il Giornale, 13 febbraio 2023
Ritratto di Nando Martellini
Ci fu un tempo (neanche tanto lontano, ma che oggi sembra preistoria) quando l’Italia trionfava al Bernabéu e il telecronista Rai, al termine della finale dell’82 contro la Germania, esultava con un sobrio «Campioni del mondo!». Ed il fatto di averlo ripetuto tre volte, già parve ai puristi della telecronaca old fashion uno strappo alla regola dell’ortodossia Rai.
Quel signore (in tutti i sensi) che ci accompagnò con bella voce ed emozioni calmierate da stile, competenza e dizione perfetta (prerogativa non trascurabile per chi parla in tv, ma che oggi sembra dimenticata), si chiamava Nando Martellini. Spiegare a quanti hanno i capelli bianchi chi sia Martellini, sarebbe pleonastico come narrare le gesta di Rivera o Mazzola: noi boomers infatti questi personaggi abbiamo avuto la fortuna di goderceli live; a millenials e generazione Z è invece indispensabile ricordare come Martellini abbia rappresentato l’esatta antitesi al telecronista-tipo tanto in voga oggi: urlatore; tronfio di – presunta – competenza tecnica; affiancato da una «seconda voce» a volte inutile quanto pretenziosa.
Nando al contrario non aveva la velleità di insegnare football, si limitava a descriverlo rispettando la buona educazione oltre che le basilari regole della sintassi calcistica e (cosa che non fa mai male) di quella grammaticale. Insomma, l’esatto contrario del modello Bar Sport della Bobo Tv: deprimente ma, proprio per questo, di gran successo.
Per i nostalgici dell’onesto giornalismo alla Martellini, o per chi volesse quantomeno alternarne il tradizionale buon sapore alla maionese impazzita degli opinionisti descamisados, c’è un libro scritto da due rabdomanti delle emozioni: Cesare Borrometi e Pino Frisoli, autori di Nando Martellini. Al limite del ricordare (Oligo Editore), ponderosa ma leggibilissima antologia degli scritti più significativi del giornalista scomparso nel 2004, a 82 anni.
«Il risultato – spiegano gli autori – è a metà tra un viaggio a bordo di un’ideale macchina del tempo lungo le strade sportive del secondo ’900 e una sorta di intervista impossibile. Nando Martellini era colui il quale, con discrezione, serietà e brillantezza, entrava attraverso la radio e la televisione nelle case degli italiani e li conquistava con il suo stile molto anglosassone nel descrivere le prodezze degli eroi del calcio (soprattutto) o del ciclismo. Ripresentando alcuni suoi articoli di giornale, vogliamo oggi rendergli omaggio». Un curriculum eccezionale: 10 Campionati del mondo di calcio, 18 Giri d’Italia, 12 Tour de France, 3 Olimpiadi. Gare, partite, tornei, campionati di cui vengono narrati i retroscena. Ma non mancano articoli ironici (pubblicati a suo tempo soprattutto sul Radiocorriere-Tv), come quello sulla proposta anti-violenza di istituire un «Albo nazionale dei tifosi» con «obbligo di sostenere appositi esami»; tra le 10 prove previste anche quella di «scambiarsi nel giorno del derby bandiere e striscioni con la tifoseria avversaria»; inoltre «ognuno sosterrà la squadra opposta con lo stesso entusiasmo e la stessa intensità mostrati per i propri colori».
Nel libro non mancano le gemme, come la lettera d’amore dedicata da Nando alla moglie e declamata – con romantico stile telecronistico – nel ’77 durante la trasmissione Per tutta la vita (Rai 1): «Gianna, sei collegata in diretta con tuo marito che ti parla dal Teatro delle Vittorie in Roma. Come vedi, siamo finiti in panchina. Però io sogno per noi uno stadio luminoso, grandioso, dove avremo una bella casa dalla parte della tribuna centrale e un bel giardino dalla curva nord fino a tre quarti di campo in area dei padroni di casa. I nostri figli giocheranno dal limite dell’area di rigore fino al cerchio del centrocampo. Noi li sorveglieremo passeggiando mano nella mano sulle fasce laterali. Non ho paura del 90° minuto, perché so che tu sei con me. E vorrei andare ai supplementari, ai calci di rigore, a oltranza, perché la nostra storia non finisse mai».
Chiudiamo con un amarcord del giornalista Massimo De Luca, che firma la prefazione. De Luca era un ragazzino in vacanza sulla spiaggia di Terracina, la stessa delle vacanze di Martellini: nel tardo pomeriggio Nando scendeva tra gli ombrelloni e Massimo giocava a pallone, sperando che il grande telecronista lo notasse. Invano. Poi un flash da brividi: «Ci fermammo per lasciar passare un signore in giacca, cravatta, calze e scarpe stringate. Era Aldo Moro. Il suo nome lo conoscevamo. Quello di chi lo accompagnava, il Maresciallo Leonardi, lo avremmo tragicamente scoperto il 16 marzo 1978».
E l’Italia, da quel giorno, non sarebbe più stata la stessa.