Estratto dell’articolo di Filippo Facci per “Libero quotidiano”, 12 febbraio 2023
“L’ESIBIZIONE DI PAOLO CONTE ALLA SCALA? È UN MOSTRO SACRO, NON MERITEREBBE LA POLEMICA CHE SI STA TENTANDO DI IMBANDIRE” - FILIPPO FACCI: “ALLA SCALA IN PASSATO SI ESIBÌ KEITH JARRETT, IL PIÙ CHE ECLETTICO JAZZISTA STEFANO BOLLANI, HA PURE SUONATO (CANTATO) IL MITICO BOBBY MCFERRIN. HA DETTO TANTI NO, LA SCALA: MA ANCHE TANTI SÌ, E DA TANTO TEMPO. MENARLA CON TOSCANINI E CON MUTI, E CON ‘UNA VOLTA ERA DIVERSO’, CI RELEGA IN CONDIZIONE DI RITARDO CULTURALE: DOVE, BENINTESO, STIAMO BENISSIMO. MA DOVE DIMORA, SENZ’ALTRO ANCHE PAOLO CONTE” -
Lo splendido 86enne Paolo Conte si esibirà il 19 febbraio al Teatro alla Scala, e stiamo parlando di una delle nostre maggiori glorie internazionali […] cantautore, autore, polistrumentista jazz, pittore ed ex avvocato apprezzato in tutto Occidente […] un mostro sacro di statura incomparabile, e che, dopo la sua sessantennale carriera, forse, ecco: non meriterebbe la polemica che si sta tentando di imbandire per via di una sua presunta «estraneità» al mondo della Scala […] una tipica diatriba tardiva, un filo pretestuosa e perciò fuori luogo, improvvisata quando la stalla è già stata aperta da una vita, e i buoi sono già scappati da un pezzo.
La polemica, peraltro, l’ha tentata lo stimato amico Piero Maranghi perlomeno amico dello scrivente […] Maranghi, produttore, regista, scrittore, insomma competente benché fanatico verdiano (non si può avere tutto) ma che è anche gestore dei bookshop della Scala (le librerie) e eccoci, è proprio questo il piccolo conflitto d’interesse che inficia le sue frecciate all’attuale sovrintendenza scaligera: ossia le profonde incomprensioni (diciamo così) tra lui e il franco-tedesco e un po’ provinciale Dominique Meyer - il sovrintendente - che nei fatti hanno portato i bookshop a una provvisoria chiusura.
Questa è la premessa che Maranghi doveva fare: prima ancora di precisare d’essere un amante sperticato di Paolo Conte […] quasi un fatto personale tra Maranghi e la sovrintendenza, com’è comprensibile - data la mediocrità di Meyer - senza che tuttavia ci fosse bisogno, forse, dell’infinita quantità di argomenti anche contraddittori che Maranghi ha addotto alla sua polemica, come si dice: excusatio non petita.
Alla Scala in passato si esibì Keith Jarrett, che nel mondo resta noto come jazzista sin dai tempi di Miles Davis, negli anni Settnta […] Alla Scala ha suonato il più che eclettico jazzista Stefano Bollani […] Ha pure suonato (cantato) il mitico Bobby McFerrin […] Parliamo di tre mostri. Mentre La Scala, in passato, ha detto no a Charles Aznavour (che voleva fare del suo concerto uno strumento politico) e persino a Bob Dylan […] Ha pure detto no a Bocelli perché, con tutto il rispetto, resta un interprete votato più al profano che al sacro, tanto che esordì praticamente a Sanremo. Ha detto tanti no, La Scala: ma anche tanti sì, e da tanto tempo […]
[…] La Scala […] è divenuta simile ad altri importanti teatri (che è anche un bene) ma ha perso un senso di appartenenza meneghina che però non è stato perso solo dalla Scala, ma da un’intera epoca, spersa in un tutto che sembra uguale a tutto. Alla Scala non c’è più Carlo Fontana. Non c’è più Paolo Grassi. […] Quindi Maranghi sa quanto possiamo condividere le sue parole quando scrive […] Lo scrivente prenderebbe volentieri a calci anche certi registi (ignoranti veri) che hanno scambiato il repertorio musicale per una colonna sonora delle loro cazzate, non studiando, non rispettando.
Maranghi dice che La Scala è un supermarket che fa cucina internazionale e dove si assiste a spettacoli identici a quelli di Amsterdam, Bordeaux, Dresda […] si poteva dire anche così: i teatri che hanno preso questa china sono i teatri di oggi. E oggi, appunto, menarla con Toscanini e Grassi e con Muti, e con «una volta era diverso», ci relega d’ufficio in una condizione di ritardo culturale: dove, beninteso, stiamo benissimo. Ma dove dimora, senz’altro, su un piano diverso, anche […] Paolo Conte […]