il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2023
Mostri d’autore in mostra
“De’ visi mostruosi non parlo, perché con facilità si tengano a mente”. Glissa così Leonardo da Vinci nel Codice Atlantico. Ma intanto, zitto zitto, abbozza quella che il Vasari chiamerà la “maniera moderna” di intendere il ritratto. E giù di nasoni incassati, mentoni avvizziti, sorrisi sdentati. Alla caducità umana non si fanno sconti. Che siano burle o studi preparatori più “seri”, l’esagerazione dei tratti somatici è stata un esercizio di stile per moltissimi artisti. Dal Rinascimento all’astrattismo contemporaneo, l’homo ridiculo è diventato prototipo burlesco e insieme ricerca figurativa dei caratteri umani.
De’ visi mostruosi e caricature è infatti il titolo della rassegna di 75 (rare) “mostruosità” d’autore esposte a Palazzo Loredan a Venezia fino al 27 aprile. L’intento è quello di ripercorrere il filo “settentrionale” della ritrattistica esagerata, legando il periodo lombardo di Leonardo alla “pittura ridicola” veneta, fino all’inquietudine di Francis Bacon. La mostra, promossa dalla Fondazione Ligabue e curata da Pietro Marani, parte proprio dal genio toscano, che è il primo ad accorgersi che nell’arte non esiste solo il bello. Studiando l’anatomia dei cadaveri e le facce di tutti i giorni, l’artista-scienziato abbozza le sue “teste caricate” (guai a chiamarle caricature, ovvero disegnate col solo scopo di far ridere). Sono 18, e alcune provengono dalla collezione del Duca di Devonshire, in Italia per la prima volta. Spuntano la “Testa di vecchia” e la raffigurazione caricaturata (questa sì, l’unica) del “Chierico”, con naso adunco e fattezze da uccello rapace. In tutti i disegni stupisce il tratteggio finissimo, che incide chirurgicamente le “brutture” grossolane scrutate dall’autore.
Su queste figure hanno poi aguzzano il pennino numerosi allievi. Tra questi Giovan Paolo Lomazzo. È grazie a lui se nel XVIII secolo sbarca in laguna un ventaglio di nasoni di tutti i tipi e per tutti i gusti. Ci si imbatte anche in un suo Rabisch, antesignano del Grammelot di Dario Fo. Fine studioso e pittore goliardico, Lomazzo teorizza la relazione fra i pianeti e i tratti delle persone (ad esempio “i saturnini si piegano in avanti et hanno le mani grosse”). E non stupisce se Annibale Carracci fonderà una vera e propria scuola di fisiognomica, dove predice il futuro dalla posizione dei nei sulla fronte. Rarissime poi le 20 caricature di Giambattista Tiepolo (i “tipi”), dove vengono ridicolizzate le silhouette dei gentiluomini. Mentre decisamente più contemporanee sono le Metamorfosi di Bacon, il trittico di variazioni sul volto dell’amica Isabel Rawsthorne che chiude la mostra. Anche qui, l’importante è catturare l’essenza del soggetto, deformandolo.
Come del resto ha fatto il ceramista cinquecentesco Francesco Urbini, ma con un risultato molto meno inquietante. Nell’austera biblioteca di Palazzo Loredan svetta infatti la sua “Testa de cazi”, datata 1536. I versi che accompagnano il ritratto fallico sono rivelatori: a quanto pare certi brutti ceffi circolavano già a quel tempo.