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 2023  gennaio 30 Lunedì calendario

Biografia di Salvo Sottile (Salvatore Sottile)

Salvo Sottile (Salvatore Sottile), nato a Palermo il 31 gennaio 1973 (50 anni). Giornalista. Conduttore televisivo. Scrittore. «La cronaca nera è come un temporale guardato dalla finestra» • Figlio del noto giornalista Giuseppe Sottile (Gangi, 1946). Il nonno materno, Vincenzo Sciuto, «faceva il capostazione a Cefalù, e, mentre i bambini giocavano con i trenini giocattolo, io avevo la fortuna di giocare con i treni veri: stavo nel suo gabbiotto, muovevo gli scambi e vedevo questi treni che passavano, imboccavano le gallerie e sparivano, e io pensavo che al di là ci fosse il continente: non avevo ancora capito che tra la Sicilia e il resto dell’Italia c’era di mezzo il mare, quindi sognavo di salire su uno di quei treni e andare via» (a Patrizia Simonetti). «Da piccolo ero la pecora nera: marinavo la scuola, impennavo col motorino, insomma ero uno scavezzacollo». «“Un ragazzo timido, un po’ orso, ma impaziente di terminare gli studi per iniziare a cercare la sua strada. Non sapevo ancora cosa volevo fare, ma avevo grinta e voglia di sperimentare. […] Sono cresciuto a Palermo, una città meravigliosa, difficile ai miei tempi per un ragazzo ‘curioso’. Ho vissuto tanto la strada, di giorno e di notte. E quando vivi la strada è dura tenere la barra dritta, ci vuole un attimo a ficcarti nei guai, a perderti, a passare dalla parte sbagliata. Ho conosciuto tanta gente, bella e brutta. Ho iniziato a lavorare giovanissimo, a 14 anni. Avevo fretta di essere autonomo. Ho lavorato nei campi, ho fatto il cameriere, ho venduto libri usati, venendo a contatto con un’umanità variegata e imprevedibile che mi ha insegnato tanto”. […] Com’era il tuo rapporto con i genitori? “Fatto di alti e bassi. Me lo ricordo sereno durante l’infanzia, un po’ più turbolento durante l’adolescenza. Con mio padre ci scontravamo spesso, poi abbiamo capito il motivo: avevamo un carattere simile. Mia madre è stata sempre il porto sicuro, ogni tanto si arrabbiava anche lei con me ma se le tenevi il muso ti faceva tornare il sorriso in un attimo con una dolcezza disarmante. […] Hanno sempre avuto un rispetto maniacale, quasi ‘religioso’, per il mestiere. Mia madre fa il medico, ha più di 70 anni e tuttora si alza ogni mattina alle 4 per andare dai suoi pazienti [intervista del giugno 2021 – ndr]. Mio padre veniva da un paese sperduto tra i monti della Sicilia e la sua ‘fame’ negli anni ’70 lo ha portato a diventare uno dei più bravi cronisti di nera del glorioso giornale L’Ora e in seguito un creatore di pagine e di affreschi tra i più raffinati”. Quando hai capito di voler fare il giornalista e cosa ti affascinava di questo mestiere? “All’inizio odiavo questo mestiere, perché da ragazzino lo associavo a qualcosa che mi teneva lontano da mio padre. Vedevo gli altri ragazzini coi papà il pomeriggio al cinema o allo stadio, e io andavo sempre solo o col papà di qualche amico. Mi ripromettevo sempre che nella vita avrei fatto di tutto, tranne il giornalista”» (Marco Pozzoni). «Poi piano piano ho iniziato, in Sicilia, facendo il fotografo ai matrimoni. Ho iniziato ad armeggiare con una telecamera, finché ho capito che la televisione era qualcosa che mi piaceva perché mi piaceva raccontare delle storie» (a Maurizio Costanzo). «Me andavo in giro per Palermo per raccontare storie e scoprire ogni angolo, anche il più nascosto della mia città. Era la curiosità a muovermi. […] Degli amici a cui mostrai dei video mi suggerirono di farli vedere a qualcuno “del mestiere”». «Ho iniziato a bazzicare piccoli quotidiani e tv private, dove ho appreso la passione per la telecamera e a fare un po’ di tutto, lo speaker, i servizi, la conduzione del telegiornale, e la passione è cresciuta. E ho recuperato in qualche modo anche il rapporto con mio padre, attingendo dai suoi pezzi e dalla sua tecnica di scrittura». «A 16 anni giravo con la Vespa scassata e pacchi di gettoni per la cabina telefonica nelle tasche. Cercavo notizie per La Sicilia. Inseguivo i grandi cronisti di nera che di notte giocavano a briscola col capo della Mobile. Cercavano confidenze, sussurri, guai, che quasi sempre significavano notizie» (a Francesco Oggiano). Poi, ad appena 18 anni, la svolta. «“Era il 1992. Io facevo il ‘portatore d’acqua’ per tv locali come Telesicilia e Telecolor. Enrico Mentana, che stava preparando un telegiornale nazionale per Canale 5, cercava giovani che avessero fame. E io ne avevo abbastanza. Mi propose di fare l’‘informatore’ da Palermo”. Com’è stato?“Mentana inizia a farmi girare come una trottola per tutta la Sicilia con un altro operatore. Dovevamo fare concorrenza alla Rai, che, di persone nell’isola, ne aveva 50”. Il 23 maggio fu il primo corrispondente a collegarsi da Capaci. Come ricevette la notizia? “Ero a casa di mia madre. Mi chiama un amico delle volanti: ‘Corri, ché hanno ammazzato un giudice’. Recupero la moto e mi precipito verso l’autostrada. Avviso l’operatore e chiamo Roma: ‘Preparate un’edizione straordinaria’. Non ci credono, ma mettono comunque in piedi una diretta. Io mi collego prima via telefono, poi in video”. Le sue prime parole a Lamberto Sposini in studio sono state quattro: “Hanno ammazzato Giovanni Falcone”. Cosa ricorda di quel giorno? “L’immagine di una macchina bianca coperta di detriti. E, forse per il bisogno di sdrammatizzare uno choc come quello, ricordo i battibecchi con il mio operatore, il mitico Nando”. Che faceva? “Nulla, povero, ma soffriva di narcolessia. Mentre stava montando la ‘padella’, attrezzo che serve per collegarsi in diretta tramite satellite, si addormentò. ‘Svégliati! Hanno ammazzato Falcone’. ‘Scusa, stavo facendo un riposino’. Andammo avanti dalle 17 del pomeriggio fino alle 7 di mattina ininterrottamente. Conclusa la diretta, ho fatto l’unica cosa che restava da fare: ho pianto anch’io Giovanni Falcone”. Lo conosceva bene?“No. Mi è bastato ricordare le poche parole che mi diceva sempre quando lo inseguivo con la Vespa cercando di strappargli qualche dichiarazione: ‘Ma perché corri, ché ti fai male? Tanto non ti dico niente…’. Lui, che è morto mentre correva con la macchina”» (Oggiano). «Poi un giorno andai al Maurizio Costanzo Show, seduto tra il pubblico vidi Maurizio Costanzo che mi indicava – erano i primi tempi che stavo al Tg5 – e dissi: “Mi piacerebbe, un giorno, non diventare Maurizio Costanzo, ma lavorare in tv”». «La sua ricerca del continente continua qualche anno dopo, quando se ne va a New York due giorni dopo l’11 settembre. “È la prima volta che mi trasferisco per lavoro fuori dalla Sicilia. Un mese dopo, mi inviano in Afghanistan per seguire la guerra”. Non c’è più tornato. “Mi fecero rientrare dopo l’uccisione da parte dei terroristi di Maria Grazia Cutuli, collega del Corriere della Sera. Eravamo due siciliani in Afghanistan, facevamo ridere i colleghi di tutto il mondo. Schifavamo il montone che ci davano ogni giorno, sognando il pesce di Aci Trezza. E ci facevamo il caffè con la moka di un collega”» (Massimo Galanto). Dopo un’esperienza biennale in Sky, come conduttore del neonato telegiornale e di due programmi (una trasmissione mattutina, Doppio espresso, e un settimanale di approfondimento, La scatola nera), nel 2005 Sottile tornò a Mediaset. «Conduce il Tg5, poi diventa popolarissimo con Quarto grado. Un programma piuttosto criticato. “Siamo stati contestatissimi, ma abbiamo cambiato il modo di raccontare i casi di cronaca, rappresentandoli teatralmente”. Ha piazzato in studio quella che è stata definita come “la compagnia di giro”.“Avevo il criminologo, che offriva al lettore la chiave psicologica del delitto; il generale dei Ris, che si occupava dell’analisi; Barbara Palombelli, che approfondiva l’aspetto sociale. Il pubblico poteva ascoltare e farsi un suo grado di giudizio della storia. Il quarto grado, appunto. Partimmo col 2% di ascolti e arrivammo al 17”. Rischiavate la chiusura, poi è arrivato il delitto di Avetrana. “Avevo Sabrina Misseri che veniva in diretta da me e diceva: ‘Sara, l’hanno uccisa gli albanesi’. E poi: ‘Voglio andare al Grande fratello’. Suo padre Michele iniziava a farsi crescere i baffi, indossare gli occhiali, comprarsi il Borsalino. Stavamo vedendo la provincia che cercava di diventare mondo”. Si divertiva: perché ha lasciato Mediaset? “Avevo bisogno di provare qualcosa di nuovo. Ma ho agito d’istinto, troppo. Dovevo essere più riflessivo. Ho lasciato in modo brusco la casa in cui ho lavorato per tanti anni, tanti colleghi con cui mi trovavo bene e una dirigenza a cui sarò sempre grato”» (Oggiano). Nell’estate 2013 «il passaggio, con la complicità dell’amico Enrico Mentana, alla rete di Urbano Cairo, con il compito (fallito) di allargare il pubblico di La7 attraverso la cronaca nera (obiettivo mancato, qualche tempo dopo, anche da Luca Telese con Bianco e nero)» (Galanto). Dopo una deludente esperienza alla conduzione di Linea gialla, programma piuttosto simile a Quarto grado, e dell’edizione estiva di In onda (al fianco di Alessandra Sardoni), nell’estate 2015 Sottile approdò alla Rai. «A La7 ho aspettato per un anno di fare un programma senza riuscirci, e Mediaset mi aveva proposto di fare l’inviato a L’Isola dei famosi: così, quando […] è arrivata l’occasione di entrare per la prima volta in Rai e rimettermi in discussione, non ho avuto dubbi. È stato anche un modo di sperimentare linguaggi nuovi e di condurre un programma, dopo tanti di cronaca, in cui ci fosse anche la possibilità di sorridere, e questo mi divertiva». Anche sulla televisione pubblica, tuttavia, il conduttore stentò inizialmente a trovare una dimensione a lui confacente: dapprima co-conduttore di Estate in diretta (con Eleonora Daniele) e di Domenica in (con Paola Perego), nonché concorrente di Ballando con le stelle, giunse poi nel settembre 2016 alla conduzione di Mi manda Raitre, dove rimase fino al 2020, curando in parallelo, sempre su Rai 3, il programma di seconda serata Prima dell’alba (2018-2020), «in cui Sottile […] va a parlare coi ladri di rame di Tor Bella Monaca, con le guide alpine di Catania, con broker finanziari di Firenze e sikh che vendono verdura a Terracina. “Volevo far conoscere l’Italia di notte. Quella del lavoro, della trasgressione, della diversità”» (Oggiano). Abbandonata quindi Rai 3 a causa di profondi dissidî con l’allora direttore di rete Franco Di Mare, nel settembre 2020 Sottile passò a I fatti vostri su Rai 2, dapprima in un ruolo secondario al fianco di Giancarlo Magalli e poi, dal settembre 2021, alla conduzione del programma insieme ad Anna Falchi, con buoni riscontri in termini di ascolti. «Salvo Sottile è un uomo dai tanti volti: c’è il giovane inviato in Sicilia per il Tg5, l’indagatore dell’incubo per Quarto grado, l’uomo che racconta la notte e il buio in Prima dell’alba, il conduttore piacevole de I fatti vostri. Mediaset, La7, Sky, la Rai: ha fatto il giro di tutti i palinsesti. “Ho cambiato tante maglie, ma, all’alba dei 50 anni, credo di aver trovato la mia dimensione”, ci racconta. […] L’anno scorso [cioè la stagione 2021/2022 – ndr] fu un successo inaspettato. “Venivamo dalle numerose stagioni condotte da Magalli, ci davano all’1 per cento e credo che Giancarlo aspettasse da un giorno all’altro di essere richiamato per venirci in soccorso. Poi, però, abbiamo incontrato il favore del pubblico grazie al clima famigliare che abbiamo creato. Con Anna Falchi c’è grande sintonia, e anche con Michele Guardì. […] Siamo riusciti a raddoppiare gli ascolti, e speriamo di tenerci su questa media in una tv sempre più frammentata”» (Valerio Palmieri). «Lei appare molto a suo agio nella piazza di I fatti vostri“Il programma, me lo sono cucito addosso, e mi calza perfettamente. C’è un momento in cui si scherza, un altro in cui si parla di argomenti seri. Ogni cosa si sposa perfettamente con lo spirito della piazza: musica, racconti di vita, spazio ludico”» (Antonella Silvestri) • Autore di quattro romanzi, ognuno dei quali contenente elementi autobiografici più o meno significativi: Maqeda (Baldini Castoldi Dalai, 2007), Più scuro di mezzanotte (Sperling & Kupfer, 2009), Cruel (Mondadori, 2015) e Nottefonda (Rai Libri, 2019), quest’ultimo ampiamente ispirato alle storie raccontate nel suo programma Prima dell’alba • Due figli, Giuseppe (2006) e Maya (2010), dall’ex moglie, la collega Sarah Varetto, conosciuta ai tempi di Sky. Di recente ha spiegato che la separazione ha innescato in lui un cambiamento: «Ero bulimico nel lavoro e nella vita. Ora cerco di prendere tempo per me, per i miei affetti, per la mia salute. Mangio bene, pratico sport: mi sono reso conto che mi aiuta. Prima sembravo l’investigatore di un libro noir: mangiavo, fumavo molto, avrei fatto una brutta fine. Poi ho sentito il mio corpo rinascere». A proposito dei figli: «Sono un padre semplice che crede di poter imparare da loro. La cosa più difficile con gli adolescenti è interessarli, perché tendono a isolarsi con i loro smartphone, usano meno la lingua. Ma sono fortunato: i miei figli vengono ancora con me a mangiare una pizza e mi raccontano la loro vita» • «Prima andavo spesso in Sicilia. Da qualche anno mi ritaglio alcuni giorni ad agosto per andare con i miei figli». «Della Sicilia, la sua terra, cosa si porta?“Il calore, la grinta, la voglia di mettersi in gioco ogni volta. La facilità ma anche il disincanto con i quali i siciliani guardano la realtà che li circonda senza mai perdersi d’animo e cercando di cogliere sempre un’occasione, un’opportunità anche dietro le situazioni peggiori”» (Giulio Serri) • «Sono orgoglioso di essere palermitano e sono altrettanto orgoglioso di essermene andato. Rischiavo di diventare il “mafiologo”, quello che lavora solo quando c’è un delitto» • «È credente? “Sì, la mano del Signore mi accompagna da sempre. Da bimbo fui protagonista di un bruttissimo incidente stradale: essere in vita, lo ritengo ancor oggi un segno divino. Le mie giornate sono caratterizzate spesso dal desiderio di pregare. Sono molto devoto a san Michele Arcangelo: mi piace l’immagine del male trattenuto sotto il suo piede. E poi ritengo che mio nonno Vincenzo, capostazione a Cefalù, sia il mio angelo custode: lo sento molto vicino. So che mi protegge dall’alto”» (Serri) • «Fosco giornalista» (Adriana Marmiroli). «Salvo, il duro, che non sorride in video mentre scorre il sangue di qualche caso irrisolto, ma in famiglia è un affettuoso ragazzone» (Bianca Mazzini). «Ha una voce naturalmente assertiva. Come se avesse bisogno di certezze (l’assassino è quello, non si discute)» (Aldo Grasso). «Anche in Rai mantiene il suo stile di conduzione, con lo sguardo crucciato e una voce un po’ da deejay, che le è valso innumerevoli imitazioni. “Venivo preso in giro già quando collaboravo con le tv locali. Ce l’ho da sempre, non me la sono mica inventato”. Ha mai pensato di cambiarlo? “Con gli anni ho cercato di affinare la tecnica e addolcire certe espressioni. Ma quello sono io, non posso e non voglio cambiare. Ho i tratti del viso duri, ma in fondo sono un simpatico cazzone (ride)”» (Oggiano) • «Un cronista di razza cresciuto correndo nella Palermo dei delitti eccellenti» (Felice Cavallaro). «Professionale, disinvolto, abile a raccontare la notizia come pochi altri sanno fare» (Serri). «Salvo Sottile è uno dei più bravi inviati della tv: ma sul campo, quando deve affrontare la tempestività, l’imprevisto, la fatica. Non è uomo da studio. Eppure la conduzione di un programma è una sorta di attrazione fatale» (Grasso). «Pietro Calabrese, decano dei giornalisti siciliani, disse pubblicamente che lei era assieme a Giuseppe Di Piazza il migliore cronista di Palermo. Ma che poi si è lasciato ammaliare dalla tv. “Più che dalla tv, dal continente. Non volevo morire mafiologo a Palermo, volevo sperimentare e conoscere altri mondi”» (Oggiano) • «Dal conduttore all’inviato, in quale ruolo ti ritrovi di più? “Mi sono sempre trovato bene a raccontare delle storie, sia come inviato di cronaca o di guerra […] che come conduttore dei vari programmi che ho fatto. Il denominatore comune è stata sempre la voglia di condurre il pubblico dentro una storia e fargliela vivere, ed è anche lo stimolo che continua a farmi amare questo lavoro”» (Simonetti) • «È per la sua irrequietezza che ha cambiato nel giro di pochi anni programmi e reti televisive? “Quando capisco che qualcosa è finito, ho bisogno di tuffarmi in una nuova sfida”» (Silvestri) • «Mi piace molto il tono giornalistico di Sergio Zavoli e apprezzo il collega Toni Capuozzo, di cui sono grande amico. E non posso dimenticare di citare gli speciali da favola realizzati sia per Mediaset sia per la Rai da Lamberto Sposini» (a Filippo Bisleri) • «A chi devi dire grazie? “A persone che in questi 30 anni a vario titolo mi hanno dato un’occasione. Me ne vengono in mente alcune. Mentana, perché all’inizio degli anni ’90 scommise su di me e mi arruolò come corrispondente del Tg5 da Palermo. Mauro Crippa (capo dell’informazione Mediaset, ndr), perché in un momento mi affidò il mio primo programma in prima serata che mi fece conoscere al grande pubblico, Quarto grado. E poi, più recentemente, Michele Guardì e la mia amica Giovanna Flora (capo autore de I fatti vostri)”» (Pozzoni) • «Cosa cancelleresti del tuo passato, e cosa invece incorniceresti? “Forse qualche programma che non avrei dovuto fare. Ma in generale del passato cancellerei i colpi di testa, decisioni prese a caldo, senza riflettere sulle conseguenze. Con gli anni ho smorzato certi spigoli caratteriali, ho fatto pace con molta gente con cui avevo avuto scontri, ho imparato a contare fino a dieci e a non fidarmi solo del mio istinto. In una cornice metterei i miei figli, senza dubbio il mio programma meglio riuscito”. […] Fra vent’anni come e dove ti vedi? “In un borgo sperduto, una casetta di fronte al mare. A pescare all’alba e a leggere un sacco di belle storie”» (Pozzoni).