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 2023  gennaio 20 Venerdì calendario

Biografia di Nello Musumeci (Sebastiano Musumeci)

Nello Musumeci (Sebastiano Musumeci), nato a Militello in Val di Catania (Catania) il 21 gennaio 1955 (68 anni). Politico (Fratelli d’Italia e Diventerà bellissima; già La Destra, Alleanza siciliana, Alleanza nazionale, Movimento sociale italiano). Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare (dal 10 novembre 2022), inizialmente denominato ministro per le Politiche del mare e il Sud (dal 22 ottobre al 10 novembre 2022); già sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2011). Senatore (dal 13 ottobre 2022). Già europarlamentare (1994-2009). Già presidente della Regione Siciliana (2017-2022) e della Provincia di Catania (1994-2003). «Ho attraversato le paludi senza prendermi la malaria» • «Musumeci è nato a Militello in Val di Catania, “ma in una parrocchia diversa da quella di Pippo Baudo: io appartengo ai nicolesi”. Cioè ai fedeli della chiesa Madre di San Nicolò e del Santissimo Salvatore. Da non confondere con quelli devoti a Santa Maria della Stella. Una rivalità secolare, che sfociò addirittura in un omicidio quando i “mariani”, passando con la patrona sotto il poggiolo del barone Salvatore Majorana Cucuzzella, invece che fermarsi a rendergli omaggio con l’“inchinata” della “Mammuzza” avevano accelerato il passo. Un’offesa all’onore lavata col sangue» (Gian Antonio Stella). «A Militello in Val di Catania basta il nome. Così come “Pippo” sottintende Baudo, basta “Nello” per dire anche Musumeci. […] Paese […] che per la sua famiglia non è quello d’origine (i Musumeci sono del Giarrese), ma di adozione del padre, Salvatore, primo autista Sais nella tratta Catania-Militello. Qui si trasferisce con la sua seconda moglie, Ada, madre di Nello. Che nasce […] in una casa di cortile Cucuzza. E qui c’è ancora tutto il suo piccolo mondo antico. Con un’unica rotta, sempre dritto a destra: “Affascinati dalla storia patria – ricorda il docente Giovanni Cavalli –, da piccoli scrivemmo un ‘libro’ sui giovani illustri di Militello caduti in guerra. Con la macchina per scrivere e le foto appiccicate”. Nel 1971 entra nella Giovane Italia. “Era ‘fascista’, nel senso più puro e onesto del termine, quasi a sfiorare l’apologia”, ricorda Giovanni Burtone, altro militellese doc» (Mario Barresi). «Musumeci […] è rimasto orfano di madre quando aveva 14 anni. […] Aveva 16 anni quando il padre apprese che era missino, ascoltando in piazza il suo primo comizio per la Giovane Italia: “Con tanti partiti che c’erano, proprio lì dovevi finire?”» (Francesco Merlo). «“Mio padre aveva votato monarchia al referendum, Uomo qualunque alla Costituente, e poi Pci”. […] “La prima tessera della Fiamma, me la diede il padrino di Pippo. […] L’ideologo della sezione, l’avvocato Nello Gargano, che era stato a Salò, mi assegnò un libro di Alfredo Oriani, Pagine religiose, e il compito di tornare dopo due settimane con un riassunto scritto. Si studiava, nei partiti”. Ma come mai lei Musumeci divenne missino? “Ero nell’Azione cattolica, però trovavo i democristiani troppo arrendevoli. Vidi in tv i carri sovietici a Praga ed ebbi un moto di ribellione. In casa la patria era importante. Papà nel 1936 era in Africa, poi combatté la Seconda guerra mondiale in Aeronautica, dopo lo sbarco in Sicilia obbedì all’ordine di consegnarsi agli inglesi con la morte nel cuore. Guidava i pullman: in fondo lo stesso mestiere del nonno, vetturino, e del bisnonno, cocchiere. Io sono orfano di madre. L’Msi fu famiglia e scuola. I miei maestri furono Vito Cusimano, il capogruppo in Regione, che mi insegnò a leggere un bilancio e a scrivere una delibera, ed Enzo Trantino, che mi trasmise l’arte di parlare in pubblico”. Trantino quello col pizzetto bianco? “Lui – risponde Musumeci lisciandosi il suo –. Venivi misurato anche da come sapevi tenere la piazza. I militanti ti davano cinque minuti. Se li conquistavi, potevi andare avanti un’ora. Se cominciavi a tirar fuori un biglietto e a leggere, eri finito: ‘Chissà chi gliel’ha scritto…’. Si accendevano la sigaretta e se ne andavano”» (Aldo Cazzullo). «Musumeci cresce a pane e Almirante. […] Cavalli […] ricorda i comizi del Nello minorenne – già pizzetto-munito –, “preparati allo specchio, dove, con un po’ di narcisismo, provava i gesti e le tecniche retoriche di Enzo Trantino”. Le goliardate e gli insulti dal palco con Ciccio Basso, leader del Pci militellese, i finti cazziatoni del maresciallo dei carabinieri per i manifesti abusivi (“Poi ci rideva in faccia: era un fascistone pure lui!”). E i primi pruriti giovanili: “Il padre – ricorda Cavalli – si trasferì in campagna, e Nello restò nella casa in paese. Cucinava, lavava e stirava. C’era anche il telefono, potevamo chiamare le ragazze e invitarle lì. Nello? È stato sempre uno sciupafemmine”» (Barresi). «Alle regionali del 1971 a Catania l’Msi divenne il primo partito, superando la Dc. Gli antisistema eravamo noi. Ma ci preparavamo per il governo: a Militello eravamo in giunta con i liberali e la lista Stella e Corona. A Catania eleggevamo due senatori, più uno ad Acireale; la Dc nessuno. Motto: libertà nell’ordine. Ero molto amico di Antonino La Russa, l’ho commemorato io sul Secolo d’Italia; meno amico di suo figlio Ignazio». «Ha frequentato il nautico, poi Giurisprudenza, ha praticato il giornalismo» (Merlo). «Musumeci a 20 anni è consigliere comunale. Non rinnega il passato – scriverà anche Duce, con voi fino alla morte, biografia di Filippo Anfuso, ambasciatore della Repubblica di Salò a Berlino –, ma va avanti. Giornalista pubblicista, la generazione di catanesi cinquantenni lo ricorda come “quello che leggeva il telegiornale del sabato notte a Sirio 55: poi, dopo 10 minuti di monoscopio, partivano i filmazzi porno…”. Ha il “posto” in banca, sogno di ogni genitore borghese, ma, il bancario, lo fa poco e niente. A 32 anni segretario provinciale del Msi, consigliere provinciale dal 1990 al 1993. L’exploit arriva nel 1994: presidente della Provincia con l’Msi a furor di popolo. “Lo votarono pure a sinistra – ricorda Iano Scicli, militellese e sicilianista –, e non solo in paese. Già, perché lui quando passeggia al corso stringe la mano ai comunisti, prima dei suoi amici”» (Barresi). «Al Comune c’era l’avversario Enzo Bianco, ed entrambi condivisero l’impegnativa definizione di “Primavera di Catania”. Quattro anni dopo, Musumeci venne confermato a furor di voti, oltre 300 mila. […] Da presidente della Provincia di Catania, e premiato da un altissimo gradimento, “Nello” si guadagnò la nomea di politico perbene, che gestì appalti senza prendere avvisi di garanzia e che amministrò senza rendere conto al proprio partito» (Fabrizio D’Esposito). «Poi […] tre legislature da europarlamentare, fino al 2009. E proprio nella rotta per Bruxelles si rompe l’idillio con l’amico di una vita: Gianfranco Fini. Nel 2004 Musumeci nella circoscrizione Isole incassa 116 mila voti, molti più del capo. Che, sobillato dai sui colonnelli (tra cui Ignazio La Russa, mai in feeling con Musumeci), isola quel siciliano col pizzetto che aveva osato batterlo. […] Musumeci esce da An e fonda Alleanza siciliana, flirta con Raffaele Lombardo, poi a Catania è vicesindaco di Umberto Scapagnini. Un mezzo “tradimento”, per Militello, dove lascia la stessa carica ricoperta con l’avvocato suo omonimo, Vittorio. […] Musumeci entra nella Destra di Storace e fa il sottosegretario nell’ultimo scorcio del governo Berlusconi. “Fece affiggere manifesti autocelebrativi – ricorda Giuseppe Ragusa, consigliere del Pd – per dire che, ‘un secolo dopo Angelo Majorana, un militellese torna al governo della nazione’. Ma per il paese – ammette – ha fatto tanto”. […] È stato “un perdente di lusso, al posto sbagliato nel momento sbagliato”, lo additano da destra: anti-finiano, anti-cuffariano e anti-lombardiano con Fini, Cuffaro e Lombardo all’apice del potere, berlusconiano al crepuscolo del berlusconismo» (Barresi). Presidente dal 2013 al 2017 della commissione regionale Antimafia (eletto all’unanimità) e fondatore nel 2014 del movimento “Diventerà bellissima” (denominazione mutuata da una nota frase di Paolo Borsellino: «Non bisogna abbandonare la Sicilia, perché questa terra diventerà bellissima»), dopo due tentativi falliti (nel 2006 e nel 2012) nel 2017 Musumeci riuscì finalmente a essere eletto presidente della Regione Siciliana, col sostegno del centrodestra. «Il suo nome è stato imposto al riottoso Berlusconi da Fdi. Per Ignazio La Russa, scudiero di Giorgia Meloni, “Musumeci è un grillino competente”. Cioè un populista che studia e ha la testa al solito posto. […] Il già antifiniano Musumeci è riuscito nel miracolo di riunire la diaspora di An: i citati Meloni e La Russa, poi Gasparri di Forza Italia, i sovranisti di Storace e Alemanno, finanche gli ex Fli Granata e Briguglio» (D’Esposito). «Nei cinque anni trascorsi alla Regione ha tentato di lasciare un segno controcorrente. Partendo dalla scelta della poltrona che conta di più, quella di segretario generale di Palazzo d’Orléans, affidata a Maria Mattarella, la figlia del presidente della Regione ucciso nel 1980, nipote del capo dello Stato. Ma sono stati tormentati gli ultimi anni, trascorsi sotto la scossa di fibrillazioni interne alla maggioranza di centrodestra, […] sempre apprezzato dall’astro nascente di Giorgia e vicino al suo conterraneo Ignazio La Russa. Appunto il neo-presidente del Senato ha passato un’estate chiedendo agli altri partner del centrodestra di ricandidare Musumeci a governatore dell’isola. Era il suo vero sogno, ma Nello Musumeci s’è trovata davanti la strada sbarrata dal coordinatore azzurro Gianfranco Miccichè. Una guerra virtualmente vinta da quest’ultimo, con Musumeci candidato al Senato e La Russa infuriato contro il colonnello di Berlusconi. Adesso il primo sta al governo e il secondo è fuori gioco, almeno a livello nazionale» (Felice Cavallaro). All’insediamento del governo Meloni, infatti, nell’ottobre 2022, Musumeci è stato nominato ministro, dapprima per le Politiche del mare e il Sud e poi, definitivamente, per la Protezione civile e le Politiche del mare. «Un risarcimento dorato per il sacrificio di una non ricandidatura. […] Sebastiano “Nello” Musumeci approda all’incarico più importante della sua carriera a 67 anni, con alle spalle una storia nell’alveo della destra sociale e legalitaria […] ma sulla scia delle accuse di immobilismo e scarsa efficacia amministrativa che anche i suoi alleati, nell’isola, gli hanno mosso di recente. Per lui un’occasione, l’ennesima, di riscatto» (Emanuele Lauria). «Mi sento onorato d’essere stato chiamato al governo della nazione. E ringrazio il presidente Meloni per la fiducia. Quanto alle deleghe, certa stampa ha tentato una lettura improntata a malafede. Sul Sud abbiamo fatto una riflessione e ha prevalso il buonsenso: evitare disaccoppiamenti e concentrare in unica delega Mezzogiorno, fondi coesione e fondi Pnrr. Proprio com’era prima. Il ministero del Mare è la vera novità, fortemente voluta dal premier. Si comincia con una funzione di coordinamento e programmazione sul sistema mare che coinvolge una decina di dicasteri. Un primo importante passo, davvero entusiasmante. La Protezione civile, infine, non ha bisogno di commenti: una delega che richiede grande responsabilità ed equilibrio. Guidare per cinque anni una regione come la Sicilia e uscirne indenni è come camminare a piedi nudi sui vetri rotti! Ho trovato macerie morali e materiali, ho lasciato una regione con le carte in regola. Avrei voluto completare le cose avviate, ma ci penserà il nuovo governo di centrodestra guidato dal presidente Schifani» • Due matrimoni alle spalle. Tre figli (Salvatore, Giuseppe, Giorgio), il secondo dei quali, Giuseppe, morto nel 2013, a 30 anni, per un infarto fulminante: «Mi è morto all’improvviso. Si preparava a uscire di casa. Infarto fulminante. Una cosa tremenda. Questo mi aiuta però a relativizzare tutto». «Il figlio più piccolo si chiama Giorgio come Almirante – “l’ho promesso al mio segretario prima che se ne andasse” –; e, come il padre, lo zio e il nonno di Almirante, fa l’attore» (Cazzullo). «Ottimi i rapporti con la madre dei suoi figli, la signora Giovanna, separata da tanti anni dall’ex governatore, grato per averla ritrovata vicina nei passaggi cruciali della sua esistenza: “Resta la donna più importante della mia vita. La rottura? Colpa dell’impegno politico…”» (Cavallaro) • Grande passione per i cani e per i cavalli • «Carmelo Coniglione, titolare del bar New York [a Militello in Val di Catania – ndr]: […] “L’ho sempre seguito, ovunque, a occhi chiusi. A noi amici ha sempre rivelato le sue mosse in anteprima. […] In campagna da lui, in contrada Castelluccio, fra grigliate e canzoni. Lui è uno showman: canta benissimo, soprattutto anni ’60”. Motivetti nostalgici del Ventennio? “Ogni tanto, quando restiamo fra intimi…”. Eppure “Nello è uno onesto: una lira, non l’ha mai presa”. Lo giurano a Militello, e non solo» (Barresi) • «Pizzo senza baffi, alto, magro, […] eloquio ipnotico in stile Almirante, un signore di terra siciliana, vestito sempre in maniera classica e impeccabile, con un solo vezzo: ama le cravatte accese, preferibilmente gialle» (Amedeo La Mattina). «Il suo segno distintivo è sempre stato il pizzetto. A cui tiene moltissimo. Nel 2017 quel pizzetto diventò anche protagonista della campagna promozionale alla Presidenza della Regione Siciliana. “L’unico pizzo che piace ai siciliani”, era lo slogan scelto per il primo manifesto elettorale, in sei colori diversi e vari formati. Uno slogan che faceva leva sul doppio significato della parola “pizzo”, evocando il programma del leader, che voleva puntare sulla legalità e la lotta alla corruzione. C’è chi racconta che Silvio Berlusconi una volta gli chiese di tagliarlo e lui rispose “Mai”» (Aldo Garcon). «Narciso, particolarmente incazzoso nonostante la pacatezza mostrata in pubblico, la sua forza è sempre stata la parola» (Attilio Bolzoni) • «Musumeci parla in maniera sublime» (Silvio Berlusconi). «Se c’è un dispetto che si possa fare a un uomo politico, è quello di farlo parlare dopo Musumeci» (Francesco Storace). «Musumeci, come accadeva a Trantino, […] ha la piazza sempre piena. E gli slogan elettorali sono sempre calembour, come quello del pizzo che è pizzetto e non pizzino: “Il coraggio dell’onestà e l’onestà del coraggio, la forza dell’onore e l’onore della forza…”. Nel Msi lo chiamavano “il pensiero reversibile”, e una volta stamparono per scherzo una decina di finti volantini elettorali: “La presa per il culo e il culo nella presa”. Musumeci ha imparato a parlare bene come Trantino, ma quando parla sembra sempre affacciato al balcone, e anche gli articoli che scrive sono tutti col pizzetto dell’enfasi aviatoria» (Merlo) • «Missino di rito almirantiano, destro fino al midollo ma restio a celebrare la marcia su Roma (“Ho una storia diversa, slegata dal passato…”)» (Stella). «Musumeci ha un radicamento territoriale costruito in esperienze amministrative concrete, mai sfiorate dalla magistratura. È una sorta di Don Chisciotte i cui nemici sono tutti tra gli amici» (Pietrangelo Buttafuoco). «Un giovane che è un signore d’altri tempi, uno che somiglia ai politici che cono­scevo io, di destra, sinistra e centro, e che ora non esistono pratica­mente più» (Assunta Almirante). «Fascio perbene» (Leoluca Orlando). «Ha tentato di distruggere i partiti facendo diventare i capi dei nostri partiti suoi assessori. […] Odia il Parlamento, lo odia! D’altro canto, è fascista vero. Nella storia della Sicilia lui è il fascista che esiste nella zona di Catania. Nella Sicilia orientale c’è sempre stato il fascismo. A Palermo no: è troppo nobile e intellettuale. Musumeci odia i partiti, il Parlamento, la stampa. I tre pilastri della democrazia: se li togli, non esiste più. […] Vecchia destra? Forse di più. Troppo. Lui è uno di quelli che non ha immagazzinato dentro di sé il congresso di Fiuggi» (Gianfranco Miccichè) • «Che vuol dire fascista perbene? “So che per voi di sinistra è un ossimoro, ma io ho passato una vita nel Msi e non sono diventato berlusconiano: mi riconosco nella fiamma tricolore, sempre con Almirante, da quando avevo 16 anni, tanto che ho dato a mio figlio il nome Giorgio. Ma non mi sono mai riconosciuto nella parola ‘fascista’”» (Merlo) «Penso che il fascismo non sia il male assoluto. Il male assoluto è un valore teologico non un giudizio storico» • Da sempre favorevole alla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. «Il collegamento stabile sullo Stretto è una infrastruttura strategica per la crescita della Sicilia e del Sud. Come lo sono le autostrade, le ferrovie veloci, gli aeroporti e i porti hub. Non c’è priorità: in un moderno sistema intermodale, l’una infrastruttura vale quanto l’altra» • «Dobbiamo smetterla, di essere un po’ piagnoni. L’Italia e Roma hanno dei debiti enormi, con noi. Ma i primi nemici della Sicilia, ahinoi, sono certi siciliani…» • «Sono sempre stato diffidente nei confronti di chi dalla mattina alla sera parla di antimafia. Sono pericolosi, pericolosi. […] Certa sinistra, ma anche il mondo del populismo grillino, ha tentato in questi anni di accreditarsi un ruolo di mestieranti dell’antimafia per delegittimare gli avversari: li abbiamo smascherati, abbiamo dimostrato che l’antimafia di mestiere ormai in Sicilia non trova più terreno fertile per attecchire. Lo abbiamo fatto con coraggio e determinazione. Noi di destra sappiamo cosa è l’antimafia militante. Io avevo 39 anni quando la mafia mi condannò a morte, una sentenza che non venne eseguita per due ore: quando i servizi intercettarono la telefonata e sventarono l’attentato dinamitardo davanti a casa mia, ero colpevole di avere sottratto alla mafia un appalto di 52 miliardi di lire per un centro sportivo che si doveva realizzare ai piedi dell’Etna. Da allora sono stato sotto scorta. Ma non ne abbiamo mai fatto un mestiere, anzi l’abbiamo evitato. Per noi di destra, l’antimafia è nel codice genetico».