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 2023  gennaio 26 Giovedì calendario

Biografia di Mohamed Al-Fayed (Mohamed Abdel Moneim Fayed)

Mohamed Al-Fayed (Mohamed Abdel Moneim Fayed), nato ad Alessandria d’Egitto il 27 gennaio 1929 (94 anni). Miliardario. Patrimonio personale di 1,62 miliardi di sterline. Uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra • «Personaggio ultra controverso» (Julie Miller) • «Ricchissimo. Smaliziato. Abilissimo navigatore nel business internazionale» (Fabio Cavalera) • «Ha basato il suo successo sulla capacità di copiare i modi, lo stile e le biografie degli uomini di successo» (Richard Newbury) • Proprietario, tra le altre cose, dell’Hôtel Ritz di Parigi (n. 15 di Place Vendôme), del castello di Balnagowan (nelle Highlands scozzesi), del grattacielo 75 Rockefeller Plaza (129 metri d’altezza, 15 West 51st Street, Manhattan), della HJW Geospatial Inc. (mappe satellitari), della Turnbull & Asser (camice e cravatte di lusso, tre negozi a Londra e uno a New York, ci si rifornivano Winston Churchill, Ronald Reagan, Charlie Chaplin e Pablo Picasso, ora ci si rifornisce re Carlo III). Noto per essere stato padrone dei grandi magazzini Harrods (venduti nel 2010 alla famiglia reale del Qatar per un miliardo e mezzo di sterline) e del Fulham Football Club (venduto nel 2013 all’imprenditore Shahid Rafiq Khan, americano di origini pachistane, già proprietario dei Jacksonville Jaguars) • Noto soprattutto per essere il padre di quel Dodi Al-Fayed che, nell’ultimo mese della sua vita, amò la principessa Diana Spencer. «Mohamed è stato il burattinaio dietro la loro brevissima storia d’amore» (Bedell Smith). «L’uomo che poteva essere suocero di Lady D» (Alessio Altichieri, CdS 3/3/1998). Alla fine dell’estate del 1997, dopo l’incidente del Tunnel dell’Alma, disse che la principessa era incinta di suo figlio e che i due avevano deciso di annunciare il fidanzamento ufficiale il 1° settembre, un giorno dopo l’incidente. Fin da subito, accusò la famiglia reale britannica e l’MI6 di aver ordito un complotto per farli fuori. Da allora, per anni e anni, è andato avanti tra insulti, accuse e supposizioni. Ancora oggi, ringhiando, dice: «È chiarissimo. Li hanno assassinati loro».
Titoli di testa «Il signor Fayed, corpulento, faccione sorridente da luna piena, grembiule di un bianco immacolato e paglietta, in perfetta divisa da commesso, compare all’improvviso nel magnifico reparto alimentari di Harrods, il grande magazzino che è diventato un tesoro nazionale quasi come la Torre di Londra. Affetta salame e prosciutto mentre intrattiene amabilmente la clientela e, dopo qualche minuto, scompare. Il signor Fayed capisce il valore della pubblicità e vuole essere amato, o per lo meno accettato, dagli inglesi» (Mino Vignolo, CdS 5/4/1990).
Vita Nato «con poche doti che non fossero uno sviluppato senso dell’immaginazione» (Richard Newbury). Anni dopo racconterà di essere figlio di un pascià scappato dall’Egitto dopo l’ascesa di Nasser. La verità è che le sue origini sono umilissime. Il padre è solo un semplice maestro elementare, l’Egitto è solo una provincia dell’impero britannico. Mohamed lo odia, lo considera un fallito, per fargli dispetto lascia la scuola. Primo lavoro: vende Coca-Cola per le vie di Alessandria. Secondo lavoro: vende macchine da scrivere Singer porta a porta. Quando vede gli ufficiali della Marina inglese, invidia moltissimo le loro belle uniformi bianche • La sua fortuna è conoscere Adnan Khassoggi (1935-2017), figlio del medico della corte saudita, appena benedetta dalla pioggia di dollari del petrolio, mandato a studiare alla Victoria School di Alessandria, poi iscritto d’ufficio all’università di Standford, California. I due diventano amici. Fayed è un uomo brillante: con il suo grasso spirito egiziano riesce a fare colpo sui sauditi, austeri, severi, cresciuti nel deserto. Adnan Khassoggi nomina Fayed suo agente a Gedda. Suo primo incarico: import-export di strumentazioni sanitarie • Un po’ alla volta, Fayed entra nel giro giusto. Nel 1954 sposa Shamira Khassoggi (1935-1986), sorella di Adnan, che gli dà un figlio: Emad, detto Dodi (1955-1997). La famiglia Khassoggi acconsente al matrimonio, concede a Mohamed un prestito da centomila sterline, e assume il fratello di lui, Alì Fayed, come segretario di Adnan • Sono anni d’oro per il giovane Mohamed. Viaggia in Italia e in Francia. Soggiorna in Liguria e in Costa Azzurra. A Ginevra, scende all’Hotel du Rhône e gira con una Rolls-Royce a noleggio. Quando l’Egitto nazionalizza il Canale di Suez, si fa prestare dei capitali dalla Swiss Bonet Bank e rileva gli interessi di armatori stranieri come Leon Carasso che – giustamente – temono di vedere i loro affari andare in fumo. Nello stesso anno confessa alla moglie di averla tradita, lei ottiene il divorzio e sposa un cugino (suo vero amore). Mohamed impara tre lezioni. La prima: l’immagine è più importante della sostanza. La seconda: la ricchezza genera altra ricchezza. La terza: mentire, a volte, può essere d’aiuto • Nel 1964, all’età di 35 anni, Mohamed realizza il suo primo colpo grosso. È il periodo in cui Graham Greene sta scrivendo I commedianti, ambientato ad Haiti, gli uomini con gli occhiali neri, i sacrifici woodoo, etc. Mohamed si reca sull’isola, finge di essere uno sceicco del Kuwait, racconta a tutti che la sua flotta (sei traghetti!) trasportava la maggior parte del petrolio Q8. Diventa confidente del presidente Papa Doc Duvalier, si fidanza con la figlia Marie Louise – storia intensa – e lo convince a girargli 5 milioni di dollari per costruire un terminale petrolifero. L’anno dopo, Fayed scappa a Londra con 153 mila sterline. È l’unico al mondo capace di fregare Papa Doc e farla franca, questo potrebbe spiegare la sua ossessione per le guardie del corpo. Un agente della CIA a Port-au-Prince dichiara di essere rimasto stupito «dalla capacità di Fayed di essere amichevole e malvagio nello stesso tempo» • A Londra, Mohamed va ad abitare al numero 60 di Park Lane, a Mayfair, proprio di fronte ad Hyde Park. Comincia con affittare un appartamento, in pochi anni compra tutto il palazzo. È l’era dei Beatles e della minigonna. Fayed diventa l’anfitrione dei nuovi ricchi arabi che passano per la città (grazie alla decolonizzazione hanno ottenuto l’indipendenza, grazie alla crisi petrolifera del 1973 sono pieni di soldi). Li seduce, li blandisce. Li porta a pranzo all’Annabel’s, uno dei circoli più prestigiosi al mondo, al 46 di Berkeley Square. Li allieta – loro, che arrivano da un deserto astemio e puritano – con ragazze scandinave bionde, costose e compiacenti • La vera svolta: quando conosce l’emiro di Dubai, allora uno sperduto villaggio nel deserto. Mohamed ottiene un grosso finanziamento da Imre Rochlitz, avvocato americano, ebreo, specializzato in finanza non convenzionale, e investe nel sonnolento porto di Dubai. È l’affare della sua vita. Diventa ricchissimo. Compra un jet Gulfstream. Compra uno yacht e lo battezza «Dodi». Compra una villa a Gstaad, in Svizzera (è il primo arabo che vedono, da quelle parti). Compra un castello in Scozia e una magione a Saint-Tropez. Compra una tenuta nel Surrey, 120 ettari. Ordina agli architetti: «Rifare tutto». «L’effetto finale è un kitsch fatto di onice, vero stile Playboy, falso oro orientaleggiante» (Newbury). Si sposa di nuovo. La sua seconda moglie è Heini Wathen, ex modella, già miss Finlandia, 26 anni meno di lui, gli dà altri quattro bambini: Jasmine, Karim, Camilla e Omar. È in questi anni che, per darsi un tono aristocratico, aggiunge il prefisso «Al» al proprio cognome da venditore ambulante • Mohamed realizza il suo secondo colpo grosso a partire dal 1977. È diventato socio di Roland Rowland, detto Tiny. Personaggio fondamentale. Classe 1917, nato in India da padre tedesco e madre olandese, già membro della Gioventù hitleriana, stabilitosi in Inghilterra negli anni Trenta. Alto, occhi di ghiaccio, molto spregiudicato, il primo ministro Edward Heath lo ha definito «la faccia sgradevole e inaccettabile del capitalismo» Ha fatto la sua fortuna grazie a investimenti nell’Africa nera. È diventato padrone della London and Rhodesian Mining and Land Company Limited (LonRho), una di quelle finanziarie con investimenti dappertutto, padrona di 800 società • «[…] Rowland ha acquistato il 30% della House of Fraser, proprietaria dei grandi magazzini Harrods, dall’erede Fraser, che preferiva il tavolo da gioco al tavolo di riunione dei consigli di amministrazione. Il ministero del Commercio aveva lanciato allora la prima di una serie innumerevole di inchieste perché sospettava che il capo della Lonrho avesse già il controllo di maggioranza tramite azionisti “amici”. Fra gli “amici” vi erano un paio di fratelli Fayed. Il primo tentativo di scalata fu bloccato dalla Commissione antitrust. Nell’84 il governo apri un’altra inchiesta e Rowland sostiene che, a un certo punto, la Commissione antitrust gli fece capire che l’acquisizione sarebbe stata possibile se la Lonrho avesse venduto la sua quota ed avesse ricominciato da zero. “Tiny”, stranamente fiducioso, vendette il suo 30% all’amico Mohamed» (Mino Vignolo, CdS 5/4/1990) • Rowland non può sapere che Al Fayed sta facendo il doppio gioco. Si fa prestare dei capitali dal Sultano del Brunei («Ho costruito Dubai. È grazie a me se ha un porto, ospedali e un centro commerciale. Posso fare lo stesso per il Brunei. E naturalmente con un castello in Scozia e una casa a Park Lane ho buone entrature negli ambienti di governo londinesi»). Poi, con una scalata ostile, acquista la maggioranza di Harrods. Infine usa la proprietà e le entrate di Harrods per ottenere un ulteriore prestito, con cui restituisce il denaro al Sultano. Infine usa cespiti e ricavi di Harrods per ottenere un ulteriore prestito, e restituisce il denaro al Sultano • Quando si rende conto che Al Fayed lo ha fregato, Rowland va su tutte le furie. Gli fa causa. Sfrutta la proprietà dell’Observer (e i suoi contatti nei servizi segreti egiziani) per denigrarlo. Dichiara: «Non tengo mai un rancore per me. Lo divido con più gente possibile» • «La faccenda sfociò nel 1987 in un’inchiesta governativa […] La conclusione fu che i fratelli Fayed mentivano chiaramente. Ma i due erano ben decisi a contrattaccare, dicevano di essere le vittime innocenti di una congiura. Al Fayed è uomo che conosce il mondo […] Quando a Parigi aveva voluto realizzare delle modifiche illegali al Ritz, non aveva fatto altro che “lasciare una valigia” in municipio e il sindaco Chirac gli aveva fatto avere la Legion d’Onore. A Londra, durante la crisi finanziaria del 1984 che fece tremare il governo della signora Thatcher, aveva persuaso il sultano del Brunei a lasciare il suo deposito di cinque miliardi di sterline alla Banca d’Inghilterra. E aveva presentato Mark Thatcher al sultano. Cosa cosa voleva dire, allora, quell’inchiesta governativa su Harrods? Fayed se lo chiedeva, e non trovava risposta. Decise di resistere agli attacchi di Rowland. Attraverso il lobbista Ian Greer “noleggiò” quattro parlamentari conservatori, affinché facessero interrogazioni in suo favore […] E quando Fayed ritenne di non aver ottenuto i servigi per cui aveva pagato, convinto di essere la vittima di una congiura ricorse al quotidiano filolaburista Guardian per denunciare i parlamentari e pure il ministro per le Commesse militari, Johnatan Aitken […] Dopo aver aiutato la Thatcher con i suoi rapporti finanziari, dopo aver contribuito con le sue piccole corruttele a far cadere John Major, Fayed rimaneva una sorta di corpo estraneo in perpetua quarantena» (Newbury) • Alla fine degli anni 80, capisce che deve farsi accettare dall’establishment. Comincia a frequentare le corse dei cavalli. Si appassiona alle cornamuse. Posa accanto alla regina Elisabetta al Royal Windsor Horse Show, di cui Harrods è sponsor. Spende 14,4 milioni di dollari per comprare e restaurare la villa di Edoardo VIII e Wallis Simpson a Parigi, che stava per essere venduta. «Ne curò di persona un restauro miliardario. Offrì anche a Carlo un souvenir di quella casa: quello che volesse, e il principe scelse un cuscino di Edoardo». Per due volte, sia con i conservatori sia con i laburisti, chiede la cittadinanza britannica. Per due volte gli dicono di no. Mohamed, allora, trova un nuovo obiettivo: Diana • Al Fayed conosce da tempo la famiglia Spencer, da tempo copre il conte e la contessa di regali, lady D è assidua frequentatrice di Harrods. Ogni volta che lei passa dai grandi magazzini, la chiama nel suo ufficio. La invita alle feste delle sue associazioni di beneficienza. Per quella donna, prova una naturale simpatia. Scrive Tom Bower: «Alla fine del 1997, dopo una cena formale al Churchill Hotel di Portman Square, le propose di venire nel Sud della Francia: “Portate i ragazzi. Vi porto in aereo. Avrete la vostra casa sul mare con piscina. Molto riservata. Avete bisogno di una vacanza». Spiega Bedell Smith: «Diana non aveva un posto dove andare quell’estate. Aveva litigato con il fratello perché voleva prendere una casa nella tenuta di Althorp ed era arrabbiata. Lo disse ad Al Fayed e Al Fayed rispose: “Beh, vieni nel Sud della Francia” e così fece» • Entra in gioco il figlio Dodi. Un uomo/bambino, 42 anni, 100 mila dollari di rendita mensile. Affascinante e generoso. Idealizza il padre, che lo chiama una volta al giorno e se ne serve come factotum. In sua presenza è deferente e silenzioso. Molti lo paragonano al principe Carlo, tormentato dalla presenza di un genitore ingombrante. I nemici dicono che Mohamed lo fa sorvegliare dalle guardie del corpo, che lo ha addestrato come si addestra un cane, «con una catena a strozzo, si dà un po’ di libertà, poi bisogna tirare» • Sia come sia, nel luglio 1997, Dodi si trova a Parigi con la fidanzata, Kelly Fisher, una modella americana (devono sposarsi un mese dopo) e riceve una telefonata dal padre che gli intima di mollare tutto e lo convaca sul Jonikal, il suo yacht, ormeggiato in Costa Azzurra • Il resto è storia • Il 2 settembre 1997, all’ingresso numero sette dei grandi magazzini Harrods, «il negozio più elegante del mondo», si tiene una cerimonia funebre. Due amiche degli Al Fayed, arrivate presto al mattino, hanno lasciato una scritta: «Allah ti benedica, Imad detto Dodi. Ora sei nelle mani di Allah». Migliaia di persone sono in fila per firmare i registri neri del cordoglio. Le undicimila lampadine che illuminano il palazzo sono state spente. Le segretarie bionde sono vestite a lutto. Un comunicato della proprietà dice: «Diana è stata una nostra cliente sin dall’adolescenza». Il funerale di Dodi si celebra nella moschea di Regents Park. Tutti i vip del mondo arabo accorrono, c’è anche la famiglia di Adnan Kashoggi, l’uomo che trent’anni prima ha tirato fuori il padre del morto dalla miseria. Il muezzin tiene un breve discorso, le donne pregano in una parte separata del tempio. Al Fayed cammina solo, dietro la bara • Ai funerali di Diana, a Westminster, Mohamed Al Fayed ha gli occhi gonfi, il passo incerto. Non è più lo stesso uomo. «Era uno degli invitati più attesi fra i duemila di ieri nell’abbazia di Westminster. È stata la sua prima uscita ufficiale, se si escludono le quotidiane visite al cimitero di Brookwood dove suo figlio è sepolto […] l’Inghilterra lo attendeva all’appuntamento, discreta ma curiosa. E lui, con coraggio, si è presentato; anche se poi, travolto dalla commozione durante il rito funebre, a più riprese è scoppiato in singhiozzi, rincuorato dalla moglie. Soprattutto quando l’arcivescovo di Canterbury ha ricordato nella preghiera anche le altre vittime dell’incidente di domenica scorsa a Parigi. Trafitto dalla morte di Dodi, il primogenito che avrebbe un giorno ereditato il suo impero finanziario […], Al Fayed è in questi giorni il fantasma dell’esuberante e talora gigionesco miliardario accettato in Francia ma chiacchierato in Inghilterra e, peggio, tenuto a distanza dall’establishment cui ambirebbe appartenere […]. La sua figura grigia, il passo lento, gli occhi arrossati come ieri a Westminster, compare ogni giorno - all’imbrunire - ai cancelli del cimitero di Brookwood, nel Surrey. L’immagine, nel silenzio, di dignità nel dolore. “È chiaramente distrutto - racconta chi l’ha visto - ma riesce a ricomporsi e a salutare, stringendo loro la mano, tutti coloro che con lui portano un fiore a Dodi”. In pochi giorni, per Mohamed Al Fayed, la vita è cambiata. Dalla grande eccitazione per la felicità di Dodi, condita forse dall’orgoglio di diventare suocero di Diana ed essere finalmente “di casa” con il futuro re William che già da anni lo frequentava e a cui mandava i regali di Natale firmandosi “zio Mohamed”, è piombato nell’improvviso vuoto lasciato dallo schianto nel tunnel di Parigi. Dicono che Al Fayed sia un buono, un generoso: addolorato più che irritato dalle continue umiliazioni - il rifiuto della cittadinanza britannica, le porte chiuse di una certa società che subiva il suo sforzo d’integrazione nel tessuto della Londra che conta. Ma quel figlio che sposava la donna più fotografata del mondo rappresentava forse una rivincita cui non avrebbe saputo rinunciare: da assaporare molto più delle rivelazioni dei ministri conservatori cui aveva passato bustarelle, e che sono forse costate le elezioni a John Major […]. Dodi e Diana significavano, per questo egiziano astuto […] l’ingresso nella società inglese al più alto livello […] Fedele a Diana e agli Spencer, aveva persino “inventato” un impiego di rango per Raine, la matrigna della principessa. Aveva abbracciato le attività caritative di Diana. Si era sempre più trasformato, per Lady Di, in “papà Fayed”. Di fronte a lui si apriva forse un nuovo futuro, improvvisamente tutte le tessere del mosaico trovano una collocazione. Ma l’establishment gli ha aperto le porte solo nel momento del lutto. E lui ha incassato, sempre in silenzio, dignitosamente. Il sogno, per lui, e morto a Parigi» (Fabio Galvano, Sta 7/9/1997).
Guai Nel 1998 il suo storico rivale Tiny Rowland lo denunciò per furto. Da Harrods ci sono anche una filiale bancaria e delle cassette di sicurezza, Rowland lo accusò di aver chiamato un fabbro per farla scassinare e rubargli documenti e gioielli. Al Fayed fu arrestato, portato in una stazione di polizia, interrogato e rilasciato in libertà provvisoria. La notizia fece sobbalzare Londra. Poi Rowland morì e non se ne parlò più.
Guai/2 Nel 2008 fu accusato di aver molestato una ragazzina di 15 anni. Le accuse non vennero mai provate.
Vizi Ossessionato dai microbi e dalle malattie. Ricopre il cibo di succo di limone per disinfettarlo. Si lava le mani ogni volta che tocca un essere umano.
Curiosità Alto 1,80 • Sua figlia Camilla è molto amica di Paris Hilton • È stato produttore esecutivo di Momenti di gloria (Hugh Hudson, 1981) e Peter Pan (P.J. Hogan, 2003) • Una compagnia petrolifera riuscì a trovare del greggio in tre pozzi confinanti con la sua tenuta nel Surrey. Nel 2008, poiché la compagnia aveva scavato diagonalmente in modo da passare sotto la proprietà del miliardario, un giudice stabilì il diritto di Al-Fayed a un risarcimento di 630 mila sterline • Nel 2009, intervistato dal Sunday Times, lanciò un appello a favore dell’indipendenza della Scozia e si candidò alla presidenza della Repubblica scozzese. Disse anche che il nome «Scozia» deriva dalla principessa egiziana Scota, figlia fuggiasca di un faraone, che si sarebbe rifugiata in una terra all’estremo nord-occidentale dell’Europa e le avrebbe dato il suo nome. Offrì 60 mila sterline per erigerle una statua a Glasgow o Edimburgo • Ha detto che il principe Filippo era «un razzista», «un viscido», un uomo «venuto su dal nulla». Ha definito la famiglia reale «una banda di imbecilli, omosessuali, mascalzoni e gangsters» • Ha sostenuto che, per via della monarchia, la Gran Bretagna non è una vera democrazia. «Questa gente vive ancora nell’allucinazione dell’impero coloniale. Guardate quello che stanno facendo con il Giubileo. Quanto costerà? Centinaia di milioni, forse migliaia. E intanto uno vede che la gente soffre, che non ha niente da mangiare né dove scaldarsi» • Richard Newbury ha scritto «Al Fayed è forse la miglior dimostrazione vivente che tutti noi siamo ciò che consumiamo; persino i sogni che consumiamo. Se infatti l’imitazione può essere la forma più alta di adulazione, non esiste al mondo una vicenda in cui la furia dell’imitazione abbia spronato qualcuno come nel caso del povero venditore ambulante del porto di Alessandria, che invidiava agli ufficiali della Marina reale inglese la loro uniforme bianca».
Titoli di coda Nell’agosto 2008, dopo che una giuria ribadì che dietro la morte di Diana e Dodi non c’era nessun complotto, andò in televisione. Con le lacrime agli occhi, spiegò di aver chiesto ai suoi avvocati di rinunciare alla battaglia legale che lo aveva impegnato per oltre dieci anni. «Sono molto stanco. Sono un padre che ha perso suo figlio e che ha fatto tutto quel che poteva». Poi però aggiunse: «Lascerò che sia Dio a vendicarmi».