La Stampa, 12 febbraio 2023
Il ritorno del baratto
Bentornato baratto. Il mondo si divide in due: chi è fermo allo scambio di figurine o merendine dalle scuole elementari, e chi non ha mai smesso di barattare. La seconda categoria è più grande di quello che pensiamo. C’entrano l’inflazione, la crisi economica e il nostro sistematico accumulo di cose che non ci servono davvero. L’idea non è più così pazza come poteva sembrarci solo dieci anni fa. E non basta il vantaggio economico a spiegare perché.
Il second hand
Il ritorno del baratto può inserirsi a corollario del crescente interesse per l’usato, o il second hand come dicono elegantemente gli inglesi. L’usato si trova oggi non solo nei mercatini impolverati, ma anche online, con siti visitati ormai da milioni di persone. Su internet transita il 49% del mercato second hand italiano, che tra mondo reale e virtuale vale 24 miliardi di euro, secondo i dati dell’Osservatorio Second Hand Economy. Diventa più complicato indagare i numeri del baratto, vista che la sua funzione storica è proprio schivare l’uso di monete e valori di mercato. Fino a pochi decenni fa, il baratto riguardava pochi beni: prodotti naturali, scambiati soprattutto in zone rurali. Sei uova per venti zucchine. Tre galline per un coniglio. Con la grande distribuzione e i supermercati il baratto ci è sembrato sempre più complicato e addirittura sinonimo di arretratezza.
Lo stigma
Alle scuole elementari il sussidiario etichettava il baratto come un sistema superato: apparteneva alle civiltà antiche, pre-monetarie. Gli insegnanti ci raccontavano degli scambi in piazza, con transazioni "sincrone", dove beni, cibi o bestiame passavano contemporaneamente di mano. Marco dà a Claudio l’oggetto x; Claudio dà a Marco y. La lezione dimostrava che l’intermediazione della moneta, in definitiva, era fondamentale. L’invenzione del denaro risolve tutte le transazioni e ci porta all’economia moderna ed efficiente.
Gli storici, negli scorsi decenni, hanno però capito che la faccenda era più complessa. Il baratto era usato con gli sconosciuti o gli stranieri, ma nella stessa comunità si agiva secondo il principio dell’economia del dono e del debito. I rapporti economici, insomma, erano complessi e profondi anche quando non lo erano.
L’ambiente
«Nella sua natura semplice, in realtà oggi il baratto ha anche nuovi risvolti ambientali e sociali», spiega Silvia Moroni, green influencer e figura di riferimento per il mondo della sostenibilità. «Perché oggi non solo si rivolge a chi è appassionato di oggettistica vintage, ma anche a chi è in cerca di qualcosa senza necessariamente comprarlo nuovo». Giovani e vecchie generazioni si ritrovano a scambiare per evitare gli acquisti, e così ridurre l’inquinamento e l’impatto. I settori più attivi sono quello della moda, degli accessori e i vestiti per bambini, dei mobili. Ma oggi scambiamo anche servizi. Internet ha permesso a persone lontane di entrare in contatto: tutti possono trovare tutto.
Gli esempi
Il portale BarattoBB, nato dall’esperienza "La settimana del baratto", permette a chi ha un bed&breakfast di mettere a disposizione delle notti di pernottamenti in cambio di servizi o consulenze: falegnami, commercialisti, antennisti, ma anche esperti di comunicazione o di informatica. Coseinutili.it è un portale enorme specializzato in baratti asincroni: invece che il denaro, gli scambi portano a crediti virtuali da utilizzare nel sito per altri oggetti. E ovviamente bisogna citare i gruppi Facebook, "Scambio di tutto", "Il paese del baratto" e tante realtà locali. Non solo: Oggicambiolibro e AccioBooks, quest’ultimo molto diffuso tra i giovanissimi, servono a barattare volumi scolastici, romanzi e saggi. I giovani lo usano moltissimo, ma lo chiamano book-sharing, perché l’inglese toglie sempre fuori dall’imbarazzo.
Le feste
Ma la forza del baratto non sta nel semplice scambio di beni. È anche un momento di socializzazione, di amicizia, di fiducia. In un mondo dove le persone si allontanano sempre di più, il baratto riavvicina. Una sfida alla diffidenza, come nel caso di Celocelo, che connette chi opera nel sociale con chi ha qualcosa da regalare.
Gli scambi non avvengono solo online, ma anche dal vivo. Per spiegarlo abbiamo bisogno di un’altra espressione inglese: swap party. Feste dello scambio. Organizzate da associazioni e no-profit, ma anche da gruppi di amici, servono ad aggregare in un unico punto i beni da scambiare: ognuno prende qualcosa lasciando qualcos’altro. A Milano la onlus TerraLab li organizza ormai da anni, dedicati alla moda e ai vestiti. «Così allunghiamo la vita a ciò che di solito lasciamo a prendere polvere – spiega Federica Alberin, vicepresidentessa di Terralab –. I nostri eventi seguono i principi dell’economia circolare, ma creano anche una forte rete sociale. Facciamo amicizia, parliamo di tutto e trasferiamo i valori della sostenibilità». Il baratto, strumento antichissimo, diventa una forza tutta nuova. Apriamo gli armadi, esploriamo cantine: cosa possiamo scambiarci?