Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  gennaio 12 Giovedì calendario

Biografia di Gerardo Greco

Gerardo Greco, nato a Roma il 13 gennaio 1966 (57 anni). Giornalista. Conduttore televisivo. Di Metropolis, programma e podcast tv del gruppo Gedi (da lunedì al venerdì). «Io non credo nella conduzione. La faccio perché la devo fare. Io credo nel racconto della realtà. Io vorrei fare l’inviato, il raccontatore di storie».
Vita «Un Quiet American, conduttore tranquillo, sottotraccia, tra Graham Greene e l’Albinati della Scuola cattolica. Stesse borghesie: il padre noto neurologo, origini meridionali come denota il cognome, ma una mamma fondamentale, la signora Imperia, trentina, e Gerry sente molto queste origini nordiche, che, oltre al physique du rôle, alla faccia da montanaro buono e l’occhio asburgico, rinfresca con frequenti vacanze in montagna, in val di Fiemme, valle décontractée, lontana dalla Cortina romanordista. Ma i natali sono nomentani, le stesse location del romanzo di Giovanni Floris, «Le esplorazioni a villa Torlonia anzi a villa Ada”, come scrive il conduttore in Il confine di Bonetti, ambientato proprio tra Porta Pia e il West – e Floris è una specie di alter ego di Greco, avendo frequentato insieme prima l’università alla Luiss e poi la scuola di giornalismo a Perugia, e poi ancora spartendosi la sede Rai di New York. Al liceo, invece, prima una scuola privata di preti nel quartiere Trieste, ma il giovane Greco se ne va perché non gli fanno fare un anno in America come vorrebbe, allora si trasferisce al Virgilio, augusto liceo del centro, con Giuseppe Cruciani compagno di classe. Sezione C, centro storico, ztl araldica, e Cruciani dice di non ricordarselo molto, “era non proprio espansivo, diplomatico, secchione, ma in molti erano secchioni in quella sezione. Mi ricordo di più una sua bellissima sorella, Martina”, dice il conduttore della Zanzara, e la leggenda non confermata dice che Gerry non ancora americano passasse i compiti a Cruciani in cambio di presentazioni femminili. Greco andrà poi alla Luiss e a Perugia, poi una parentesi a Euronews e in seguito al giornale radio, e qui comincia l’avventura americana» (Michele Masneri) • Per 12 anni è stato corrispondente per Radio Rai e poi per il Tg2 a New York, dove ha raccontato, tra l’altro, l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 e il disastro dell’uragano Katrina. «“Il suo sogno è sempre stato di fare il corrispondente dalla Grande Mela”, dice al Foglio un amico, ci sbarca la prima volta nel 2001 e riesce a mancare per un soffio l’11 settembre con lapsus freudiano-fantozziano. Il direttore di Rete Paolo Ruffini infatti lo manda a New York in alternanza con l’altro suo pupillo, Floris, c’è una vacanza – nel senso di vacation, all’americana – di cinque mesi, e equamente spartisce il periodo tra i due giovani giornalisti, e i due mesi e mezzo di Gerry l’americano finiscono giusto una settimana prima delle Torri Gemelle, sogno-incubo di qualunque reporter. Dopo due mesi e mezzo di calma piatta, tipo “a New York non succede niente”, un po’ di delusione, tipo servizi su surfisti mangiati dagli squali, Gerry con la moglie Monia Venturini, giornalista oggi al Tg2, partono per una vacanza (intesa come ferie) a Cuba, e una mattina, racconta un amico, mentre vanno a un affittamacchine per un mezzo da gita, stranamente non trovano nessuno al banco accettazione, ma anzi dei vecchietti che guardano impietriti un vecchio televisore in bianco e nero dicendo “Saddam Hussein! Saddam Hussein!”, e Gerry in un attimo capisce cosa sta succedendo, e il pensiero corre all’amico Floris che si è appena insediato a New York (ma non si perde d’animo, corre all’aeroporto dell’Avana e via Bahamas torna nella Grande Mela, con l’unico blazer blu messo in valigia per puro caso o sesto senso, e imprestato dal ras di Manhattan, Antonio Monda; col medesimo blazer farà altri due mesi e mezzo di dirette). Perché Gerry è conduttore per caso, è soprattutto corrispondente di razza, ancora c’è chi si ricorda certi suoi reportage, come quello da un disastro di inquinamento marino, nel Golfo del Messico, nel 2009, dove con un cameraman che l’avrà maledetto, mentre tutti gli altri inviati si limitavano a filmare cormorani impataccati di petrolio, lui si avventurava su un idrovolante tra i flutti e la nebbia raccontando il dramma dei pescatori sul lastrico. “Io non credo nella conduzione” ha detto al programma Reputescion. “La faccio perché la devo fare. Io credo nel racconto della realtà. Vorrei fare l’inviato, il raccontatore di storie. Vorrei tornare a fare il corrispondente, ma la vita privata è il problema”» (Michele Masneri) • Nel 2011 e 2012 ha condotto su RaiUno Unomattina Estate, mentre dal 2013 al 2017 Agorà su RaiTre. Dal 2017 al 2018 è stato direttore di Radio 1 e del Giornale radio • «Dicono in Rai che nella stagione del toto-nomine ci fosse una sola certezza: la promozione di Gerardo Greco. Qualcuno, per non arrivare tardi, mandava già messaggi di congratulazioni alla moglie Monia Venturini, giornalista del Tg2, ancora prima che ci fosse qualche ufficialità. E alla fine la promozione è arrivata, direttore dei giornali radio e di Radio1, dove era stato tra il 1995 e il 2001. Greco è rimasto in America 12 anni e alla fine ha avuto la sua conduzione: Agorà, dopo Andrea Vianello. Dei suoi quattro anni, spettatori e ospiti ricordano le passeggiate in studio, per dare movimento al programma, l’ossessione per il ritmo che spinge gli autori a prevedere una scaletta con abbastanza ospiti per quattro puntate che si alternano ogni pochi minuti, poche battute per ciascuno, lunghi blocchi di silenzi mentre Greco rimbalza tra movioloni, monitoraggio dei social, collegamenti da inviati sparati in giro per l’Italia e servizi confezionati in piena notte. Sabina Guzzanti nel 2014 non riesce quasi a parlare del suo film La trattativa sui rapporti Stato-mafia e dopo la fine del collegamento twitta: “Il conduttore di #agorà pagato coi nostri soldi è un incapace me ne sono andata”. La frustrazione degli ospiti che in due ore riescono appena a presentarsi è però bilanciata dai risultati di ascolto, che beneficiano della concorrenza asimmetrica (su La7 Omnibus non ha servizi, ma ha pause pubblicitarie, che Agorà invece evita). Greco tiene molto all’immagine del conduttore-inviato, più di trincea che di salotto, appena può si muove, conduce passeggiando o tra le macerie di un terremoto. Ma dirigere una trasmissione quotidiana costringe anche a un’interlocuzione costante con la politica, la scelta degli ospiti è un’arte. Per una lunga fase c’era sempre almeno un leghista, magari sconosciuto, nella seconda metà. Pare che sia una questione di share in Veneto, ma Agorà è diventata anche una specie di tribuna politica, ambita da molti. Dicono che Greco sia renziano. Di certo è compatibile con il renzismo, da cui è stato apprezzato. Nel 2016, in piena campagna per il referendum contro le trivelle, Greco spiegava in diretta a Michele Emiliano: “È dura arrivare al quorum perché si vota solo in alcune regioni, se non sbaglio 8”. Non era vero, si votava in tutte, non solo in quelle con trivelle in mare. E chissà se era una gaffe o una sofisticata tattica di comunicazione, per scoraggiare un quorum che il governo Renzi voleva evitare. Quando è caduta la testa di Gianluca Semprini, per i deludenti risultati del suo Politics su Rai3, nel giro di un paio di giorni Greco è riuscito a mettere in piedi un Agorà in prima serata che riusciva a fare anche discreti risultati di share. E molti renziani si sono convinti che poteva essere quella la soluzione. Ma poi Bianca Berlinguer, con il suo Carta Bianca, è riuscita a conquistare quello spazio e Greco è tornato nel recinto della mattina. Quel salto di carriera mancato è arrivato pochi mesi dopo: per il giornale radio girava il nome di Gennaro Sangiuliano, anche per rassicurare un centrodestra che in Rai si sente poco rappresentato, e invece alla fine è toccato a “Gerry” Greco» (Stefano Feltri nel 2017) • Dal 2018 al 2019 ha diretto il Tg4 e nel 2018 ha condotto il programma W l’Italia su Rete 4 • «Gerardo Greco, nel momento in cui la Rai diventa sovranista e il centrodestra si spacca, lei va a dirigere il Tg4 per farne una rete antipopulista. È un caso? “L’idea è di tornare al racconto, facendone una rete narrativa. Raccontare la politica attraverso la società, e non più attraverso le piazze. È quello che un tempo faceva la Rai, prima di cedere questo spazio a La7”. […] Da Emilio Fede a Del Debbio, Rete 4 ha un pubblico di destra, conservatore. Può funzionare il suo riposizionamento? “Bisogna puntare su un pubblico nuovo, mantenendo quello vecchio. Dopodiché anche io, facendo Agorà in maniera non ideologica, ho probabilmente ingrassato il populismo. Bisogna tornare alla realtà oggettiva dei fatti, non lasciarsi risucchiare dallo scontro élite-popolo”. Anni fa lasciare la Rai sarebbe stato impensabile? “Infatti vengo visto come un marziano. Erano due anni che parlavo con Mediaset, e adesso sono maturate le condizioni per fare qualcosa di totalmente nuovo”. Non teme la famiglia Berlusconi come “padrone”? “Per niente. Berlusconi è il mio editore, mi tranquillizza avere come riferimento figure come Confalonieri e Piersilvio Berlusconi”» (a Concetto Vecchio nell’agosto 2018) • «W l’Italia – Oggi e domani, il nuovo talk del direttore Gerardo Greco (per l’occasione caricato a pallettoni) ha esordito invitando in studio il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che sfoggia sempre un sorriso enigmatico: non si capisce se sia contento del ruolo che ricopre o se, nel silenzio dei suoi pensieri, rimugini che anche un sorriso può far rumore (cit.). C’è stata una gag imperdibile: Greco manda in onda una fiction (modestina) su come opera un agente infiltrato e Bonafede la guardava con un’attenzione fanciullesca, come per capire cosa voglia dire agente infiltrato. Era solo un’impressione» (Aldo Grasso) • «Nel giugno del 2018 aveva lasciato viale Mazzini per andare a dirigere il nuovo Tg4 di casa Mediaset. Approdo rivelatosi fin da subito difficile, tanto che dopo poco più di un anno Greco se ne andava da Cologno portandosi a casa una pingue buona uscita, si vociferava di 1,3 milioni» (Lettera43) • «Ha licenziato il direttore del suo tg Gerardo Greco dopo nemmeno un anno di lavoro. Cosa è successo? “Anche Glenn Gould, uno dei più grandi interpreti di Bach del 900, quando ha provato a cimentarsi con altri autori non è così bravo. Succede. Abbiamo puntato su Greco, alla Rai un numero 1, ma l’innesto culturale non ha funzionato. La sua visione è essere un ponte fra la notizia e il telespettatore: oggi questo approccio non funziona più. O domini la notizia o la notizia domina te. Gli abbiamo chiesto di rescindere il contratto, non aderiva al nostro progetto editoriale”» (Sebastiano Lombardi, direttore di Rete 4, a Luca Dondoni) • a Proposito dei talk show: «Gerardo Greco e Luca Telese hanno invitato nelle loro trasmissioni, e ancora invitano, bislacchi e mattoidi, eppure esprimono due filosofie differenti. Dice Greco: “Tu il ‘cialtrone’ lo inviti perché è rappresentativo di qualcosa che esiste nella società. E se sei bravo puoi anche creare un effetto da ‘cena dei cretini’, per citare il famoso film comico francese. Insomma devi ribattere, saperlo fare, dirgli: Ma che state a di’?. In teoria, se non riesci a ribattere, le ipotesi sono due: o non hai studiato, e quindi sei inadeguato al ruolo di conduttore, oppure sei corrivo. Anche il conduttore sa già prima con chi ha a che fare. Ciascuno di noi è perfettamente cosciente di cosa diranno gli ospiti della trasmissione. Quindi se non è capace di riequilibrare quello che viene detto, di riportare cioè il dibattito su binari che rispettano il principio di realtà, allora significa che è un incapace o che lo fa apposta”» (Salvatore Merlo) • Nel 2009 ha pubblicato Good Morning America (Sperling & Kupfer), nel 2019 Guerra calda. Verità e menzogne sui rischi del clima impazzito (Solferino) • Tra i riconoscimenti, il Premiolino nel 2014.
Famiglia «Gerry è ottimo papà di un Bernardo, detto Berny, nato dieci anni fa a New York, dunque con passaporto americano, considerato da tutti il vero capofamiglia, sportivo mentre Gerry è pigro, fervente romanista e impermeabile al baseball, mandando in frantumi i sogni paterni.
La mamma, invece, Monia Venturini, giornalista, l’ha conosciuta ad Assisi durante un reportage dal terremoto del 1997».
Critica «Cronista, intrattenitore e metronomo» (Riccardo Bocca) • «A Gerry Greco non bastano gli inquietanti primissimi piani (un modo di soddisfare l’ego?), deve imparare a smussare il suo modo di interrompere gli ospiti, trasformarlo in ritmo e non in spezzatura» (Aldo Grasso)
Curiosità Indossa solo (o quasi) camicie bianche. Fanatico dell’aria condizionata.