la Repubblica, 13 febbraio 2023
I cabarettisti a Kiev
C’è poco da ridere ma quel poco lo si fa meravigliosamente bene stando in piedi davanti a un pubblico che da un anno non chiede altro. Ridere. Per un’ora, per cinque minuti, per una volta di più, perché non si sa mai e sbrighiamoci che tra poco magari suona di nuovo l’allarme aereo. Ridere come ai vecchi tempi, ridere di tutto, persino della guerra, soprattutto della guerra. I missili, i droni kamikaze, il cibo che manca, la bomba atomica, la morte. Perché, tanto, di cosa vuoi parlare a Kiev? O a Odessa, a Bakhmut, a Kharkiv? Esiste un solo argomento di attualità, assorbe tutti gli altri e perciò diventa materiale per comici. A conflitto in corso, hanno ripreso a organizzare show di cabaret nei bunker, nei teatri o, come stasera, nella hall dell’hotel Tourist di Kiev. Che enorme responsabilità: scherzare col fuoco davanti a chi si è già ustionato, cercando di essere insieme irriverenti e patrioti. Quel microfono deve pesare quanto un bazooka.
Si accendano i riflettori, dunque.E avanti il primo. «Un tempo ero spaventato dal riscaldamento globale… ora che la Russia distrugge le centrali elettriche e nel mio appartamento fanno cinque gradi sotto zero, sono diventato un super fan del riscaldamento globale…». La sala ride. Anton Timoshenko, 29 anni, speaker radiofonico e comico da nove anni, ha rotto il ghiaccio. Ci sono 300 poltrone e qualcuna è vuota, 300 grivne (7,5 euro) a posto, il 20 per cento dell’incasso è devoluto alle forze armate ucraine. «Ora vado al supermercato e mi compro tutte le buste di plastica che hanno perché lo voglio subito, questo riscaldamento globale! Datemelo prima che finisca l’inverno!». Applausi. «È probabile che morirò per colpa di un drone iraniano, il che è veramente triste, perché, dico, avete sentito che rumore fanno? Prrr prrr prr...». Il motore degli Shahed effettivamente assomiglia alla pernacchia di una Vespa smarmittata. «Quant’è inelegante morire dopo un lungo prrr?». Anche questa piace, l’imitazione aiuta sempre. «Venerdì ero a parlare a un evento organizzato da aziende tedesche. Per farli rilassare dico: grazie per i tank, mai avrei immaginato di essere contento di vedere carri armati tedeschi su suolo ucraino. L’altra volta però (quando i nazisti invasero l’Ucraina, ndr) siete stati un po’ più rapidi nella consegna…».
I quindici minuti a disposizione passano in fretta, Timoshenko saluta e scompare dietro le quinte mentre prende la scena Lana Chubakha. Gli spettacoli sono organizzati dal gruppo “Underground stand up”: hanno ricominciato negli scantinati un mese e mezzo dopo l’invasione, mentre fuori ancora piovevano missili. Oggi sono diventati popolarissimi. «Talvolta mi sento fuori luogo», ammette Timoshenko. «Io lì a scherzare mentre ragazzi come me sono al fronte con un fucile in mano. Però il pubblico mi ha incoraggiato ad andare avanti, facendomi capire quanto sia importante tirare su il morale alla gente e come la stand up comedy, nelle fasi più attive del conflitto, sia parte della guerra d’informazione. Non abbiamo alcun tipo di censura. Devo far ridere e devo far pensare, perché alcune battute, diciamo ‘patriottiche’, aiutano il popolo a sentirsi unito». Esploratori della risata che danzano in equilibrio sugli orli del dramma più grande: di sicuro piacciono a Volodymyr Zelensky, che prima di diventare presidente era un comico e faceva fortuna con sketch in russo nelle gare di umorismo trasmesse dalla tv di Mosca.
Sotto i riflettori Lana Chubakha, 29 anni, insegnante di scuola, improvvisa canzoni con la chitarra, racconta episodi buffi che le sono capitati quando si è nascosta in una stazione della metro durante un bombardamento, e ora si è fissata con le vetrate panoramiche. «Dicevano che sono convenienti. Si sono dimenticati di dirmi che, da quando esiste la Russia, sono anche pericolose». La sala apprezza: buona ma può far meglio.
Bisogna avere animi profondi per essere leggeri, che non vuol dire superficiali. Per ridere devi essere in grado di sopportare il tuo dolore e giocare con esso: lo diceva Charlie Chaplin, uno che ci riusciva. «Prima pensavo che la comicità non avesse limiti, invece ora so che non scherzerò mai su Bucha o Mariupol perché io non ho vissuto quelle esperienze», ragiona Anton, che per colpa dell’invasione si è messo a pesare ogni battuta. «Faccio questo calcolo: se l’ilarità che produce è inferiore al dolore che rischia di causare, la cancello». L’aritmetica della risata di una nazione in guerra.
Avanti il terzo. Si chiama Yuriy Kolomiets, 27 anni, ha un canale su YouTube. Il suo numero di entrata: «I russi ci aiutano in tanti modi, prima per superare l’impatto con lo stand up, immaginavo che il pubblico fosse nudo. Ora mi basta pensare che stiamo per saltare in aria per un cazzo di razzo russo e il mio stand up fila via liscio». Anche Kolomiets ha tracciato delle linee rosse che non farà attraversare al suo senso dell’umorismo. «Come si può scherzare su uno che perde un famigliare? Meglio prendere in giro Zelensky, Putin o l’ex presidente ucraino Poroshenko che sta disperatamente cercando di rifarsi un’immagine. Scrivo battute che vogliono essere positive, basate sulla convinzione che l’Ucraina vincerà». Far ridere è una cosa maledettamente seria e questi ragazzi che ora si inchinano sul palcoscenico tenendosi per mano, lo sanno. Applausi. Sipario.