzito aveva rischiato di far esplodere uno scontro diplomatico fra tre nazioni sulla scia di quel che è accaduto tra Cina e Stati Uniti.
Sommerfeldt lavora per la società di ingegneria canadese Scientific Instrumentation ltd, che nel 1998 aveva costruito la strumentazione per il pallone, pensato per la ricerca strettamente scientifica relativa all’ozono. Il pallone canadese era di una tipologia diversa rispetto a quello cinese abbattuto dagli Usa. Era enorme: aveva le dimensioni di un edificio di 25 piani che, se sgonfio, avrebbe coperto un’area equivalente a cinque campi da calcio.
Il pallone riempito di elio era stato lanciato dalla provincia di Saskatchewan alla fine del mese di agosto per condurre ricerche per l’Agenzia spaziale canadese, Environment Canada e l’Università di Denver, negli Stati Uniti. Teoricamente sarebbe dovuto atterrare in due o tre giorni. Ma presto i ricercatori, con Sommerfeldt in testa, si resero conto che qualcosa era andato storto. Una valvola che avrebbe permesso al pallone di rilasciare naturalmente gas e sgonfiarsi nel tempo previsto era stata coperta da un pezzo di plastica.
Non passò molto tempo prima che gli studiosi perdessero il controllo dell’ingombrante strumento. Il dispositivo di terminazione si guastò, così come il sistema di backup. E il pallone fu in balia del vento. «Chiedemmo all’esercito canadese se avesse preso in considerazione l’idea di abbatterlo, inviando qualcuno per il tiro al bersaglio», ha raccontato Sommerfeldt alla Bbc.
Sperando di salvare la ricerca, Sommerfeldt chiese ai piloti dei jet di combattimento di sparare verso l’alto e di mirare al punto di sospensione, dove si trovava il meccanismo di rilascio per il pacchetto di strumenti scientifici che erano attaccati a un paracadute. Ma i colpi andarono a vuoto. «Non fu sufficiente scuotere il meccanismo di rilascio. Probabilmente colpirono anche il pallone, ma quei piccoli fori di proiettile non ebbero alcun effetto».
Si alzarono in volo anche aerei da combattimento britannici e statunitensi. Il «pallone canaglia», come lo chiama oggi Sommerfeldt, proseguì la sua rotta verso l’Islanda, prima di andare alla deriva nello spazio aereo russo e di tornare in Norvegia, per poi finire la sua corsa sull’isola finlandese di Mariehamn dopo un’odissea di nove giorni.
La strumentazione venne rispedita in Canada e riutilizzata anche se c’erano alcuni fori di proiettile sulla confezione dello strumento e sul suo paracadute. La vicenda finì con un’ammonizione da parte di Nav Canada, l’autorità di regolamentazione del traffico aereo del paese, che fu costretta a deviare i voli transatlantici attorno alla rotta del pallone. «È passato un po’ di tempo e ora ci rido su», ha detto ancora Sommerfeldt. «All’epoca, però, la faccenda mi provocò un gran mal di testa».