la Repubblica, 12 febbraio 2023
Stefano Coletta si difende
Da una settimana replica alle polemiche, mai così tante. Una, due, tre al giorno. L’ultimo attacco frontale alla Rai è di Fratelli d’Italia.
Sempre pacato, sul caso Fedez il direttore dell’Intrattenimento Prime time Stefano Coletta sbotta: «Non posso rispondere di ogni gesto che fa un artista in diretta. Allora dovrei dimettermi ogni giorno. Non è civile.
Stiamo qui solo a parlare di questo, degli attacchi della politica, non di un festival che sfiora il 70% di share. Non è normale». Lavora in Rai dal 1991. Da redattore a inviato a capoprogetto, a direttore di Rai3 poi a Rai 1, è un uomo di prodotto. «Per me parlano i fatti» dice accendendo una sigaretta mentre il cellulare non smette di segnalare i messaggi. «Mi rincuoro, guardi quanta solidarietà».
Su questo cellulare non riceve telefonate dei segretari di partito?
«Mai. Nessuno mi ha cercato quando ero a Rai 3, a Rai 1 e oggi che curo l’Intrattenimento» .
Dicono che questo sia il festival “più politico”.
«Lavoro da trenta anni stretto al prodotto e non faccio mai valutazioni di natura politica. Nel momento in cui Amadeus ha la libertà editoriale, che condivide con me, è la libertà assegnata a ogni artista — che sia cantante, attore, conduttrice o conduttore — a segnare il percorso. È l’impianto più corretto per procedere» .
Come mai Amadeus passa per il simbolo dell’opposizione?
«Non ne ho idea. Non ha mai letture politiche del suo lavoro, si è formato con la musica, in radio e in televisione. Una maniacalità ammirevole nell’impegno, sa incarnare il ruolo di direttore artistico: non ha letture ideologiche».
Lei invece?
«Io penso che la televisione debba rappresentare tutta la società, nella sua interezza. Che sia interessante la complessità».
La destra è sul piede di guerra.
Sente la sua poltrona a rischio?
«Rispetto alla mia poltrona miauguro fortemente che chi fa un discorso tecnico non sia valutato politicamente. Sarebbe un errore per l’azienda perché le persone sanno discernere l’operato di un dirigente: chi conosce la mia storia conosce la mia trasparenza».
Fratelli d’Italia chiede le dimissioni dei dirigenti per il caso Fedez.
«Allora torno a spiegare. Io e la mia vicedirettrice Lentini abbiamo saputo nell’imminenza della messa in onda che Fedez non avrebbe più portato il testo che ci era stato consegnato da giorni. Il segmento legato alla nave è una parte di sei ore di programma, controlliamo tutto.
Abbiamo saputo solo nell’imminenza che si era rifiutato di consegnare il nuovo testo. Per tutte le serate, anche di quel piccolo segmento, dagli altri abbiamo ricevuto tutti i testi, che sono rimasti tali. Solo Fedez ha cambiato all’ultimo minuto» .
Aveva detto qualcosa agli artisti?
«La mia richiesta era sempre stata quella di non fare riferimenti politici, essendoci domenica due votazioni importanti nel Lazio e in Lombardia.
Per questo quando Fedez ha strappato la foto di un viceministromi sono dissociato il giorno dopo. Un prodotto televisivo non è necessariamente sempre il risultato di strumentalizzazioni politiche» .
La presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella entra nella storia di Sanremo, quasi uno spartiacque.
«La prima volta del capo dello Stato alla kermesse più importante della cultura pop fa sì che si aggiunga un elemento, Mattarella non ha sentito più solo l’esigenza di essere presente all’inaugurazione della Scala ma di partecipare a un evento nazionalpopolare che parla a tutti. Sì, la sua presenza è il segno di un cambiamento».
Dalla difesa della Costituzione alle carceri minorili ai diritti negati in Iran, al monologo sulle donne senza figli di Chiara Francini , c’è stato grande interesse. Quest’ultimo ha colpito il pubblico positivamente. Se l’aspettava?
«Ha colpito anche me. Francini ha voluto portare questo monologo per rivendicare che una non maternità non indica una menomazione e che c’è un diritto di scelta a non diventare madre. L’ho trovato molto profondo,attiene alla libertà di scelta delle donne, a cui, di generazione in generazione, hanno sempre chiesto di dover fare i conti con un modello.
Un elemento di contemporaneità a cui io non assegno significati politici, il mio sguardo è più psicanalitico».
Più che festival dei diritti, Linus ha detto che questo Sanremo è un fenomeno virale, frutto di un grande lavoro autoriale. Che ne pensa?
«Se il 70% si riconosce nella narrazione — che va da quello che accade in Iran, alla libertà invocata dal direttore artistico — si tratta del risultato dei tempi, del sentire comune. Sanremo è uno specchio che include il tempo reale: dal presente alla memoria. Che poi ci sia un lavoro autoriale è indubbio.
Amadeus ha avuto il mandato dai vertici Rai, dall’ad Carlo Fuortes con molto anticipo, subito dopo il Sanremo 2022. Ha potuto lavorare con calma, è un prodotto accurato dalla musica alla scenografia all’intervento di Benigni».
Cosa l’ha ferita di più degli attacchi subiti?
«Poiché credo non sia stato mai rintracciabile un vulnus nella mia professionalità — e non parlo di perfezionismo, ma di un ruolo che ho cercato di incarnare con imparzialità e impegno — la ferita più grande è essere stato attaccato sul privato, dal punto di vista sessuale. Ho pensato che se fossero stati vivi i miei genitori — che mi hanno educato al rigore, al rispetto, al dialogo, che mi hanno insegnato che bisogna sempre ascoltare tutti — avrebbero sofferto.
Essere attaccati per l’orientamento sessuale, per demolire la professionalità con letture omofobe è una ferita e niente ti può risarcire.
Tutti gli anni di sacrificio, impegno, di giornate fatte di solo lavoro, saltano in un istante perché nella vita si ha un compagno e non una compagna? L’autenticità è sempre stato il faro del mio percorso umano e professionale, e spero di essere letto per quello, non per la vita privata» .