la Repubblica, 14 febbraio 2023
Julianne Moore e i suoi capelli
Una volta qualcuno dell’industria di Hollywood chiese a Julianne Moore di «provare a sembrare più attraente». Lei rispose di non sapere se ne fosse capace. «Ovviamente la bellezza ha un ruolo per chi fa questo mestiere, ma c’è anche una componente oggettiva». All’ingleseTime out l’attrice (premio Oscar nel 2015 per Still Alice )ha confessato qualche settimana fa il sogno, ancora oggi ricorrente, di essere una “bionda abbronzata” piuttosto che una rossa pallida, cosa che da ragazzina l’ha fatta sentire una outsider e che la costringe a fuggire dal sole. Approfondiamo l’argomento intervistandola per un film di cui è protagonista e produttrice, Sharper — su Apple Tv+ dal 17 — thriller rompicapo allaI soliti sospetti ,abili truffatori in azione a Manhattan. Dirige Benjamin Caron, nel cast Sebastian Stan, Justice Smith e Briana Middleton.
Quello sui capelli rossi è uno stereotipo che ha radici lontane.
Nell’antico Egitto era simbolo di ferocia, a Roma lo si associava alla malasorte, nel Medio Evo alle streghe. In Italia Giovanni Verga racconta il pregiudizio popolare verso il giovane e sfortunato “Rosso Malpelo”. Nel Regno Unito parlano di “gingerismo”. Perché lei ha pensato di parlarne oggi, che è al culmine della sua carriera?
«Perché è solo una delle molte declinazioni della xenofobia. Come sempre, quando consideriamo “altro da noi” qualsiasi essere umano. Lo facciamo da sempre, e non c’è niente di peggiore. Tendiamo a bollare ogni diversità come qualcosa che non fa parte di noi. Quelli con i capelli rossi come me sono il due per cento della popolazione e ancora oggi vengono considerati “esotici”. È ovvio che questo sia meno grave rispetto a tutti gli altri orribili comportamenti che vengono adottati nei confronti di persone di diverse culture, religioni, colore della pelle. È una nostra, ripugnante attitudine, essere costantemente razzisti su qualsiasi cosa. Ne ho voluto parlare soloperché mi sembra importante ricordare che non dobbiamo classificarci gli uni con gli altri.
Siamo tutti esseri umani. E se la discriminazione riguarda persino qualcosa di sciocco come i capellli rossi, mi sembra illuminante sulla natura assurda del pregiudizio».
Questo film segna il suo debutto come produttrice.
«Ho ricevuto la sceneggiatura, la mia agente rappresenta anche gli autori, mi aveva detto di leggerla, certa che l’avrei apprezzata. E così è stato, pagina dopo pagina cresceva in me ildesiderio di entrare in quel ruolo. Mettere in piedi il film non è stato semplice, abbiamo fatto tutto via Zoom durante la pandemia, rischiavamo di non stare nei tempi. Ho sostenuto il progetto anche con tutte queste difficoltà, convinta di poter essere di stimolo anche al resto della squadra. Vedendo la mia passione, ho pensato, anche gli altri ci avrebbero creduto di più. È stata un’esperienza dalla quale ho imparato molto, anche se non credo di aver fatto tutto nellamaniera giusta: è difficile conciliare un lavoro di concentrazione, come quello dell’attrice, e il pragmatismo e la rapidità richieste dal mestiere di produttore. Spero che la prossima volta vada meglio...».
Come possiamo definire il personaggio di Madeleine?
«Una persona che prova molto piacere in quello che fa. Tutto ciò che fa la diverte tanto e prova piacere nel vivere ogni momento della propria esistenza. Le piace andare a fare shopping, i party...
Ogni scelta che fa è puro frutto del desiderio e del piacere».
Una figura camaleontica.
«Penso che in ciascuno di noi ci siano diverse personalità che si adattano alle situazioni. Con il nostro partner ci comportiamo in un modo, con il nostro capo in un altro e con gli amici in un altro ancora. E siamo diversi anche quando andiamo a fare la spesa.
Credere che l’identità sia qualcosa di solido è pura illusione: è solo una costruzione. È il modo in cui scegliamo di presentarci, in qualunque situazione ci troviamo».
“Sharper” è un film complesso, di cui si può dire poco, c’è da parte di tutti voi una sorta di ossessione da spoiler.
«Vorrei che il pubblico vivesse la stessa esperienza che ho vissuto io mentre leggevo la sceneggiatura, lo stesso gusto. È una sfida. Ma al di là dei colpi di scena, penso che questo sia un film sulle persone e le loro relazioni, e su come usiamo le relazioni per ottenere ciò che vogliamo. Mi piace esplorare queste dinamiche, cosa c’è dietro a due persone che si incontrano, si parlano, si innamorano, si sposano...
Preferisco guardare e portare sullo schermo questo, piuttosto che un inseguimento in auto. È più intrigante vedere che cosa succede quando due persone parlano tra loro, e cercano di ottenere qualcosa l’una dall’altra».